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Notiziario Marketpress di
Martedì 21 Dicembre 2010 |
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IL CINEMA CON IL CAPPELLO. BORSALINO E ALTRE STORIE.
DAL 18 GENNAIO AL 20 MARZO 2011 ALLA TRIENNALE DI MILANO
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Dedicata al binomio centenario tra cinema e cappello, la mostra propone l’esplorazione di un mito, un viaggio attraverso i linguaggi della contemporaneità, uno sguardo ironico, nostalgico, poetico e trasgressivo, capace di creare ponte tra arte cinematografica e storia del costume. A partire dall’immersione in un grande cilindro multimediale, caleidoscopica macchina del tempo, la mostra condurrà il visitatore di sala in sala, con un meccanismo sempre teso tra il ritrovamento e la scoperta, lungo un percorso fortemente emozionale che utilizza tutti linguaggi della contemporaneità. Il viaggio termina laddove questa mostra ha inizio, con un’emblematica carrellata dei Borsalino più famosi nella storia del cinema: se da sempre il cinema è indissolubilmente legato alla capacità narrativa del cappello, la storica casa Borsalino ha con il cinema un legame antico e speciale. La mostra propone l’esplorazione di un mito, un viaggio attraverso i linguaggi della contemporaneità, uno sguardo emozionale, ironico, nostalgico, poetico e trasgressivo, capace di creare ponte tra arte cinematografica e storia del costume, la mostra itinerante Il cinema con il cappello. Borsalino e altre storie, che dal 18 gennaio al 20 marzo 2011 vedrà la sua prima tappa alla Triennale di Milano. La mostra è aperta gratuitamente al pubblico. Dedicata al binomio centenario tra cinema e cappello, la mostra è ideata da Elisa Fulco, curatrice della Fondazione Borsalino, e curata dal critico cinematografico Gianni Canova. All’arte cinematografica è affidato il compito di raccontare le suggestioni e di trovare le connessioni in una molteplicità di mondi diversi che hanno scandito l’immaginario collettivo nel secolo breve e nel nuovo millennio. La mostra narra non solo la storia del classico cappello maschile in feltro, che ancora oggi porta il nome del fondatore Giuseppe Borsalino, ma propone tutte le evoluzioni e deviazioni di cui il copricapo è stato ed è protagonista, nella vita come nel cinema. Ad accogliere il pubblico all’ingresso della mostra è un grande cilindro multimediale, una sorta di macchina del tempo che, giocando con parole e immagini, diviene un generatore di storie: ponendosi al di sotto di esso, il visitatore sarà avvolto da infinite narrazioni che svelano il ruolo chiave del copricapo nella costruzione dell’identità: cosa sarebbe Indiana Jones senza il suo cappello a larghe falde? O Charlot senza la sua bombetta? Da sempre il cinema si è appropriato della capacità del cappello di raccontare efficacemente e silenziosamente, generando riconoscimento e identità, sollecitando trasformazioni (in Sabrina il cappello segna la trasformazione parigina di Audrey Hepburn in donna di classe, i cappelli di Greta Garbo in Ninotchka sono segni precursori della fine del comunismo). Al cinema il cappello crea mode e tendenze (da James Dean che negli anni ’50 lancia il grande cappello con falda rialzata al colbacco che con Il dottor Zivago entra a far parte del vestiario occidentale, al berretto di lana de Il cacciatore a quello di Rocky che diventa il copricapo popolare degli anni ’70) attraversando illeso i generi cinematografici (commedia, spy story, western, film in costume, noir), le varie classi sociali, nonché le barriere sessuali. Senza dimenticare che grandi registi hanno depositato la propria icona in un’immagine col cappello: da Federico Fellini a Sergio Leone ad Orson Welles. Il cappello definisce ruoli, professioni, stili. Sancisce gerarchie. Innesca discorsi sociali. Implica e consente una gestualità e un rituale che nessun altro capo di abbigliamento prevede: lo si tocca, lo si calza e lo si leva in pubblico. E’ il cappello la componente dell’abbigliamento maggiormente delegata a svolgere un ruolo centrale nel cerimoniale sociale e, come tale, è uno straordinario volano di azioni e narrazioni: il cappello può scatenare lacrime e risate, travestimenti e ribellioni, malinconie e passioni. Il cappello produce ombra (le ombre degli assassini hanno sempre il cappello…). E, soprattutto, genera mode, posture, comportamenti. La Mostra La mostra si articola secondo cinque nuclei tematici, scanditi secondo un percorso espositivo in cui l’allestimento multimediale e visionario, fortemente emozionale, realizzato dallo Studio Masoero-tondo Architetti, conduce il visitatore di sala in sala secondo percorsi obbligati o solo suggerti, alla scoperta di un mondo caleidoscopico, tra memoria e rivelazione. L’identità ovvero Il cinema con il cappello: un grande cilindro multimediale svela il ruolo chiave del copricapo nella costruzione identitaria, utilizzata dal cinema. Dai protagonisti della pellicola sino all’emblematico dialogo di Peter Falk ne Il Cielo Sopra Berlino di Wim Wenders in cui attraverso la ricerca del cappello giusto si racconta il cambio di identità sotteso a ogni cambio di copricapo: gangster, borghese, eccessivo, comico. Il cappello che emoziona: una sequenza di sale, ciascuna diversa dall’altra, scandisce le diverse emozioni suscitate dal copricapo nelle sue diverse fogge. Guidato da suoni e rumori, il visitatore incontrerà il cappello che fa ridere, il cappello che fa piangere, il cappello che seduce, il cappello che fa paura. Scappellamenti e gesti: 10, 20, 100 scappellamenti cinematografici (riverenza, rispetto, saluto, ringraziamento, esultanza) a confronto, per ritrovare tutti i molteplici significati dei gesti legati all’uso del cappello: codici comportamentali vecchi e nuovi che hanno negli attori i massimi interpreti di segni che ci parlano di un decoro perduto e di più attuali costumi. La giostra dei nomi: dal Borsalino, nome proprio divenuto sinonimo di cappello classico maschile, al basco, all’elmo, al casco, alla coppola, al turbante, alla bombetta, al colbacco, berretto, feluca, etc. Una lunga lista di nomi cui corrispondo infinite e curiose forme di cappelli, raccontate attraverso un’installazione multimediale realizzata dal gruppo N!03, pensata come una vera e propria galleria del vento. Borsalino lancia Borsalino: la mostra si conclude là dove tutto ha inizio: la sezione presenta una carrellata dei Borsalino più famosi nella storia del cinema ed è introdotta dai due celebri film Borsalino (1970) e Borsalino & co (1974), entrambi di Jacques Deray (film cult con Jean Paul Belmondo e Alain Delon), il cui titolo porta il logo dell’antica casa alessandrina, scelta dal regista per rappresentare il gusto degli anni Trenta. Completano la narrazione i bozzetti d’epoca di Jacques Fonteray, costumista parigino delle due pellicole, e i lavori appositamente realizzati per la mostra da Gianluigi Toccafondo. Infine, un inedito cinematografico e un documento storico per il made in italy: in prima nazionale sarà presentata la versione integrale restaurata di un documentario di cinema industriale realizzato nel 1912 dalla ditta Borsalino, con la regia Luca Comerio: un esempio unico nel suo genere, in cui la fabbricazione del cappello viene introdotta e spiegata attraverso una vera e propria fiction. “Se il cinema è indissolubilmente legato al potenziale narrativo del cappello - ha detto Roberto Gallo, Presidente della Fondazione Borsalino - l’azienda Borsalino ha con l’arte cinematografica un’antica relazione. Oltre a creare un canone estetico che ha dato il via alla leggenda cinematografica, l’azienda è da sempre attenta al linguaggio video in ogni sua forma, come attestano numerosi documenti storici che mostrano come il cinema abbia sempre rappresentato negli anni la chiave per comunicare la qualità del cappello alessandrino.” La mostra è accompagnata da un catalogo, edizioni Corraini, in italiano e in inglese. Ospita i contributi di Francesco Alò, Stefano Bartezzaghi, Mario Boselli, Gianni Canova, Emanuele Enria, Paolo Fabbri, Giusy Ferré, Elisa Fulco, Roberto Gallo, Giorgio Gosetti, Franca Sozzani, Dario Edoardo Viganò, Sergio Toffetti. Progetto grafico di Mari Conidi |
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