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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 29 Settembre 2010 |
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LA TRAGICA E GROTTESCA KUALA LUMPUR DI BRIAN GOMEZ A "SULLE ROTTE DEL MONDO" L´INCONTRO CON L´AUTORE DEL ROMANZO "MALESIA BLUES"
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Trento, 29 settembre 2010 - L´incontro/scontro tra religioni e culture diverse, il rapporto tra tradizione e modernità, i contatti culturali (mediati da internet) tra Occidente e Asia: i temi "caldi" al centro della seconda edizione di "Sulle rotte del mondo" si ritrovano tutti in "Malesia Blues" di Brian Gomez, giovane scrittore e giornalista malese, a Trento per presentare il suo primo romanzo, ma anche per parlare della sua Kuala Lumpur, capitale di un paese "dove tutti, almeno pubblicamente, professano il conformismo” e dove gli scrittori, a differenza dei giornalisti, riescono a sottrarsi alla censura governativa. Come? Con l´ironia, la satira e il grottesco. Presto per dire se "Malesia Blues" inauguri una variante del noir asiatico destinata al successo, certo è però che il romanzo di questo giovane scrittore (ha 35 anni), e noto blogger apprezzato nel mondo degli internauti, ci coglie di sorpresa con una storia irriverente, grottesca e tragica animata da una galleria di personaggi che ricordano le black comedy di Tarantino. Nel risvolto della trama si legge però anche una disincantata descrizione della Malesia d´oggi, crogiuolo di razze, religioni e culture, crocevia di un sottobosco spionistico internazionale, paradiso di corruzione per chi governa, regola l´ordine e gestisce l´informazione. Il grottesco è sempre stato un codice espressivo assai utilizzato nel teatro malese, e maschere teatrali sono i personaggi di "Malesia Blues", protagonisti di una rappresentazione portata all´eccesso che sgomenta e diverte. Questa, in breve, la trama. Ning Somprasong, detta Devil, è una prostituta thailandese, con il sogno di guadagnare abbastanza per mandare soldi a casa e permettere alla figlia di evitare il suo stesso destino. Terry Fernandez è un musicista rock fallito, che sta per sposarsi con la figlia, musulmana, del ministro della cultura che può garantirgli un impiego. Terry festeggia con gli amici, che gli hanno organizzato la classica serata di addio al celibato con prostituta. Quando Terry trova i suoi amici morti nella sua stanza all’albergo The Grand, pensa che il ministro lo voglia morto. Nello stesso albergo c’è Ning, che dopo aver ucciso un cliente rivelatosi poi essere un terrorista, fugge con il suo cliente successivo, Terry appunto. Da qui inizia una vicenda di intrecci mozzafiato, che corre velocissima tra un colpo di scena e l’altro ed è arricchita da numerosi e spesso bizzarri personaggi: uno spaesato agente della Cia che ritiene coinvolto il Partito Comunista Cinese, un paranoico tassista che vede complotti dappertutto, un criminale dilettante ma temutissimo – “The Most Wanted Man in South-east Asia” –, il protettore di Ning, che si è dato il soprannome Fellatio credendo sia il nome del Dio greco del potere e della sapienza. Tutti costoro e altri folli personaggi si trovano coinvolti nel bel mezzo di una guerra, dove nulla è ciò che pensano sia. Fin qui la storia, da leggere tutta d´un fiato ma che ci fa capire "lo stato delle cose" oggi in Malesia. Sollecitato da Andrea Berrini - scrittore, saggista e fondatore di Cresud - microfinanza per il Sud del mondo e della nuova casa editrice Metropoli d´Asia - Brian Gomez ha risposto, intervenendo al Palazzo della Regione, ad alcune domande. Dal giornalismo al romanzo: perchè ha deciso di affrontare questa sfida? Fare il giornalista era diventato noioso, ed allora sono entrato in pubblicità: mi attirava scavare nella mia testa per trovare un giusto spot per un pannolino, essere sempre alla ricerca di un´idea nuova. Ho cercato per dieci anni di trasformare tutte le mie idee in film e libri, poi mi sono detto: lasciamo stare, mettiamoci a viaggiare. Il libro è nato così, davanti a un foglio word bianco, trasformando l’idea iniziale di un incontro in un albergo tra terroristi. In Malesia c’è un forte controllo sulla stampa, e nel suo romanzo c’è un personaggio, il ministro della cultura, che non ci fa una bella figura. Non è questa una sfida alla censura? In un paese dove c’è questa forma di controllo uno scrittore ha molta più carne al fuoco. In Malesia il controllo del governo si esercita fondamentalmente su giornali e riviste. Per gli scrittori il problema si crea quando il libro è finito e viene pubblicato, e può capitare, come è accaduto, che la polizia rastrelli nelle librerie, acquistandole, tutte le copie in vendita di un libro. Posso augurarmi che la stessa cosa capiti anche a "Malesia Blues", ne sarebbe certamente contento anche il mio editore. Nel libro c’è un giovane musicista di origine indiana, un tassista dal nome cinese che vede complotti ovunque, indovinandoci. Poi c’è uno spaesato agente della Cia, l’unico bianco, molto in balia degli avvenimenti; un terrorista arabo violento e stupido, un membro del governo. C’è il rischio di cadere nello stereotipo di descrivere la vox populi di ciascuno di questi personaggi? Il rischio c’è e ci sono personaggi che rispecchiano questi stereotipi. Da scrittore devi fare attenzione agli stereotipi ma anche a non evitarli, non ha senso essere a tutti i costi politically correct. Ci racconti un po’ di più della Malesia? La distanza tra etnie è cambiata con l’avvento di internet, che ha consentito a tutti di dire ciò che vogliono, anche in forma anonima. Si è creato dunque un dialogo interrazziale che prima non c’era, ma le persone si stanno rendendo conto che i controlli sono vincoli che non mantengono una pace tra i gruppi. Non penso però che ci sia oggi il rischio di rivolte, molte persone si riuniscono anche tra razze diverse, e ciò accade in particolare nel mondo delle arti. Le leggi di censura ci sono ancora ma oggi è molto più difficile esercitare il controllo. Il dialogo c’è e si è fatto aperto e diffuso. Come mai in un paese attraversato da tensioni razziali e con un rigido controllo governativo, lei ha scritto un romanzo con un registro grottesco? Per farsi comprare dalla polizia? Un ambiente in cui la libertà di parola viene posta sotto controllo porta un maggior numero di persone ad esercitare questa libertà. Sempre grazie ad internet le persone hanno iniziato a scambiarsi storie. In Malesia c’è sempre una via d’uscita per i libri: non si vieta un libro ma semmai viene fatto sparire dal mercato. Quando il governo vuole vietare un libro, la gente reagisce cercando di comprarlo. Ai giovani non importa molto che il governo vieti, perché sanno di avere altri strumenti di comunicazione e sono convinto che i giovani, alla fine, porteranno questo paese a cambiare in meglio. Nel suo romanzo c´è molta ironia, una scelta precisa? Sono anni che nei teatri si utilizza la satira e l’ironia. E’ un modo per ridere delle assurdità del potere, siamo il paese perfetto per la satira. Siamo, come dice il titolo originale del libro, Devil´s Place, il luogo del diavolo. La satira é usata da moltissimo tempo ma anche nella vita quotidiana siamo molto spiritosi. Lei scrive in inglese, così come i giovani malesi parlano preferibilmente inglese, la lingua degli americani. Ciò crea uno scontro con la cultura e la lingua tradizionali? Sì, è così, ma è vero anche che la nostra lingua non si presta ad insegnare la matematica e le scienze. I genitori vogliono che i figli parlino bene l’inglese per crescere, poi ci sono i cultori del "malei" che temono la morte di una cultura, c’è uno scontro sulla lingua che è difficile capire come evolverà. La lingua tradizionale compete però anche con il mandarino ed anche con il tamil, ma è la lingua che unisce ancora il paese. Non so come finirà. |
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