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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 27 Ottobre 2010 |
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BIODIVERSITÀ: UNA CATASTROFE NON SOLO ECOLOGICA, ANCHE ECONOMICA OGNI GIORNO SCOMPAIONO 30 SPECIE, 17.000 SONO A RISCHIO
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C´era una regola in natura: alcune specie scompaiono, altrettante nascono. Una selezione naturale e un equilibrio perfetto. Poi sono arrivati l´uomo e le sue industrie ed è cominciata la corsa alla modernizzazione e al progresso. Il ritmo di nascita di nuove specie non ce la fa più a sostenere la velocità di estinzione di altre. Stiamo perdendo l´equilibrio naturale e non possiamo far finta di niente. Ne parliamo con Jo Leinen, il socialdemocratico tedesco a capo della commissione per l´ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento. Proprio oggi è volato a Nagoya, in Giappone, per il Vertice Onu sulla biodiversità (Cop 10) a cui parteciperà una delegazione del Parlamento. C´è una relazione tra perdita di biodiversità e cambiamento climatico? Sono profondamente connessi. Prendiamo le foreste pluviali: quando le distruggiamo aumentiamo il rischio di una modificazione del clima. Da un altro lato possiamo dire però che anche il cambiamento climatico ha un forte impatto sugli ecosistemi, provocando per esempio la desertificazione. Alcuni arrivano a parlare di "estinzione della natura". La situazione è davvero così drammatica? Ogni giorno perdiamo circa 30 specie e, secondo uno studio delle Nazioni Unite, altre 17.000 sono a rischio. E non è soltanto una catastrofe ecologica, ma anche economica: ogni anno la distruzione di risorse naturali comporta una perdita di circa 50 miliardi di euro, a fronte di un investimento a livello globale per la protezione della biodiversità di 3 miliardi. C´è un´ampia frattura che continua ad ampliarsi ogni anno tra quanto servirebbe e quanto viene stanziato. Cosa si aspetta dal vertice di Nagoya? Spero che riusciremo a trovare un accordo comune su una strategia per fermare la perdita di biodiversità. Il nostro obiettivo a breve termine è quello di fermare entro il 2020 la scomparsa di specie animali e vegetali. Nel lungo termine, entro il 2050, vorremmo poi recuperare gli ecosistemi distrutti, attraverso il rimboschimento e la restaurazione dei bacini idrici. L´unione europea dovrebbe assumere un ruolo guida nella difesa della biodiversità. Eppure gli obiettivi per il 2010, stabiliti nel 2002, non sono stati raggiunti. Perché dovrebbe essere diverso per quelli del 2020? Dobbiamo inserire la biodiversità in molte aree di azione politica: agricoltura, pesca, foreste e trasporti. "Natura 2000" non basta più: protegge il 10% e lascia il 90% in preda al degrado. Quello che abbiamo imparato dal mancato raggiungimento degli obiettivi 2010 è che bisogna considerare il problema in tutti i suoi aspetti. La Norvegia ha una legge sulle risorse genetiche e ha donato un miliardo di dollari per proteggere le foreste pluviali brasiliane. L´unione europea dovrebbe intraprendere misure simili? La Norvegia è un modello positivo di responsabilità e impegno. Potremmo seguire il suo esempio se avessimo maggiori risorse finanziarie e uno strumento legale per controllare il traffico di risorse genetiche. Un Fondo Verde potrebbe aiutare quei paesi che hanno urgentemente bisogno dei fondi a difendere o restaurare il proprio livello di biodiversità. Da dove dovrebbero venire i fondi per la difesa della biodiversità? Dobbiamo pensare a fonti innovative di finanziamento. Collegando la protezione del clima alla difesa della biodiversità potremmo mettere mano su parte dei fondi proposti per lo sviluppo, pari a 30 miliardi di dollari fino al 2013 e a 100 miliardi di dollari entro il 2020. Potremmo poi attingere anche ai finanziamenti per il mercato delle emissioni e per il cosiddetto "Meccanismo di Sviluppo Pulito" previsto dal protocollo di Kyoto. Il Parlamento ha anche proposto una tassa sulle transazioni finanziarie per regolare la speculazione e difendere la biodiversità. |
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