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Notiziario Marketpress di Lunedì 14 Giugno 2010
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: LAVORATORI PART-TIME E CALCOLO DELL´ANZIANITÀ NECESSARIA PER LA PENSIONE

 
   
  I signori Tiziana Bruno, Massimo Pettini e.A. Fanno parte del personale di volo di cabina della compagnia aerea Alitalia. Lavorano a tempo parziale, secondo la formula denominata «tempo parziale di tipo verticale ciclico». Il dipendente lavora solamente per alcune settimane o per alcuni mesi all’anno, con orario pieno o ridotto. Il tempo parziale di tipo verticale ciclico è la sola modalità di lavoro a tempo parziale prevista dal contratto collettivo. I lavoratori lamentano che l’Inps consideri quali periodi contributivi utili per l’acquisizione dei diritti alla pensione solo i periodi lavorati, escludendo i periodi non lavorati corrispondenti alla loro riduzione d’orario rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili. L’inps afferma che i periodi di contribuzione pertinenti ai fini del calcolo delle prestazioni pensionistiche sono quelli nel corso dei quali i soggetti hanno effettivamente lavorato e che hanno comportato una retribuzione nonché il versamento di contributi, e che tale calcolo è effettuato pro rata temporis. La Corte chiarisce innanzitutto che il calcolo dell’anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto ad una pensione come quelle di cui trattasi è disciplinato dalla direttiva 97/81, sull´accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, trasposta in Italia con d.Lgs. 61/2000, anche per quanto riguarda i periodi di attività precedenti alla sua entrata in vigore. Il divieto di discriminazione sancito dall´accordo quadro altro non è che l’espressione specifica del principio generale di uguaglianza, che rappresenta uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione. Per un lavoratore a tempo pieno, il periodo di tempo preso in considerazione per calcolare l’anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione coincide con quello del rapporto di lavoro. Per contro, per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico, l’anzianità non viene conteggiata sulla stessa base, poiché essa è calcolata sulla sola durata dei periodi effettivamente lavorati, tenuto conto della riduzione degli orari di lavoro (un lavoratore a tempo pieno beneficia, per un periodo d’impiego di dodici mesi consecutivi, di un anno di anzianità mentre ad un lavoratore che abbia optato, secondo la formula del tempo parziale di tipo verticale ciclico, per una riduzione del 25% del suo orario di lavoro, sarà accreditata, per lo stesso periodo, un’anzianità pari al 75% soltanto di quella del suo collega che lavora a tempo pieno). Ne consegue che, sebbene i loro contratti di lavoro abbiano una durata effettiva equivalente, il lavoratore a tempo parziale matura l’anzianità contributiva utile ai fini della pensione con un ritmo più lento del lavoratore a tempo pieno. Si tratta quindi di una differenza di trattamento basata sul solo motivo del lavoro a tempo parziale. Sia l’Inps che il governo italiano allegano che i lavoratori a tempo pieno e quelli a tempo parziale di tipo verticale ciclico non sono in situazioni comparabili. I lavoratori rientranti in ciascuna di queste categorie acquisiscano rispettivamente solo l’anzianità corrispondente ai periodi effettivamente lavorati. I datori di lavoro versano i contributi previdenziali unicamente sui periodi lavorati e che, quanto ai periodi non lavorati, il diritto italiano riconosce a tutti i lavoratori a tempo parziale la possibilità di riscattare crediti di anzianità su base facoltativa. La Corte ha già avuto occasione di dichiarare che il diritto dell’Unione non osta al calcolo di una pensione effettuato secondo la regola del pro rata temporis in caso di lavoro ad orario ridotto. Infatti, la considerazione della quantità di lavoro effettivamente svolta da un lavoratore a tempo parziale durante la sua carriera, paragonata a quella di un lavoratore che abbia svolto durante tutta la sua carriera la propria attività a tempo pieno, costituisce un criterio obiettivo che consente una riduzione proporzionata delle sue spettanze. Per contro, il principio del pro rata temporis non è applicabile alla determinazione della data di acquisizione del diritto alla pensione, in quanto questa dipende esclusivamente dall’anzianità contributiva maturata dal lavoratore. Questa anzianità corrisponde, infatti, alla durata effettiva del rapporto di lavoro e non alla quantità di lavoro fornita nel corso della relazione stessa. Il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno implica quindi che l’anzianità contributiva utile ai fini della determinazione della data di acquisizione del diritto alla pensione sia calcolata per il lavoratore a tempo parziale come se egli avesse occupato un posto a tempo pieno, prendendo integralmente in considerazione anche i periodi non lavorati. La differenza di trattamento è ulteriormente accentuata dal fatto che il tempo parziale di tipo verticale ciclico è la sola modalità di tempo parziale offerta al personale di cabina dell’Alitalia, in forza del contratto collettivo. Ne consegue che la normativa italiana tratta i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo pieno comparabili. La giustificazione invocata dall’Inps e dal governo italiano che "il contratto a tempo parziale di tipo verticale ciclico viene considerato come sospeso durante i periodi non lavorati, in quanto non viene pagata alcuna retribuzione, né vengono versati contributi" non risulta, per la Corte, fondata. Infatti, ai sensi dell´accordo, i periodi non lavorati discendono dalla normale esecuzione di tale contratto e non dalla sua sospensione. Il lavoro a tempo parziale non implica un’interruzione dell’impiego. La Corte statuisce quindi che la clausola 4 dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale la quale, per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico, escluda i periodi non lavorati dal calcolo dell’anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione, salvo che una tale differenza di trattamento sia giustificata da ragioni obiettive. La Corte ricorda infine che l’accordo quadro persegue la duplice finalità di promuovere il lavoro a tempo parziale e di eliminare le discriminazioni tra i lavoratori a tempo parziale e i lavoratori a tempo pieno. Esso obbliga gli Stati membri a identificare, esaminare ed eliminare gli ostacoli di natura giuridica o amministrativa che possono limitare le possibilità di lavoro a tempo parziale. Sentenza del 10 giugno 2010 nelle cause riunite C-395/08 e C-396/08  
   
 

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