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Notiziario Marketpress di Venerdì 27 Maggio 2011
 
   
  BORDIGHERA, FONDAZIONE TERRUZZI- VILLA REGINA MARGHERITA: “MARGHERITA, REGINA D’ARTE E CULTURA” UNA RAFFINATA MOSTRA RENDE OMAGGIO ALLA PRIMA SOVRANA D’ITALIA, AMATA DAL POPOLO E DAGLI ARTISTI, NEI 150 ANNI DELL’UNITÀ - DAL 19 GIUGNO AL 18 SETTEMBRE

 
   
  La prima delle mostre temporanee promosse dalla Fondazione Terruzzi-villa Regina Margherita, in concomitanza con l’inaugurazione della sede museale che propone un nucleo significativo di opere della celebre collezione Terruzzi, non poteva essere dedicata che a lei: Margherita di Savoia, prima regina d’Italia, figura e personalità di grande fascino, il cui ricordo è indelebilmente legato a questi luoghi. Nella villa di Bordighera infatti, voluta con determinazione su progetto dell’architetto Luigi Broggi, la sovrana, ornai regina madre, trascorse gran parte degli ultimi anni di vita. L’esposizione, allestita nelle sale appositamente destinate agli eventi temporanei di quello che mira a divenire un polo museale e culturale di primo piano nel panorama ligure e italiano, vuole dunque essere - nei 150 anni dell’Unità d’Italia - un lieve omaggio a questa donna che, pure con luci ed ombre, seppe farsi amare grandemente dal popolo, ponendo la cultura tra gli elementi portanti della propria vita personale e pubblica e divenendo punto di riferimento di moltissimi artisti e intellettuali. Curata da Annalisa Scarpa, direttrice della Fondazione, e da Michelangelo Lupo che ne è anche allestitore, con la fondamentale collaborazione di Louis Godart, Consigliere per la Conservazione del Patrimonio Artistico del Quirinale - che ha concesso in prestito il nucleo principale delle opere esposte - l’omaggio a “Margherita, Regina d’Arte e Cultura”, in programma alla Fondazione Terruzzi-villa Regina Margherita a Bordighera, dal 19 giugno al 18 settembre è dunque promosso dalla Fondazione omonima con la Regione Liguria, la Provincia di Imperia e il Comune di Bordighera, in collaborazione con Sistema Turistico Locale e il sostegno di Banca Carige, ed è organizzata dalla medesima Fondazione con Villaggio Globale International (catalogo Skira). Sono dunque i ritratti di Margherita - ufficiali e non - la sua iconografia ricostruita attraverso dipinti e sculture, a costituire il primo momento di questa piccolo ma suggestivo percorso a lei dedicato. Margherita Maria Teresa Giovanna di Savoia era bionda, di carnagione molto chiara, con due occhi azzurrissimi; aveva un bel portamento e, a detta delle cronache, un’innata abilità nel saper comunicare con la gente. Nonostante l’aspetto apparentemente fragile, possedeva un carattere forte e deciso, con un grande senso della dignità e del dovere. Cresciuta nel clima eroico della Torino del Risorgimento (era nata a Palazzo Chiablese nel 1851, figlia di Ferdinando di Savoia-genova e di Elisabetta di Sassonia) non le era stato risparmiato, a otto anni, di preparare bende per i feriti degli scontri del 1859 e le era stato insegnato, e lo sentiva dentro di sé, il dovere dell’assistenza. E questo non lo dimenticherà mai, né da regina né da regina madre. Aveva solo 17 anni quando nel 1868, andò sposa di Umberto I, allora ventiseienne e già sentimentalmente legato a Eugenia Attendolo Bolognini, la contessa Litta. Dovette fare i conti con questa realtà e accettarla, ma il ruolo di consorte del futuro re e poi di Regina le si adattava perfettamente. Nel dipinto di Eleuterio Pagliano, “pittore e soldato dell’indipendenza italiana”, che ritrae “La regina Margherita in abito azzurro” a soli due anni dal matrimonio, così come in quello, imponente, del celebre ritrattista Michele Gordigiani che, tra l’altro, impartirà lezioni di pittura alla sovrana, notiamo già la grande passione della regina per gli abiti e la moda. Sono evidenti la sua eleganza e soprattutto le sue famose perle. Il celebre monile appartenuto a Maria Adelaide, formato da cinque doppi giri di perle e lasciato in eredità alla futura moglie del primogenito, è stato infatti il fulcro di partenza dei famosi 16 fili dei quali Margherita amò ornarsi: arricchiti di anno in anno durante il matrimonio, pare si componessero di ben 684 elementi. La regina amava follemente i gioielli e ne possedeva di splendidi. Straordinario è per esempio il diadema che compare sia nel bassorilievo in bronzo che ritrae la sovrana di profilo, opera di Donato Pirolo-torelli, detto Tello, sia nel celebre dipinto del Corradetti “Ritratto di Margherita di Savoia in abito nero”: a connotarlo vi è un motivo con tre grandi fiori, incastonati su un fronte di oro, argento e diamanti, che si possono smontare dalla corona e usare separatamente come spille. Margherita seppe affascinare del resto non solo le folle, ma anche gli intellettuali, a partire da Carducci, che nella sua Ode alla Regina d’Italia non nasconde la sua ammirazione; ma anche Fogazzaro, Giacosa, Prati: tutti in un modo o nell’altro si ispirarono a lei, fino a Gabriele d’Annunzio che la ritrasse nel Fuoco e a Giovanni Pascoli che le rende un delicato omaggio nell’inno Pace. E proprio questa sua capacità di presa e l’ammirazione suscitata diede il via a quel fenomeno onnicomprensivo detto appunto il “Margheritismo”, decretando l’influenza della giovane Savoia nella società del tempo in campi tra i più disparati: dall’arredamento, alla moda, all’oreficeria, e più in generale, ad ogni forma d’arte e di artigianato. Il suo uso ricco dei gioielli, portati con disinvolta civetteria, divenne una moda; così come pure l’abbigliamento fatto - almeno prima della vedovanza - di colori chiari, di ricami sovrapposti, di cappellini, di fiocchi e di pizzi. Come molte delle teste coronate d’Europa, Margherita amava inizialmente “Worth” che era lo “Chanel” del tempo, ma divenuta regina interpretò suo dovere spostare il gusto delle donne italiane verso la creatività del proprio paese dando il la all’embrione dell’industria sartoriale italiana. Uno dei primi segnali della sua influenza sulla società fu l’uscita a Milano, già nel 1871, della rivista “Margherita” diretta da Virginia Tedeschi Treves. “Margherita”, che uscì fino al 1926 e nel sottotitolo recita “giornale per signore e signorina”, ebbe un forte concorrente anni dopo, dal 1904, nella rivista mensile napoletana “Regina” il cui primo numero portava in copertina il famoso ritratto di Margherita, a quel tempo ormai Regina Madre, del Gordigiani, ad immortalare quasi l’immortale influenza di lei nella società di inizio secolo. L’immaginario su Margherita, colta a cavallo nel bronzo di Alfonso Balzico o resa nella sua femminilità anche nel busto in marmo che Carlo Nicoli realizzò in una data collocabile tra il 1896 e1900, è tutto racchiuso nei due dipinti con i quali si chiude la prima parte della mostra: il ritratto del Corradetti, sempre del Patrimonio del Quirinale, restaurato di recente e datato 1916 e il Ritratto della Regina Madre Margherita di Savoia di Franz Joseph Lenhart - pittore e famosissimo cartellonista - conservato presso il Palazzo del Comune a Bordighera e proveniente da Villa Regina Margherita: probabilmente sapiente trascrizione da una fotografia della regina commissionata dopo la sua morte. La personalità di Margherita di Savoia, il carisma, la devozione, le sue passioni, il suo gusto, soprattutto la grande sensibilità e attenzione verso il mondo artistico e culturale vanno tuttavia colti soprattutto attraverso gli oggetti che la sovrana volle per sé, commissionandoli, acquistandoli, custodendoli. La seconda parte della mostra offre delle inedite suggestioni in tal senso: dalle lettere autografe di Margherita alla madre, al servizio da the Royal Lily, Worcester Royal Porcelain del Quirinale; dal mantello a strascico, in seta dorata e damasco con il nodo Savoia, all’inginocchiatoio della sovrana della metà del Xviii secolo, realizzato da Pietro Piffetti con pregiatissimi legni e intarsi in avorio e tartaruga, entrambi da collezione torinese. Margherita fu un’assidua visitatrice delle maggiori esposizioni italiane ed europee. Se Umberto non s’intendeva d’arte, né di lettura e non amava particolarmente la musica, la regina al contrario fin da giovane fu attratta dalla musica e si dilettò nella pittura. Fu lei ad introdurre a corte la musica da camera e a favorirne la diffusione. Divennero rituali al Quirinale le esibizioni del Quintetto d’Archi di Roma fondato da Giovanni Sgambati, la cui nascita fu fortemente voluta dalla regina; e Giacomo Puccini, poco più che ventenne e di famiglia non ricca, ottenne grazie a Margherita una borsa di studio che gli permise di completare il Conservatorio di Milano. I più bei nomi della musica italiana frequentarono i giovedì della regina. Quanto alla pittura, Margherita continuò anche dopo il matrimonio a prendere lezioni. Artisti da lei molto amati e che frequentava abitualmente erano Giacomo Favretto e Michele Gordigiani ma la Regina tenne contatti con tutto l’ambiente artistico italiano, acquisendo man mano conoscenze e sensibilità via via maggiori. E’ lei che intensifica l’acquisto della casa reale di opere d’arte, presenzia alle esposizioni con competenza mista ad una intelligente umiltà e si conquista la stima e l’affetto di molti artisti. Attraverso gli acquisti attua una concreta politica di sostegno alle arti e agli artisti con un’intelligente operazione di promozione. In questa strategia valorizzazione della produzione artistica nazionale, rientra anche l’inaugurazione dell’Esposizione Italiana di Belle arti a Londra, il 12 maggio 1888, che coincide con l’anniversario del ventesimo anno di matrimonio dei reali. Ma è con la nascita della Biennale di Venezia che Margherita ottiene l’omaggio più gradito. Una delibera comunale dell’aprile 1893 propone di istituire “una Esposizione biennale artistica nazionale a ricordo delle Nozze d’argento delle Ll.mm. Umberto e Margherita”. Due anni dopo, il 30 aprile 1895, i reali inaugurano la prima “Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia” decretandone con la loro presenza il successo di pubblico che la portò a contare più di 200.000 visitatori. Margherita era già abituale frequentatrice delle varie esposizioni veneziane e amava Venezia incondizionatamente, tanto da scrivere nel 1882: “Sono più che mai immersa nell’incantesimo di Venezia: vorrei poterla dipingere nel fondo della mente per ritrovarla e nascondermici dentro”. Alcune delle opere esposte danno il segno per l’appunto della sensibilità e della “politica” della sovrana. “Avanzi di valanga” del biellese Lorenzo Delleani, per esempio, venne acquistato personalmente da Margherita alla Iv Biennale di Venezia, l’anno dopo la morte di Umberto. Nel 1897 era stata accolta la proposta del principe Giovannelli di istituire in Venezia una Galleria d’Arte Moderna – la futura Ca’pesaro – e di promuoverne l’incremento con acquisti effettuati durante le Biennali. Nel 1899 Umberto, di certo assistito da Margherita, contribuì notevolmente al primo nucleo della novella Galleria, acquistando ben sei opere. Rimasta sola, durante le Biennali successive, Margherita non fu da meno e tra i vari acquisti che effettua allo scopo, vi è anche - esposto in mostra - La morte del pulcino di Luigi Nono, (prestato appunto per l’occasione dalla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro). Ma non esita neppure a comprare opere per stessa, come nel caso appunto della tela di Delleani raffigurante il paesaggio valdostano da lei tanto amato, quelle montagne intorno al castello di Gressoney che era la residenza prediletta. Edificata però Villa Regina Margherita a Bordighera la regina madre volle portare con sé il dipinto collocato allora nella grande sala di ritrovo al piano terreno, come mostrano le foto d’epoca . E ancora, Giacomo Balla, con una replica di Affetti: una delle opere più seducenti del primo futurismo balliano, che la Regina aveva ammirato come trittico alla mostra degli Amatori e Cultori di Roma nel 1910 e di cui restò affascinata. Non essendo riuscita a convincere l’artista alla vendita dovette però accontentarsi di commissionare a Balla una replica del pannello centrale, visibile in questa occasione. Sempre alla medesima esposizione, due anni dopo, la regina volle comprare Visite in Giardino di Pompeo Mariani, mentre Notte a Verona di Bartolomeo Bezzi, conservato al Mart di Rovereto, era esposto assieme ad altre otto tele nella sala dedicata al pittore trentino alla Biennale di Venezia del 1914. Venne acquista ufficialmente da Vittorio Emnuele Iii, il figlio di Margherita divenuto re alla morte di Umberto, ma presto l’opera fu trasferita nelle residenza rivierasca della madre, a Villa Regina Margherita, a riprova che anche in questo caso a spingere per l’acquisto era stata l’illuminata sovrana  
   
 

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