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Notiziario Marketpress di Mercoledì 11 Novembre 2009
 
   
  GLI ITALIANI E LA GREEN ECONOMY. UNA RICERCA ASSOCOMUNICAZIONE-UPA RAPPRESENTATIVA DEI TIMORI, COMPORTAMENTI E ATTESE DEI CITTADINI CONSUMATORI ITALIANI

 
   
  Milano, 11 novembre 2009 - Come si pongono gli italiani verso le preoccupazioni ambientali, quali comportamenti stanno adottando per la sostenibilità, con quali impatti sui consumi? La ricerca, voluta da Upa e Assocomunicazione, condotta da Gfk-eurisko e presentata ieri da Giuseppe Minoia, Presidente dell’Istituto, evidenzia un quadro di attenzioni e attese crescenti nei confronti di nuovi prodotti eco-friendly e di un nuovo modo di comunicare in linea con essi. Ecco, in sintesi, i risultati più significativi: Il tema ambientale preoccupa gli italiani in maniera significativa, quasi allo stesso livello delle paure per la disoccupazione e per la crisi economica (90%). Le più preoccupate sono le persone tra i 30 e i 50 anni, in particolare le donne (le mamme) e quelle più attrezzate per informazione e cultura. I più tiepidi sono i giovani. Preoccupano di più le evidenze che si possono verificare sulla propria pelle nella vita quotidiana: i cambiamenti climatici, l’inquinamento dell’aria, delle acque e della terra, il tormentone della raccolta e smaltimento rifiuti. Le più forti attese: ridurre i consumi inutili, riuscire a soddisfare i bisogni delle nostre generazioni senza compromettere quelli delle future, più tecnologia che consenta di sprecare meno energia. Gli italiani ritengono che il nostro sia un Paese poco sensibile ai temi ambientali, in cui si fa troppo poco per aiutare i cittadini nei comportamenti virtuosi di sostenibilità (74%). Gli italiani stanno comunque convincendosi che gli stili di vita sostenibili sono fondamentali per evitare danni alla salute delle persone (81%); rispetto al passato stanno diventando più attenti (77%) e più sensibili alle notizie ambientalistiche (76%), tanto da essere disposti a spendere qualcosa in più per i prodotti a basso impatto ambientale (65%). La consapevolezza che si dovrebbe fare di più è diffusa, ma mancano le informazioni e anche le risorse (47%); per questo ci si sente un po’ in colpa (45%), ma si ritiene che a livello mondiale si stiano prendendo decisioni importanti che aiuteranno la sostenibilità (44%). Si coglie la convinzione che l’attenzione verso le tematiche ambientali sia in crescita e che sia compito dell’educazione e della formazione scolastica (93%) e di una corretta informazione (90%) fare si che questa attenzione sia sempre più diffusa. L’energia (93%), il ciclo dei rifiuti (81%), i prodotti alimentari (78%) sono i settori dove occorre investire di più per aiutare il pianeta. Quali comportamenti mettono in atto i singoli cittadini consumatori per favorire la sostenibilità ambientale? Si tratta nella maggior parte dei casi di microatti originati dalla saggezza del buon padre e della buona madre di famiglia: spegnere le luci quando non servono (90%); abbassare il riscaldamento e l’aria condizionata (90%); rispettare la raccolta differenziata dei rifiuti (85%); usare lampadine a basso consumo energetico (90%); consumare prodotti di stagione (92%). Quali sono i settori che secondo i cittadini-consumatori possono avere un ruolo di primo piano per favorire – con il loro impegno – la sostenibilità ambientale? Aziende di elettrodomestici (37%); realtà dedicate alla raccolta e smaltimento rifiuti (27%); grande distribuzione (24%); detersivi (23%); alimentari (23%). Quando si pensa alle aree decisive per la sostenibilità ambientale il primo pensiero sono le grandi realtà urbane, con il loro sistema di traffico-viabilità, il ciclo dei rifiuti, l’edilizia e i trasporti pubblici e poi le case automobilistiche, i produttori di detersivi, chi produce e distribuisce energia. Le energie “pulite” raccolgono ampio consenso (solare 94%; eolica 84%). Nei confronti delle aziende che esprimono sensibilità ambientale c’è fiducia ma non piena (47%). Le iniziative delle imprese in campo ambientale suscitano comunque un interesse elevato (70%), ribadendo l’orientamento green degli italiani che, con questa ricerca, viene certificato quale valore condiviso dalla popolazione in logiche mainstream. Alcune considerazioni, in sintesi - L’italia, Paese giudicato arretrato dal punto di vista delle politiche ambientali, si trova di fronte ad un pubblico di cittadini consumatori che chiede di saperne di più, di essere più informato. Gli italiani mostrano comportamenti più oculati (se non più rispettosi dell’ambiente) e cominciano a sentirsi in dovere di partecipare con le proprie azioni, per quanto piccole, a un movimento per la salvaguardia del pianeta. Il ciclo del fast moving consumer (produzione-distribuzione-consumi-rifiuti) è già a tema; gli utenti finali si stanno lentamente rendendo conto di ciò che è opportuno fare per “disturbare” meno l’equilibrio ambientale. Ciò che soprattutto latita è, secondo il pubblico, l’impegno delle istituzioni che possono determinare con le loro scelte la qualità dell’ambiente in cui viviamo: dell’aria che respiriamo e delle acque e quindi della vita e salute di tutti. La richiesta, non tanto implicita, è che si verifichi una svolta partendo proprio da quelle grandi istituzioni che sono dedicate a svolgere servizi davvero pubblici. Le imprese attive in campo ambientale sono benviste, e anche (poco) premium price, ma devono esplicitare di più i loro intenti, il “grande” progetto ambientalista che sta alla base della nuova sensibilità ecologica. Un progetto che deve essere in grado di intercettare i bisogni di un utente-consumatore che si rende sempre più conto di non poter vivere fingendo che gli allarmi legati alla salute del pianeta siano falsi o esagerati. Anche i giovani, pur distanti, chiedono un’informazione più credibile e trasparente su ciò che il mondo della produzione sta facendo per essere più sostenibile. Questa ricerca indica in maniera indubitabile l’importanza dei think tank aziendali dedicati all’ambiente e ai modi più opportuni di comunicare il proprio impegno per coinvolgere e formare il pubblico: sia nel ciclo del fast moving (in cui il consumatore finale ha già opzioni di scelta, ma non sufficientemente informate) sia nei beni e servizi che costituiscono il frame fondamentale alla base dei microatti green quotidiani dei consumatori (le città, i territori, la qualità dell’aria, dell’acqua e della terra sulla quale crescono i nostri prodotti). .  
   
 

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