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Notiziario Marketpress di Lunedì 19 Luglio 2010
 
   
  VENDERE E PUBBLICIZZARE GLI SPLITTER È REATO

 
   
  La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso di Sky Italia, con la sentenza n. 25385 (udienza 11/05/2010 - deposito 05/07/2010) ha annullato la decisione con cui la Corte d´Appello di Trento aveva assolto dal reato punito dagli articoli 110 codice penale e 171-octies della Legge 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto d’autore alcune persone per avere, in concorso con altri, a finì fraudolenti, posto in vendita e promosso tramite apposito sito Internet apparati atti a eludere la codificazione delle trasmissioni televisive ad accesso condizionato di Sky denominati splitter o spiitty, idonei a replicare le credenziali contenute all’interno della smart card inserita nell’unità principale e a consentire a più decoder privi di autonoma smart card di ottenere le credenziali di accesso per la decodifica del segnale satellitare. Secondo i giudici romani, pur ribaltando le conclusioni cui era pervenuto sul punto il primo giudice, la Corte di Appello omette di confrontarsi con i rilievi espressi nell’elaborato del consulente del Pm che rappresenta indubbiamente l’elemento fondante della decisione di primo grado. In particolare manca qualsiasi esame delle considerazioni del consulente, il quale ha tenuto a puntualizzare che con il sistema splitter non si realizza la replica di un segnale televisivo, ovvero di un canale telematico, ma delle credenziali necessarie per l’accesso a tali canali e che conseguentemente ha concluso nel senso che con il sistema in esame si rende possibile ai decoders collegati con altri apparecchi televisivi, interrogando la smart card originale, di decifrare direttamente il segnale proveniente dalla parabola. Inoltre la sentenza della Corte di Appello appare omissiva nella parte in cui ritiene legittimo l’uso dello splitter sia pure nell’ambito di un contesto ristretto di utenti, senza farsi carico di considerare che l’uso stesso comporta comunque un danno per l’ente che a cagione di ciò non potrà beneficiare degli introiti provenienti da ulteriori abbonamenti. Né vi è dubbio, secondo la Cassazione, che la finalità di aggirare l’obbligo di pagamento del canone dovuto abbia rilevanza nella valutazione dei “fini fraudolenti” indicati dalla disposizione dell’art. 171-octies l.D.a.  
   
 

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