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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 23 Febbraio 2011 |
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TRENTO: LE SFIDE DELL´ACCADEMIA DELLA MONTAGNA PRESENTATO IL DOCUMENTO TRIENNALE DI INDIRIZZO
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Trento, 23 febbraio 2011 - Ad un anno dalla sua fondazione, e dopo un ampio confronto con tutti i soggetti interessati, l´Accademia della montagna, istituita con legge provinciale, ha presentato oggi i propri programmi da qui al 2012, sulla base di un documento di indirizzo elaborato dal proprio Comitato scientifico. Alla presentazione, che ha avuto luogo in Provincia, erano presenti il presidente Lorenzo Dellai e l´assessore all´urbanistica ed entri locali Mauro Gilmozzi, assieme e ai dirigenti e ai tecnici più vicini al mondo della montagna. A presentare l´atto di indirizzo e i programmi futuri dell´Accademia il suo presidente Egidio Bonapace, il direttore Iva Berasi e il presidente del Comitato scientifico Annibale Salsa. "Grazie per il lavoro che avete già fatto in questi mesi - ha detto il presidente Dellai rivolgendosi ai responsabili dell´Accademia - anche perché sappiamo che far nascere cose nuove è sempre la fase più difficile. Sono due sostanzialmente i contributi che ci aspettiamo da questa realtà: in primo luogo un aiuto, alle istituzioni ma anche all´opinione pubblica, al fine di elaborare una nuova cultura della montagna, ugualmente lontana da due tentazioni contrapposte, quella dell´abbandono e quella del puro business, una cultura che faccia perno sui concetti di innovazione e di formazione, avendo nelle Comunità di valle, oltre che nell´amministrazione provinciale, degli interlocutori preziosi. In secondo luogo ci attendiamo un aiuto per valorizzare e mettere in rete le diverse professioni della montagna, cioè chi fa economia. Di nuovo, anche qui, un tema fondamentale è quello della formazione e soprattutto della formazione dei formatori. La scuola su questo versante fa già molto ma possiamo immaginare anche formule nuove, sfruttando la nostra autonomia in campo scolastico." L´assessore Gilmozzi a sua volta ha sottolineato come già ora le Comunità di valle stiano interagendo con l´Accademia, realtà che rappresenta uno degli investimenti più significativi che la Provincia ha deciso di fare in questo campo e che opererà in sinergia con altre realtà come l´Osservatorio del paesaggio, l´Università e naturalmente le scuole. Nel corso della presentazione il presidente Bonapace ha rimarcato con soddisfazione come tutti i principali "attori" della montagna e del suo sviluppo siedano oggi attorno al tavolo dell´Accademia. Sono già operativi alcuni gruppi di lavoro, in particolare, come spiegato dal direttore Berasi, quello sul tema "Formazione e scuola"; il calendario delle attività prevede a breve l´avvio di un corso di formazione in materia di pianificazione e gestione delle aree montane, a cui seguirà a maggio il convegno sui rifugi di montagna fra tradizione e innovazione. E altre attività si susseguiranno nel corso dell´anno. Ciò che conta però soprattutto, come spiegato dal presidente del Comitato scientifico Salsa, è consolidare una rete virtuosa fra i vari soggetti che oggi operano in montagna, istituzionali e non. "Le Alpi non sono marginali del panorama europeo - ha detto Salsa - ma centrali, anche se non hanno ricevuto fino ad oggi la dovuta attenzione da parte del mondo politico. Dobbiamo ribaltare l´idea negativa della perifericità della montagna, anche perché, con la fine del modello fordista, il vecchio dualismo cemtro-periferia non regge più. Oggi le tecnologie dell´informazione e comunicazione rovesciano queste categorie e consentono di lavorare bene ovunque. La montagna deve guardarsi inoltre dalle categorie contrapposte del globalismo e del localismo: la sua dimensione d´elezione è quella glocale." Accademia Della Montagna Del Trentino Documento triennale di indirizzo(2010-2012) a cura del Comitato Scientifico Il presente documento intende delineare gli indirizzi di attuazione della norma istitutiva dell’Accademia della montagna del Trentino. Nella sua stesura si è cercato di prestare particolare attenzione a tutti i soggetti coinvolti. Per questo le linee guida qui tracciate hanno come premessa un’intensa attività di confronto-ascolto dei diversi attori e delle singole personalità del mondo della montagna che ha permesso di evidenziare le criticità e le diverse aspettative nel tentativo di ricondurle ad un quadro unitario. Nello svolgere il proprio compito il Comitato scientifico ha riflettuto anche sulle difficoltà di relazione tra istituzioni provinciali (scolastiche in particolare), gli ordini professionali e le realtà associative e di volontariato, dovute anche alla mancanza di uno strumento (organizzativo e gestionale) in grado di farsi anello di congiunzione e di svolgere un ruolo di sussidiarietà. Accademia della montagna del Trentino può svolgere questo ruolo, con compiti di coordinamento ed indirizzo. Si deve partire proprio dalla particolarità del territorio della Provincia di Trento - in cui le montagne occupano una parte preponderante e centrale, tanto da costituirne un indiscusso “elemento di identificazione”, sia dal punto di vista materiale (fisico), sia dal punto di vista immateriale (simbolico). Per rendere questa realtà territoriale assolutamente unica e identificabile da parte dei residenti, come da parte dei frequentatori fidelizzati o da fidelizzare in termini di consapevolezza, occorre intraprendere un coraggioso sforzo teso al “ri-posizionamento” ed al “ri-pensamento” delle rappresentazioni mentali del Trentino. Nell’immaginario dei residenti e dei turisti spesso, infatti, si intersecano e si sovrappongono logori stereotipi non più adeguati alle repentine trasformazioni alle quali la globalizzazione economica e la mondializzazione culturale ci costringono ogni giorno. La valorizzazione intelligente del Trentino montano dovrà sempre meno tradursi nella costruzione di una “bolla” irrelata ed autoreferenziale, impermeabile a quanto accade su scala globale e su scala locale. Diventa così prioritario comprendere che l’ambiente naturale e sociale che personifica un luogo è invece dato dal sistema di relazioni che si mettono in campo per rafforzare l’unico binomio possibile in un’ottica di promozione qualitativa: l’identità e la differenza. Su tale binomio, declinato in chiave sistemica e multifattoriale, dovranno concentrarsi le diverse progettualità in una prospettiva triennale che sappia intercettare le istanze del cambiamento innestandole nel corredo delle buone pratiche già selezionate da un ineludibile “darwinismo” storico. Occorrerà, anzitutto, evitare facili generalizzazioni legate ad immagini della montagna declinate in forma seriale e buone per tutti gli usi e per tutti i territori. La ricerca degli eccessi, che caratterizza la nostra società del no-limits, mette a dura prova i territori di montagna che sono intrinsecamente fragili e precari. La volontà di meravigliare e stupire a qualunque costo, di assecondare nuovi bisogni modaioli indotti da tecniche di persuasione più o meno occulta, ha prodotto profondi stravolgimenti nei territori alpini, svuotandoli della loro intrinseca specificità. Da una parte si sono costruiti spazi ludici e ricreativi che emulano modelli metropolitani, dall’altra villaggi marginalizzati lontani dai circuiti del turismo “mordi e fuggi”. Le Alpi, nel loro insieme, sono riconducibili ad un “genere prossimo” dai caratteri generali simili. Ma è la “differenza specifica” che ne costituisce il valore aggiunto e che conferisce loro un’anima ed un’aura tutte particolari. Si tratta, perciò, di individuare le pieghe autentiche dell’anima trentina non omologabili o assimilabili ad altri territori, peraltro già a rischio di banalizzazione poiché trasformati in “non-luoghi” nel panorama dell’offerta turistica. La “messa in valore” di potenzialità ancora inespresse deve passare attraverso la ricognizione attenta ed approfondita delle molteplici sfaccettature di un territorio provinciale contraddistinto dall’essere un ponte geografico, storico e culturale fra il mondo latino ed il mondo tedesco. La plasticità adattiva del primo deve trovare un correttivo nel rigore e nel senso di radicamento territoriale del secondo: fattori che possono produrre crescita di appeal e di opportunità per una realtà “ponte” come quella trentina. In tale lavoro di riconversione innovativa, si dovranno individuare le vocazioni immanenti ad ogni ambito comprensoriale, le dinamiche economico-sociali presenti, le micro-identità venutesi a creare attraverso processi trasformazionali a geografia variabile, spesso non percepiti o dati per ovvi sulla base di presunte “tipicità”. Dietro la messa in scena del “tipico”, particolarmente richiesto da una società stanca di una modernità seriale, si nascondono talvolta operazioni di “invenzione della tradizione” che finiscono per ottenere risultati opposti a quelli desiderati. Il trionfo del Kitsch – sia esso “finto tirolese” o “montanaro puro” – può generare disaffezione o desiderio di smascheramento. Il vero problema legato alla valorizzazione di un territorio, oggi, non consiste tanto nel rendere immune una realtà dai rischi dell’ibridazione, quanto nel sapere governare gli inevitabili processi di ibridazione, da sempre motori del cambiamento, al fine di produrre nuovi valori aggiunti. La pianificazione della montagna trentina dovrà tenere presente l’esigenza di salvaguardare la sua unità territoriale complessiva dando voce alle diversità delle singole articolazioni micro territoriali quali tessere multicolori di un unico mosaico da leggere attraverso molteplici angolazioni visuali. Per arrivare a ciò, occorrerà tenere conto delle nuove tendenze della società e dell’economia che vanno nella direzione del superamento del dualismo bipolare fra “aree centrali” ed “aree periferiche”. I nuovi orientamenti in materia di programmazione economica e di ri-tessitura dei tessuti sociali tendono a privilegiare articolazioni strutturali di tipo molecolare del territorio in cui le molteplici realtà possano interagire fra di loro senza generare stratificazioni gerarchiche o sacche di subalternità. Ogni area dovrà rispondere al principio di “ragion sufficiente” secondo il quale essa possiede, in sé, le ragioni del proprio sussistere in termini di vocazione territoriale e di nicchia qualitativa, ma non certamente attraverso percorsi di autosufficienza autarchica. Al contrario, dovrà costituire un reticolo puntiforme in un quadro di complementarietà funzionali e di specificità vocazionali. Le parole chiave di tale processo di riappropriazione cognitiva e di investimento simbolico “auto percepito” da parte dei residenti, in veste di attori del cambiamento, dovranno essere: conoscere – riconoscere – restituire. La conoscenza dettagliata e rigorosa dei luoghi costituisce, infatti, la base di partenza per qualsivoglia operazione di ri-posizionamento e di re-identificazione. Per tutta una serie di motivazioni riconducibili al prevalere di orizzonti meta-locali impersonali e ripetitivi (tendenze al generalismo livellatore, il cui rovescio della medaglia è il localismo strapaesano), si è andato perdendo un tipo di conoscenza posta al crocevia fra saperi tradizionali e sapere scientifico moderno. La frattura ha interessato soprattutto i mondi giovanili, sempre più distratti dalla dimensione dei luoghi in quanto catturati mediaticamente dai “non-luoghi” del cyberspace, poco motivati, quindi, nell’apprezzare i valori ambientali della dimensione nativa. Tale analfabetismo cognitivo di ritorno è all’origine del venir meno della fiducia e dell’orgoglio di appartenenza al luogo, con tutte le implicazioni legate all’abbandono, al pessimismo del possibile riscatto, alla cultura della resa, allo spaesamento, all’angoscia territoriale. Si dovranno dunque intraprendere delle azioni mirate al recupero dei deficit sopra evidenziati, cui dovranno corrispondere adeguate misure quantificabili in tempi e spazi da definire. Le iniziative poste in cantiere da Accademia della montagna dovranno prefiggersi come scopo finale quello di affrontare la sfida dei territori di montagna in una prospettiva di cambiamento. L’obiettivo è quello di raccogliere la posta in gioco del “vivere nelle Alpi” in una nuova epoca, contrassegnata dal superamento delle rigidità proprie dell’economia industriale di tipo fordista che ha portato, nel recente passato, a contrapporre forme di polarizzazione dualistica tra centro e periferia, tra spazi ludici e spazi sociali, tra montagna marginale e montagna-loisir. In un territorio come quello trentino i due concetti di “montuosità” (spazio fisico occupato dalle montagne) e “montanità” (spazio mentale e culturale come sentimento di appartenenza) - che per il resto d’Italia appaiono laceranti e poco interfacciabili - dovranno trovare una declinazione armonica nel superamento di ogni discontinuità. Per il primo triennio di attività il Comitato scientifico ritiene opportuno che Accademia della montagna focalizzi la propria attività in alcuni settori individuati come prioritari. Essi riguardano: a) la formazione dei professionisti della montagna; b) l’introduzione della cultura della montagna nel mondo della scuola; c) la promozione della montanità nella cittadinanza e nei diversi soggetti sociali ed economici. Un nuovo ruolo per i collegi professionali I professionisti della montagna hanno via via visto modificare il proprio ruolo cercando di adattarsi alle richieste provenienti dalle diverse tipologie di utenti. Negli ultimi anni si è assistito ad un mutamento radicale nell’approccio alla montagna, che è passata da una concezione classica ad una prevalentemente ludico-sportiva. Per adattarsi al nuovo tipo di clientela le diverse professioni hanno, nel tempo, ristretto la dimensione che le identificava culturalmente con il loro territorio, privilegiando invece un approccio meramente tecnico o di rincorsa verso le nuove pratiche atletico-sportive che non sempre sono in grado di integrarsi con la tradizione storico culturale dell’alpinismo. Queste scelte necessitate dalla ricerca di legittime fonti di reddito rischiano, se non opportunamente gestite, di far perdere ai professionisti la funzione di presidio culturale del territorio. Conseguenza di questa perdita di identità professionale, parallela all’esaltazione della componente atletico-sportiva, è che spesso l’obiettivo di accedere alle diverse professioni è divenuto non tanto una scelta di vita, quanto il coronamento di un personale curriculum atletico. Ciò ha infine determinato che solo un numero limitato di “titolati” eserciti a tempo pieno la propria professione; ma se la professione diventa part time il rischio è la svalutazione del suo ruolo sociale. Come già detto, un elemento di criticità è costituito dalla crescente propensione al tecnicismo. Rispetto a competenze tecniche d’eccellenza non si assistito ad una pari crescita nelle capacità di rispondere adeguatamente a sollecitazione di tipo culturale, ad offrire una “esperienza della montagna” che permetta uno sguardo più ampio sul significato stesso del vivere in montagna, delle sue peculiarità culturali, del suo essere territorio “altro” rispetto alla aree urbane o di pianura. Gli ordini professionali sono chiamati ad una conoscenza del territorio che non si risolva solo nelle tecniche per affrontarlo, ma che ne illustri anche la storia, gli aspetti naturali, antropologici e sociali capaci di dare conto dell’effettiva particolarità e ruolo delle comunità alpine. Ciò significa far comprendere la peculiarità di un territorio anche nelle sue articolazioni amministrative (leggi Autonomia) che non sono solo arido prodotto legislativo, ma risultato di un lungo percorso storico che ha modellato la struttura sociale e i modi di vivere attuali. Va inoltre sottolineato che, a fronte di una crescita generalizzata del tasso d’istruzione, è necessario che anche le professioni di montagna non restino indietro e si dotino degli strumenti culturali ormai indispensabili nella società globale: si va dall’uso delle tecnologie dell’informazione fino alla conoscenza di almeno una lingua straniera. Propria a queste necessità ha in fondo cercato di rispondere l’istituzione del Liceo della montagna di Tione, che rappresenta un punto di partenza su cui costruire una nuova cultura professionale della montagna. Nel suo primo triennio di attività, Accademia della montagna dovrà anzitutto rivolgersi proprio agli ordini professionali, facendosi promotrice di iniziative volte alla loro crescita culturale nella lunga durata. Tutto ciò richiede una riorganizzazione dei corsi di formazione professionali. In primo luogo va preso atto che un’adeguata formazione culturale deve costituire la base comune di tutti i professionisti della montagna (guide, maestri di sci, gestori di rifugi, accompagnatori di territorio, ma anche guide parco, forestali, guardiacaccia). Tale preparazione deve essere il pre-requisito per l’accesso alla formazione tecnica. Un modello di formazione di questo livello deve essere coordinato da una parte terza rispetto ai collegi professionali, che si faccia tramite con le più importanti istituzioni culturali che operano in Trentino (Università, Sistema museale, Sat, Step) individuando in esse, di volta in volta, gli interlocutori con i quali costruire un percorso formativo articolato e capace di fornire una comprensione della realtà storica, sociale e culturale del territorio provinciale, con particolare riguardo all’ambiente montano. Ciò dovrebbe garantire un processo formativo di qualità e strettamente intrecciato con il sistema culturale trentino. In dettaglio è auspicabile che vengano istituzionalizzati dei “corsi” di natura culturale, prevedendone la stretta obbligatorietà e la verifica tramite esame definito e messo concretamente in essere in collaborazione con gli stessi enti coinvolti nella fase degli apprendimenti. Nella formazione dei professionisti della montagna immaginiamo dunque due “moduli” distinti, gestiti rispettivamente dai Collegi e da Accademia della montagna secondo modalità proprie, prevedendo altresì processi di valutazione distinti ed esclusivi, che solo se sommati, abiliteranno alla professione. Accademia della montagna si assumerà l’onere di ricercare le risorse finanziarie ed intellettuali per svolgere la propria parte ma, in virtù della propria posizione e del suo statuto comprensivo delle rappresentanze dei Collegi stessi, assumerà anche un ruolo di coordinamento e gestione generale. In questo contesto si inseriscono anche le opportunità offerte da un corretto rapporto tra i professionisti della montagna e il mondo della scuola. Ad oggi si registra un relazione spesso episodica e quasi mai affronta con un’impostazione generale finalizzata a creare canali di comunicazione-scambio durevoli nel tempo e rispettosi delle relative necessità e particolarità. La relazione costante di queste due categorie permetterebbe ad entrambe di poter capire quali tipi di domande è possibile porsi reciprocamente e quale potrebbe essere il tipo di relazione efficace da costruire. L’investimento di Accademia della montagna verso il mondo della scuola può costituire, per i diversi professionisti, una importante occasione di lavoro. Anche in questo caso è necessario prevedere una preparazione specifica di cui Accademia dovrà farsi carico, così che la preparazione culturale indirizzata ai professionisti della montagna aiuti anche a rivolgersi alle scuole, acquisendone i linguaggi e le particolarità operative. La Montagna come scuola, ovvero la Scuola in montagna La ricerca di una relazione permanente tra montagna e giovani in età scolare è auspicata e ricercata anche dalla comunità stessa che nella scuola manda i propri figli; questo desiderio soggiace ad un inespressa volontà di tramandare alle generazioni future i motivi (anche affettivi) dell’attaccamento alla montagna, che diviene simbolo delle proprie radici culturali e luogo privilegiato del legame intergenerazionale. È bene non dimenticare che questa appartenenza non è solo espressione di una mera caratteristica fisica ma effettivo moto dell’animo. In questo contesto andrebbe anche rivalutata l’esperienza dell’Autonomia del Trentino “sentita” come appartenente alla cultura materiale, parallela alla storia che ha coinvolto le istituzioni, e figlia di un particolare modo di vivere la propria terra, regolarla e custodirla. In questo primo triennio di attività Accademia della montagna dovrebbe rivolgersi in particolare verso i formatori, affinché la cultura della montagna non sia elemento estraneo introdotto dell’esterno nella scuola. Deve invece diventare a pieno titolo un elemento della formazione curricolare dei ragazzi. Per questo è necessario in primo luogo la sensibilizzazione e la formazione del corpo docente, che nelle diverse esperienze in montagna (gite, settimane bianche, verdi, ecc) deve riuscire a creare occasioni didattiche e non di mero svago. A questo scopo diventa necessario costruire un tessuto, una serie di legami, un “senso” che non si riduca alla gita in montagna fine a se stessa. Agli insegnanti, nei quali la vocazione pedagogica si somma spesso a quella civile, vanno forniti strumenti di conoscenza, interpretazione ed analisi del territorio montano. Si dovrà favorire un apprendimento non generico e semplificante. È necessario organizzare non corsi generalisti ma articolati per aree disciplinari, in modo che ogni docente riesca a fare della montagna occasione didattica per la propria specifica materia. Contestualmente Accademia della montagna deve costruire occasioni per portare gli studenti in montagna. Le iniziative possono essere molteplici e devono essere adeguatamente preparate/costruite con il corpo docente. L’obiettivo ambizioso è quello di inserire - istituzionalmente - nel percorso formativo degli studenti occasioni di approccio diretto con i territori montani in tutti i loro aspetti. Dalla singola giornata si dovrà arrivare alla programmazione di settimane “bianche” o “verdi”, tali da costruire percorsi formativi ad hoc per gli studenti. (Ciò avrebbe, tra l’altro, in diverso ambito una ricaduta virtuosa favorendo la destagionalizzazione del turismo). In questo senso andrebbero valorizzate le strutture, come quella al Tonale, per proporre esperienze dirette della montagna, passando anche attraverso l’esperienza di soggiorno nei rifugi alpini. |
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