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Notiziario Marketpress di
Lunedì 06 Settembre 2010 |
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AL CASTELLO DI RIVOLI MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA, ATTRAVERSO L’USO DI UN FORMATO ESPOSITIVO INEDITO, LA MOSTRA EXHIBITION, EXHIBITION (MOSTRA, MOSTRA), SPECIFICATAMENTE CONCEPITA PER GLI SPAZI DELLA MANICA LUNGA, RIFLETTE SULLA PERCEZIONE E SULL’ESPERIENZA DEL GUARDARE L’ARTE E LE MOSTRE.
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Rivoli, 6 settembre 2010 - Il percorso espositivo include opere dagli anni Sessanta ai giorni nostri di artisti internazionali emergenti o affermati come: Tauba Auerbach (1981, vive e lavora a New York e San Francisco), Nina Beier (1976, vive e lavora a Berlino), Pierre Bismuth (1963, vive e lavora a Bruxelles), Alighiero e Boetti (1940-1994), Marcel Broodthaers (1924-1976), Liudvikas Buklys (1984, vive e lavora a Vilnius), Maurizio Cattelan (1960, vive e lavora a Milano e New York), Gintaras Didžiapetris (1985, vive e lavora a Vilnius), Jason Dodge (1969, vive e lavora a Berlino), Michael Elmgreen e Ingar Dragset (1961 e 1968, vivono e lavorano a Londra e Berlino), Zhang Dali (1963, vive e lavora a Pechino), Lara Favaretto (1973, vive e lavora a Torino), Ceal Floyer (1968, vive e lavora a Berlino), Claire Fontaine (vive e lavora a Parigi), Hreinn Fridfinnsson (1943, vive e lavora a Amsterdam), Simon Fujiwara (1982, vive e lavora a Londra e Berlino), Ryan Gander (1976, vive e lavora a Londra), Carsten Höller (1961, vive e lavora a Colonia e Stoccolma), Roni Horn (1955, vive e lavora a New York), Douglas Huebler (1924–1997), On Kawara (1932, vive e lavora a New York), Louise Lawler (1947, vive e lavora a New York), Kris Martin (1972, vive e lavora a Gent), Jonathan Monk (1969, vive e lavora a Berlino), Alek O. (1981, vive e lavora a Milano), Giulio Paolini (1940, vive e lavora a Torino), Giuseppe Penone (1947, vive e lavora a Torino e Parigi), Michelangelo Pistoletto (1933, vive e lavora a Biella), Wilfredo Prieto (1978, vive e lavora all’Avana e Barcellona), Dan Rees (1982, vive e lavora a Berlino), Mandla Reuter (1975, vive e lavora a Berlino), Pamela Rosenkranz (1979, vive e lavora a Zurigo), Tino Sehgal (1976, vive e lavora a Berlino), Andreas Slominski (1959, vive e lavora ad Amburgo), Matthew Smith (1976, vive e lavora a Londra), Mungo Thomson (1969, vive e lavora a Los Angeles), Kerry Tribe (1972, vive e lavora a Los Angeles e Berlino), Tris Vonna-michell (1982, vive e lavora a Southend), Ian Wallace (1943, vive e lavora a Vancouver), Andy Warhol (1928-1987), Lawrence Weiner (1942, vive e lavora a New York), Christopher Williams (1959, vive e lavora a Los Angeles), Aaron Young (1972, vive e lavora a New York). Le opere in mostra sono caratterizzate dal concetto del “doppio” e della simmetria; in alcuni casi prodotte in coppia o in serie, o ancora realizzate in più versioni. Lo spettatore è accompagnato nell’elaborazione di un nuovo modo di interpretare l’arte e visitare le mostre. Nella Manica Lunga del Castello sono esposti dipinti, video, opere sonore, sculture, installazioni e lavori basati sull’azione performativa. Vengono inoltre presentate opere appositamente realizzate per l’occasione. Nell’ambito della mostra sono organizzati incontri, concerti ed eventi destinati a stimolare l’investigazione e approfondire i concetti base della rassegna quali la copia e l’originale, la percezione e l’interpretazione nell’arte contemporanea. Chi è l’altro? E chi sono io? Una unità, un doppio o una molteplicità di cose? Il tema del doppio abita trasversalmente la filosofia, in particolare quella contemporanea, così come buona parte della letteratura e dell’arte. La letteratura, fin dall’antichità classica, è sempre stata ossessionata dal problema dell’identità, dai turbamenti dell’io e dai suoi innumerevoli sdoppiamenti. Il tema del doppio, nella sua sostanziale ambiguità, permette, infatti, di indagare non solo il problema dell’identità, ma anche la questione altrettanto complessa del rapporto con l’altro, e quindi della sua rappresentazione. Come dare voce all’altro? Come rappresentarlo? Attraverso la lente del doppio la letteratura può rappresentare l’altro come emanazione dell’Io. Il doppio in questo senso fa spesso riferimento a una crisi del soggetto: l’Io è il teatro di un dramma tragicomico nel quale molti attori si contendono un’identità forse impossibile da raggiungere. Il doppio è quindi anche il luogo attraverso il quale la letteratura mette a nudo un Io pieno di sé, che irrigidisce il mondo e la questione dell’altro in una visione unilaterale delle cose. Questo processo è alla base dello schema narrativo del Visconte dimezzato di Italo Calvino. Lo scrittore italiano immagina una ricomposizione del visconte Medardo (paradigma dell’uomo contemporaneo scisso e alienato) in una unità finale superiore a quella iniziale, proprio perché attraversata dalla sua negazione. Questa è ovviamente solo una delle possibilità che il tema del doppio offre in campo letterario, basti pensare – per citare solo qualche esempio – al problema delle molteplici identità e del moltiplicarsi infinito delle maschere, perché una maschera ne cela sempre un’altra, nell’opera di August Strindberg, Luigi Pirandello, Fernando Pessoa o Philip K. Dick. Nel contesto delle arti visive il campo tematico del doppio offre una complessità di approcci paragonabile a quello della letteratura; si tratta di una storia forse meno nota ma certo non meno importante. Tra gli artisti il problema del doppio suscita da sempre un grande interesse, basti pensare al tema ricorrente in pittura dell’antico mito di Narciso, ma è nel corso del secondo Novecento che l’idea dello sdoppiamento diventa un vero e proprio territorio di esplorazione e di esperienza. Attraverso il concetto di doppio Andy Warhol contesta, ad esempio, la separazione classica tra l’opera originale e la copia attribuendogli lo stesso valore, mentre per Alighiero Boetti il doppio assume una connotazione fondamentalmente esistenziale e comportamentale. Per Maurizio Cattelan il doppio può rappresentare più semplicemente il gesto di un furto, come quando nel 1997 vede la mostra personale di Carsten Höller presso la galleria Air de Paris, e la riproduce perfettamente (compreso il comunicato stampa) nella galleria di Emmanuel Perrotin, mentre nel caso di Ceal Floyer il doppio prende la forma di due fotografie identiche, un bicchiere pieno d’acqua, con due titoli diversi: mezzo pieno e mezzo vuoto, come a dire che non esistono i fatti ma solo la loro interpretazione. La mostra Exhibition, Exhibition, a cura di Adam Carr, rappresenta un’ampia rassegna storica di opere realizzate attorno a questo concetto nell’arco degli ultimi sessant’anni. Si tratta di una mostra speculare, una mostra composta da due mostre: l’una si riflette nell’altra, come in un gioco di specchi. L’elemento di interesse di Exhibition, Exhibition, tuttavia, non consiste semplicemente in questo duplicarsi dell’impianto espositivo, ma nelle ragioni interne al duplicarsi di ogni singola opera. Il visitatore ha la possibilità di entrare in una strana camera ottica nella quale l’esperienza del “vedere “, o sarebbe meglio dire del “vedere doppio”, si trasforma in una straordinaria avventura intellettuale. Exhibition, Exhibition è un progetto site specific appositamente concepito da Carr per la Manica Lunga, uno degli spazi più complessi del museo dal punto di vista installativo. Si tratta di una sorta di lungo corridoio, largo 6 e lungo 147 metri; l’esatto contrario del classico e neutrale white cube. La nostra idea è quella di trasformare questa costrizione spaziale in un valore aggiunto, commissionando una serie di progetti espositivi ideati appositamente per questo luogo. Carr ha interpretato il lungo corridoio della Manica Lunga come una sorta di fantastico meccanismo della visione, un immenso caleidoscopio che raddoppia le immagini, e così facendo moltiplica il mondo e la nostra esperienza dell’arte. […] Il curatore inglese traccia un’interessante storia delle mostre d’arte e del modo di esporre le opere, a partire dai primi cabinetti delle curiosità del sedicesimo secolo fino ad arrivare al più recente concetto di white cube. Partendo da queste considerazioni Carr analizza poi i campi tematici del doppio e di simmetria, di ripetizione, di cambio e variazione, fino a sottolineare il modo nel quale questa mostra rappresenti un sostanziale cambiamento di rotta rispetto ai modi tradizionali non solo di concepire e allestire una mostra ma anche di fruirne. |
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