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Notiziario Marketpress di Mercoledì 29 Settembre 2010
 
   
  DOMINIQUE LAPIERRE: SALVARE UN SOLO BAMBINO E´ COME SALVARE IL MONDO LO SCRITTORE AL SANTA CHIARA SPAZIANDO DALL´INDIA DI MADRE TERESA D AL SUDAFRICA DI MANDELA

 
   
  Trento, 29 settembre 2010 - Continua il cammino de "Sulle rotte del mondo", la manifestazione organizzata da Provincia autonoma di Trento e Arcidiocesi quest´anno dedicata ai missionari trentini in Asia e Oceania. Il 27 settembre , all´auditorium Santa Chiara, uno degli ospiti più attesi, lo scrittore di origini francesi - un po´ anche indiano d´adozione - Dominique Lapierre, autore di famosissimi best sellers come "La città della gioia" e "Stanotte la libertà". Lapierre ha parlato del suo impegno - condiviso con l´amatissima moglie - nel realizzare tutta una serie di iniziative di solidarietà in India, in particolare a Calcutta, dove molti anni fa conobbe Madre Teresa. "L´italia è il paese più generoso del mondo, solo che non lo sa - ha detto - e in Trentino in particolare ho toccato con mano il fortissimo desiderio della gente di sostenere il mio impegno con i bambini di Calcutta." Dominique Lapierre, classe 1931, già reporter per testate come Newsweek e Paris Match, poi autore di famosissimi best sellers a sfondo storico e sociale, ha parlato ieri sera all´auditorium Santa Chiara di Trento, dopo avere incontrato nel pomeriggio i suoi numerosi estimatori per autografare i suoi romanzi. Lapierre è stato introdotto dall´assessore provinciale alla solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Beltrami: "In questa nuova edizione delle Rotte del mondo ci siamo messi in viaggio lungo un’immaginaria Via della Seta alla scoperta dell’Asia e giù giù fino all’Oceania - ha detto l´assessore - in compagnia dei nostri missionari. Tutti i giorni, fino al 2 ottobre, ci saranno manifestazioni, mostre, film, libri, corsi di cucina asiatica in piazza Dante e molte altre iniziative pubbliche, per riflettere assieme, per conoscere le tante culture di questa parte del mondo, per promuovere il dialogo e l´amicizia." Dominique Lapierre è stato a Trento 15 anni fa per la Civitatum Concilium, iniziativa che portò nel capoluogo i sindaci di molte città europee fra cui Sarajevo; dopo avere chiesto una speciale indulgenza per il suo italiano che ha definito “bestiale” (in realtà più che buono) lo scrittore ha detto che "l’Italia sul piano della generosità è un paese unico al mondo. Nei miei viaggi nelle zone più difficili del pianeta ho incontrato più missionari, medici, infermieri, volontari italiani, che di qualsiasi altra nazionalità. Solo gli italiani forse non lo sanno. E’ difficile leggere di queste cose sui giornali. E a Trento in particolare ho visto un fortissimo desiderio di sostenere il mio impegno con i bambini di Calcutta." Il mondo di cui parla Lapierre è sintetizzabile in qualche dato, che lo scrittore ha esposto brevemente: 850 milioni di persone sopravvivono con meno di 800 calorie al giorno, poco più della razione alimentare che i nazisti davano ai loro prigionieri. Più di 2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile. Un quarto della popolazione deve sopravvivere con un euro al giorno. Più di 300 milioni di bambini della terra non avranno mai l’opportunità di entrare in una scuola. Lapierre ha poi cominciato a raccontare la sua esperienza con i poveri di Calcutta e con Madre Teresa. "All’età di cinquant’anni - ha detto - ho sentito una voce, che mi diceva che non era sufficiente essere un autore di best sellers, dovevo riuscire a portare concretamente un po’ di giustizia nei campi di battaglia della povertà e dell’ingiustizia che descrivevo nei miei libri. Ho sentito questa voce interiore mentre raccoglievo il materiale per scrivere il mio libro ‘Stanotte la libertà’, sull´indipendenza dell´India dall´impero britannico: durante le ricerche ebbi l’opportunità di conoscere un leader eccezionale, quale il mondo non aveva conosciuto da secoli, il Mahatma Gandhi. Gandhi aveva condotto il suo popolo alla libertà senza sparare un colpo, senza fare esplodere una bomba, parlando solo di amore e di non violenza. E tutto questo quando non esistevano quasi mezzi di comunicazione, perché più del 70% degli indiani non sapeva né leggere né scrivere, e radio e televisioni erano pressoché inesistenti. In un paese enorme, così diversificato, in questo mosaico di razze, di culture, di religioni quale era l’India il piccolo Mahatma, quasi nudo, era riuscito a trasmettere il suo messaggio di libertà. Quando il mio libro ebbe successo desiderai ringraziare i miei amici indiani donando una parte dei proventi delle vendite a una istituzione che il Mahatma avrebbe approvato; così, assieme a mia moglie, anche lei Dominique, mi recai a Calcutta, una città di 12 milioni di abitanti, afflitta da ogni calamità, dove in certi quartieri la speranza di vita non supera i 40 anni. La prima persona che visitammo fu una suora anziana in sari bianco ornato di blu, Madre Teresa. Quale gioia fu per me e per mia moglie scoprire la santa di Calcutta, un mattino alle 5.30, nella cappella del suo convento, in mezzo a un centinaio di altre suore vestite di bianco. Madre Teresa era venuta a Calcutta dall’Albania nel 1930 per insegnare geografia in un convento frequentato dall’alta società locale. Dopo una ventina d’anni di un’esistenza facile e comoda, in un treno che la conduceva ad un ritiro nell’Himalaya, sentì di dover lasciare il convento e andare in mezzo ai poveri, ai lebbrosi, ai bambini abbandonati. E così fece. Successivamente il Papà l’autorizzò anche a fondare un nuovo ordine missionario, quello delle Missionarie della carità. Noi le spiegammo che volevamo aiutare un istituto che si occupava di bambini lebbrosi, e lei esclamò: ´E’ dio che vi manda.´ Conobbi l’inglese James Stevens, un ex commerciante di camicie di Londra che aveva creato una sorta di rifugio per i bambini abbandonati di Calcutta. Quando arrivammo lì Stevens non aveva più un soldo. Con il nostro contributo riuscì a salvare la sua struttura. Così gli promettemmo di continuare a sostenere il suo impegno. E questa fu per me e per mia moglie l’inizio di una straordinaria avventura. James ci portò in un quartiere, ´la città della gioia´, dove 75.000 persone si ammassavano in uno spazio grande come 2 campi da calcio. Le condizioni erano inumane, eppure lì trovammo un coraggio, una gioia di vivere, una capacità di amore molto più grandi che non nell’opulento Occidente. Ho incontrato gli uomini-risciò, uomini-cavallo che per vivere portano in giro altri uomini sui loro carretti. Ho incontrato bambini che raccolgono sui binari della ferrovia i pezzi di carbone caduti accidentalmente dai convogli, che si prendono cura dei loro fratelli e sorelle più piccoli che muoiono di fame. Rimanemmo 2 anni a Calcutta e realizzai la più straordinaria inchiesta della mia vita. Nessuno, durante tutto quel periodo, ci chiese mai nulla, anzi, fummo noi a tornare in Francia carichi dei loro doni. In seguito, con i miei diritti di autore e l’aiuto di mia moglie ho potuto moltiplicare le mie azioni in favore dei poveri di Calcutta e della aree rurali, sostenere dispensari, scavare pozzi, realizzare iniziative di microcredito. Abbiamo debellato la tubercolosi da circa 1000 villaggi. Da sempre non abbiamo una spesa di funzionamento.Tutti i soldi arrivano dai diritti di autore dei miei libri o dai doni dei nostri amici. Come diceva Madre Teresa: salvare un solo bambino è come salvare il mondo.” Ma l´impegno di Dominique Lapierre e della sua Fondazione si sviluppa anche in altri campi: ad esempio, negli aiuti dati alle vittime dell’incidente di Bophal, il più terribile incidente industriale della storia, provocato da una multinazionale americana, che nel 1983 costò la vita di 30.000 persone nella città indiana. Oppure in Sudafrica, dove i coniugi Lapierre hanno conosciuto una sorta di sconosciuta (ai più) “Madre Teresa sudafricana”, Helen Lieberman, una donna bianca che durante il regime razzista dell’apartheid - definito dallo scrittore "quasi peggiore del nazismo" - si era impegnata strenuamente per aiutare i bambini neri. "Ho avuto un colpo di fulmine immediato per questa eroina sconosciuta. Mi ha introdotto alla storia del Sudafrica, una storia complessa e affascinante. Ho scritto così un nuovo libro, ´Un arcobaleno nella notte´, il cui titolo è ispirato a Nelson Mandela, un eroe paragonabile al Mahatma Gandhi, che quando uscì dalla prigione, dopo 27 anni di calvario, invece che incitare i neri alla vendetta chiamò a raccolta tutte le componenti del paese – neri, bianchi, indiani, meticci - per creare una nazione arcobaleno. Che peccato che non abbiamo oggi in Israele e in Palestina un Nelson Mandela, che chiami questi popoli a creare anche lì una nazione arcobaleno." Uno spettatore ha commentato, nel dibattito che è seguito alla conferenza: "Forse quell´uomo potrebbe essere lei".  
   
 

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