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Notiziario Marketpress di Mercoledì 02 Marzo 2011
 
   
  DALLA PARTE DEL MEDICO DI FAMIGLIA, PROF. ALESSANDRO POLITI: CLINICA MEDICA PROFESSIONALIZZANTE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO

 
   
   Milano, 2 marzo 2011 - L’endometriosi è certamente una di quelle patologie verso le quali il Medico di Medicina Generale (dimentichiamoci per favore una volta per sempre la vetusta dizione “Medico di Base”) demanda quasi sempre allo specialista, in questo caso il ginecologo, la diagnosi e il trattamento. Ma se questo è corretto per quel che riguarda la terapia, alla luce anche di tutto quello conosciuto oggi, non altrimenti deve essere per la diagnosi. L’ambulatorio del Medico di Medicina Generale può e deve essere invece il punto di partenza diagnostico per una patologia che proprio per la sua varietà dei sintomi di esordio, trova nel medico di fiducia la prima figura a cui quasi sempre le donne si rivolgono a seguito di dolori pelvici che possono coinvolgere non solo l’apparato riproduttivo ma anche quello urinario, gastrointestinale, e creare non pochi disturbi nell’ambito psico-sociale. Cistiti, colon irritabile (ma sarebbe più corretto parlare di disturbi dell’alvo), problemi legati al ciclo quali dismenorrea, menorragie e metrorragie, patologie comuni spesso sottovalutate dalle stesse pazienti, sono alcuni dei sintomi più comuni. Una ricerca condotta dal Census Bureau europeo nel 2004 ha però anche messo in evidenza come, al di là dei sintomi fisici, la qualità della vita nelle donne affette da endometriosi sia particolarmente bassa, con disturbi del sonno legati all’ansia per la propria salute, problemi nell’ambito del rapporto di coppia per la difficoltà a volte presente di avere rapporti sessuali dolorosi, tensioni e nervosismi aventi conseguenza sul lavoro e sulla vita sociale. E se in termini lavorativi è emerso che ogni anno in Europa vengono bruciati oltre 30 miliardi di euro in congedi di malattia per l’endometriosi e le sue complicanze, in Italia è superiore ai 54 milioni di euro il costo per il Servizio Sanitario Nazionale (accertamenti diagnostici, terapie farmacologiche croniche di cui alcune non rimborsate dal Ssn, ricoveri ospedalieri, trattamento/i chirurgico/i, trattamento di complicanze/recidive) (Atti Indagine Conoscitiva Xii Commissione Igiene e Sanità 2006). Una patologia importante, invalidante e anche costosa. Dispiace però rilevare come a livello sanitario nazionale poco sia stato fatto in questi ultimi anni, da parte dei nostri governanti. Raccogliendo infatti un invito del Parlamento Europeo nel 2004, in cui si invitavano gli stati membri a prendere atto di questa patologia troppo spesso misconosciuta non solo ai professionisti medici ma anche alle stesse cittadine, la Xii Commissione Igiene e Sanità del Senato nel 2005 ha svolto l’indagine Conoscitiva “ Fenomeno dell’endometriosi come malattia sociale” evidenziando, nelle conclusioni, “…l’esigenza di realizzare specifiche campagne informative di educazione sanitaria rivolte sia ai medici che alla popolazione femminile”. Benvenuta quindi a questa iniziativa della Settimana Europea/mondiale sull’endometriosi, così come un plauso non può che andare a tutte le associazioni di cittadini, come Arianne, che da diversi anni si occupano di una battaglia vera e propria, tra l’indifferenza di buona parte della classe medica, politica e purtroppo va rilevato anche di una larga fetta di popolazione femminile che non è adeguatamente avvertita. Il Medico di Medicina Generale deve assolutamente collaborare strettamente con lo specialista, la comunicazione tra questi due attori del servizio sanitario è oggi oggettivamente carente vuoi per mancanza di canali privilegiati, vuoi perché la stessa strutturazione del Sistema Sanitario Nazionale è stata, fino ad oggi, improntata al mantenimento di compartimenti stagni. Fino ad oggi, perché nell’ultimo Contratto Nazionale e nei successivi Accordi Regionali, sta prendendo sia pur con difficoltà sempre più piede la possibilità di aggregazione tra i diversi professionisti della salute, attraverso strutture (per ora sulla carta ma in via di realizzazione) come i Creg, acronimo che sta per Cronic Related Group, centri dove Medici di Medicinagenerale e specialisti lavoreranno “gomito a gomito”, scambiandosi opinioni, informazioni e conoscenze. La conoscenza, che deve però anche partire dall’Università, che come avviene nel resto dell’Europa, deve formare medici a 360°, contrastando in parte quella tendenza all’iper-specializzazione che ha caratterizzato fino all’eccesso gli ultimi anni. Troppo spesso si guarda il particolare e si perde il quadro di insieme. In questa direzione va la costituzione in varie Università italiane, e da questo semestre anche in quella milanese, dello specifico insegnamento della Medicina Generale agli studenti del 4° e 5° anno, con tanto di corso e crediti formativi, e non più di solo un tirocinio post-laurea troppo spesso fine a se stesso in quanto i colleghi neo-laureati hanno a quel punto già stabilito cosa fare “da grandi”. In questo corso gli aspetti fondamentali sono la comunicazione e la formazione, due nodi dolenti del passato: troppo spesso infatti in questa patologia come in altre, il medico di famiglia viene bypassato dallo stesso paziente che non lo ritiene (in molti casi a torto e in altri onestamente a ragione) preparato a sufficienza, e si rivolge direttamente al ginecologo di fiducia che, come sottolineato dalle testimonianze di molte donne, a sua volta però può sottovalutare la situazione. La comunicazione a cui facevo riferimento sopra, intesa in questo caso come rapporto medico-paziente, diventa così il punto più importante: nello studio del medico di fiducia bisogna parlare senza vergogne (dov’è se no la fiducia?) e soprattutto sapere ascoltare: come diceva un mio vecchio professore, “…il paziente ti dice tutto fin dal primo momento che varca la soglia dell’ambulatorio, sta a te saperlo comprendere e curare”.  
   
 

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