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Notiziario Marketpress di Lunedì 18 Ottobre 2010
 
   
  LA NUOVA PRODUZIONE DEL PICCOLO TEATRO DAL 20 AL 31 OTTOBRE IN PRIMA NAZIONALE ALLO STUDIO EXPO I BEATI ANNI DEL CASTIGO DI FLEUR JAEGGY. UN MONDO IN BILICO TRA IDILLIO E CATTIVITÀ NELLA “LETTURA” DI LUCA RONCONI

 
   
  Milano, 18 ottobre 2010 - Luca Ronconi si immerge nelle contraddizioni del presente portando in scena I beati anni del castigo, romanzo di formazione di Fleur Jaeggy (Edizioni Adelphi), con l’interpretazione di Elena Ghiaurov. Lo spettacolo, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, debutta in prima nazionale al Teatro Studio Expo mercoledì prossimo 20 ottobre, con repliche fino al 31 ottobre, e segna un’altra importante tappa nel percorso di Ronconi sulla drammaturgia contemporanea. «I beati anni del castigo è un titolo ossimorico, evidentemente», sottolinea Ronconi. «Il fatto che si definisca beato un castigo lascia intendere che esista un elemento fuori registro. È un titolo ironico, ma forse vuole anche sottolineare quanto il successivo disincanto della vita adulta sia stato peggiore della vita di collegio. Forse quegli anni di “clausura” e di punizioni, da un certo punto di vista, sono stati beati». La storia è ambientata in un collegio femminile, in Svizzera, dove la protagonista vive. Il racconto della donna, sorta di lettura di un suo intimo diario, apre le porte su un mondo in bilico tra l’idillio e la cattività, che possiamo chiamare un’ arcadia della malattia, per usare le parole della scrittrice. Finché arriva Frédérique, una nuova allieva, severa, perfetta, magnetica, che sembra aver già vissuto tutte le esperienza della vita. La protagonista – che resta senza un nome – si sente attratta dalla nuova arrivata, dal suo aspetto quieto e insieme minaccioso. E qui, la minaccia, poco a poco, si scopre, e si approda a una “terra di nessuno”, un luogo ibrido e segreto che si colloca tra la perfezione e la follia. Lo stile limpido e nervoso della scrittura, l´acutezza quasi clinica delle notazioni, l´intensità di questa storia fanno risuonare una corda segreta dell’animo: quella legata all’immaginario collegio da cui tutti noi siamo usciti. Fra lo sconcerto, l´attrazione e il timore, lo spettatore è guidato in una sorta di giardino dei saperi femminili, fatto di fiori che sbocciano nelle stagioni della vita, attraverso esperienze giovanili goffe e talvolta crudeli. Il rapporto fra le due donne, centro del monologo, è ripercorso attraverso le percezioni dell’unica che racconta e descrive: nello svilupparsi lento e spietato di un assolo unilaterale, in un crescendo di tensione e di attesa. Dopo I beati anni del castigo Ronconi metterà in scena, nel gennaio 2011, un altro titolo di drammaturgia contemporanea di produzione del Piccolo Teatro, La compagnia degli uomini di Edward Bond. «Al contrario di quello che si potrebbe credere, viste alcune mie frequentazioni teatrali, io sono molto interessato al contemporaneo», spiega il regista. «Non lo sono affatto alle mode e non credo che qualcosa sia “moderno” perché lo si definisce tale. La modernità non è una copertina, un involucro artificiosamente applicato a un prodotto: quelle sono codificazioni fasulle, ingannevoli, linguaggi la cui inflazione gratuita mi lascia del tutto indifferente. Pensare che si possano dettare i crismi di un’“accademia della modernità” è assurdo. La ricerca è mobilità, movimento, continuo ricambio», aggiunge Ronconi. «Mi interessano gli autori, non i copioni. Autori che abbiano qualcosa da dire e mi sfidino a trovare un modo per dirlo nel territorio a me familiare, il teatro: quelli, per me, sono “i moderni”. Bisogna fare attenzione anche a non confondere contemporaneità e attualità. Un testo è contemporaneo se mette in evidenza una contraddizione, se si sviluppa attorno a un conflitto. In quel caso è moderno, necessariamente contemporaneo». Dal romanzo al teatro Quando leggo qualcosa, a qualunque genere appartenga, mi viene naturale immaginare soluzioni per trasportare quel testo in teatro. È il mio mestiere, è il territorio in cui mi so muovere. Non trovo differenza nell’allestire un romanzo o un lavoro nato per il teatro: il mio interesse scatta nel momento in cui mi imbatto in un linguaggio preciso, riconoscibile, che possegga una significativa connotazione letteraria. Ed è il caso dei Beati anni del castigo, un’opera letteraria che, per come è scritta, mi è sembrato presupponesse l’idea anche di una sua comunicazione orale. Luca Ronconi  www.Piccoloteatro.org/  www.Piccoloteatro.tv/    
   
 

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