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Notiziario Marketpress di
Giovedì 24 Marzo 2011 |
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2011 IN LENTA RIPRESA PER LA SIDERURGIA ITALIANA PASINI (FEDERACCIAI): «SIAMO ANCORA LONTANI DAI NUMERI DEL 2008, MA STIAMO RECUPERANDO»
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Brescia, 24 marzo 2011 - Per la siderurgia italiana un 2011 in leggera ripresa pur restando ancora lontana dai risultati produttivi ed economici del 2008. Se ne è parlato ieri durante Made in Steel, l´evento dedicato al mondo dell´acciaio che si terrà a Brescia fino al 25 marzo. «Seppur lentamente – ha detto Giuseppe Pasini, presidente di Federacciai – aprendo la quarta rassegna di Made in Steel - la ripresa sembra avviata anche se con ritmi meno spediti di quanto ci si auspicava. Nel 2010 la produzione italiana ha recuperato un 30% rispetto al 2009 anche se resta di un 16% ancora inferiore ai livelli precedenti alla crisi. Si sono però evidenziate differenze tra prodotti e prodotti. Ad esempio il recupero corre di più per acciai speciali inox impegnati nella meccanica e anche per il piani. Stentano ancora i lunghi ma sui cui sono fiducioso che se anche le istituzioni riusciranno a muoversi a partire dalle piccole cose come lo sblocco di risorse per andare incontro alle esigenze ad esempio di comuni e provincie credo che già nella seconda parte dell’anno di questo 2011 potremmo agganciare il 2008». «Lo scenario globale – ha ricordato – ci pone di fronte a temi importanti quali l´innovazione tecnologica, l´ammodernamento delle politiche energetiche, l´adeguamento alle direttive di Kyoto che riguardano il presente ed il futuro della nostra filiera dell´acciaio, ma evidentemente anche tutto il sistema economico-industriale italiano ed europeo e che, quindi, vanno affrontati con forza e lungimiranza». Ed in termini di scenario internazionale post-crisi è intervenuto Salvatore Rossi, direttore della ricerca economica e delle relazioni internazionali della Banca d´Italia. «Il mondo sta uscendo dalla crisi globale – ha spiegato - ma con incertezze, fragilità e rischi. Nei prossimi anni il Pil tornerà a salire, seppur su livelli inferiori al periodo pre-crisi. Per quanto concerne la crisi, l’Italia ne è stata solo sfiorata dal punto di vista finanziario mentre l’ha subita in pieno dal punto di vista produttivo». «L’italia, infatti, arrivava alla crisi con un sistema finanziario solido – ha precisato - ma con una struttura economica più debole rispetto ad altri Paesi. In particolare, il nostro Paese era intrappolato da anni in una situazione di stagnazione, con produttività statica e deficit nel commercio estero in crescita, tanto che qualcuno iniziava a chiedersi se l’Italia non fosse entrata in un periodo di declino storico». Tuttavia, «l’Italia ha una enorme tradizione di filiera e nella subfornitura. Ci sono moltissime imprese intermedie valide e che stanno cambiando: si punta ad ampliare il numero dei propri clienti e si tende più ad essere committenti di lavorazioni particolari per non trovarsi all’ultimo livello della filiera». E cosa dovrà fare l’Italia per crescere e prosperare nell’economia globale? Secondo Dipak Pant, docente di antropologia e economia all’università Liuc – Carlo Cattaneo, ci sono due differenti livelli di competizione. La prima – la competizione “verso l´alto” - è quella tra chi offre competenza, istruzione, luoghi piacevoli e poca criminalità. La seconda, “dal basso”, vede invece una corsa nel permettere più inquinamento, meno controlli sulla sicurezza del lavoro, meno costi. In questo panorama «l’Italia – ha esortato Pant - deve fare una scelta strategica sul dove posizionarsi, scelta che ad oggi non è ancora stata compiuta. A ciò si aggiunge una peculiarità italiana ed in generale dei Paesi sviluppati dove la popolazione invecchia con richieste che cambiano: la gente non vuole solo ricchezza, ma anche benessere». «Bisogna dunque puntare sui vantaggi competitivi, di lungo termine, sposando l’hi-tech e l’hitouch, aspetto quest´ultimo in cui gli italiani sono da sempre maestri. In siderurgia credo sia necessario adottare un cambiamento in tre dimensioni, puntando sempre più sull’innovazione e sulla micro-innovazione, coltivando un sano rapporto con il territorio e puntando sui valori piuttosto che sui volumi perché bisogna rendersi conto che non si può crescere per sempre indefinitamente». |
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