|
|
|
|
|
|
|
Notiziario Marketpress di
Martedì 23 Marzo 2010 |
|
|
|
|
|
NORD AFRICA, SUD AMERICA, RUSSIA E CINA LE AREE PIÙ CONVENIENTI PER INVESTIRE E DELOCALIZZARE. TRA I PAESI AD ECONOMIA AVANZATA, SPICCANO GLI STATI UNITI UNO STUDIO ASSOCAMERESTERO-UNIONCAMERE STILA LA CLASSIFICA DI COMPETITIVITÀ DI 48 PAESI ESTERI SECONDO UN INDICE SINTETICO DEI COSTI DI MANODOPERA ED ENERGIA
|
|
|
|
|
|
Roma, 23 marzo 2010 – Egitto, Tunisia e Russia sul podio dei mercati più competitivi per costi di produzione, con un indice pari rispettivamente a 27,4, 42,6 e 44,5 (posta pari a cento la media dei Paesi). Questi i risultati emersi da uno studio Assocamerestero-unioncamere, che analizza la capacità competitiva dei 48 Paesi in cui operano le Ccie in base al costo dei fattori produttivi “chiave”: lavoro ed energia. Il Brasile mostra un indice di poco superiore alla media, pari a 101,4, mentre il dato sorprendente riguarda i Paesi ad economia avanzata, tra cui primeggiano gli Stati Uniti con un indice pari ad appena 87,3. Tassazione favorevole, una divisa nazionale più debole rispetto alle altre valute principali e un’attenta politica estera di approvvigionamento delle materie prime sono i fattori vincenti della performance americana. Analizzando il solo costo complessivo del lavoro, i Paesi che consentono il risparmio più consistente sono quelli in via di sviluppo del Sud America, come il Nicaragua (8,4) e l’Argentina (19,3), capaci di attrarre le multinazionali che concentrano nell’economicità della forza lavoro la propria capacità produttiva. Emblematico è il caso della Cina, che, con un valore pari a 19,4, occupa la terza posizione e risulta essere il principale catalizzatore di investimenti soprattutto per quel che riguarda le attività dell’industria manifatturiera. Altro fattore importante per un’impresa è il costo dell’energia, il cui impatto appare ridotto in Nord Africa e Sud America, con picchi particolarmente bassi in Egitto (32), Tunisia (49,9), Venezuela (34,9) e Argentina (62). Mostrano costi abbastanza contenuti anche Stati Uniti (50,8), e Russia (45,7). Quest’ultima deve l´elevata competitività dei costi dei prodotti energetici alla presenza di numerosi giacimenti petroliferi e di materie prime ad uso energetico. “Come questo studio dimostra, le Camere di Commercio Italiane all’Estero, grazie alla loro natura di associazioni imprenditoriali binazionali e all’inserimento all’interno delle business communities locali, hanno acquisito una capacità di lettura dei mercati che consente loro di individuare le realtà che offrono maggiori vantaggi competitivi e in cui risulta più conveniente collocarsi. – afferma Augusto Strianese, Presidente di Assocamerestero – Con la loro attività di promozione e assistenza, le Ccie favoriscono infatti il posizionamento delle produzioni Made in Italy in quei territori che permettono al nostro sistema imprenditoriale di migliorare la qualità o l’economicità della propria offerta”. “Per essere competitivi sui mercati mondiali, occorre puntare non solo sulle tradizionali modalità di internazionalizzazione, bensì strutturare l’attività all’estero attraverso accordi di partenariato per lo scambio di beni ma soprattutto di conoscenze, e l’inserimento in reti di imprese internazionali che permettano di ottimizzare le risorse investite nei processi produttivi. – sottolinea Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere – Processi complessi come questi richiedono un’assistenza articolata e qualificata, che è quella che il sistema camerale, italiano e italiano all’estero, offre alle imprese per “guidarle” in un percorso che le porti ad affermarsi grazie a partnership ad elevato valore aggiunto”. I 48 Paesi presi in considerazione dallo studio sono stati suddivisi in quattro categorie per analizzarne le potenzialità attrattive e le produzioni favorite in termini di competizione sui mercati internazionali: I. Price Competitiveness: in cui rientrano i Paesi con indici di costo di lavoro e prodotti energetici inferiori alla media generale, che attirano produzioni tradizionali (soprattutto le prime fasi del processo produttivo) chiamate a competere su mercati altamente standardizzati. Si tratta dei Paesi dell’America del Sud, dell’Africa, Cina e India. Tra quelli europei, solo la Russia risulta presente per via di una maggior competitività dei prodotti energetici. Ii. Energy Competitiveness: comprende Paesi ad alto tasso di sviluppo, caratterizzati dalla presenza di numerosi giacimenti di materie prime, quali Stati Uniti, Canada e Australia, che hanno una forte competitività di costo per i prodotti energetici, mentre hanno un indice di costo del lavoro superiore a 100. In questo caso, il vantaggio è “interno” ai Paesi stessi e legato alla competitività delle produzioni locali sui mercati esteri, piuttosto che orientato all’attrazione di capitali. Iii. Labour Competitiveness: in cui si posizionano Paesi con un’elevata competitività di costo del lavoro e una scarsa competitività sul fronte del fattore energetico. Tra questi troviamo Paesi ad economia in via di transizione del continente europeo (Repubblica Ceca, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Serbia, etc.), che attirano produzioni tradizionali come i beni per la casa e la persona. Iv. Strategic Competitiveness: l´ultima categoria comprende Paesi ad economia avanzata del continente europeo – come Francia, Belgio e Svizzera – ma anche Giappone, Israele e Hong Kong, con una struttura di costi lavoro ed energia superiore alla media. Sono Paesi competitivi a livello internazionale non per i costi di produzione, ma grazie alla qualità delle produzioni e ai servizi avanzati che offrono. |
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|