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Notiziario Marketpress di Giovedì 14 Dicembre 2006
 
   
  PRICEWATERHOUSECOOPERS: LA CAPACITÀ DI COMPETERE DELL´ITALIA È LIMITATA SOLO AD ALCUNI SETTORI, IL TURISMO, I BENI DI LUSSO, IL DESIGN, IL MERCHANDISING ARTISTICO, E AD ALCUNI SERVIZI (ALBERGHI, RISTORAZIONE, VIAGGI, ECC...).

 
   
  Milano, 14 dicembre 2006 - La capacità di competere dell´Italia a livello internazionale è limitata a pochi settori ed a poche specializzazioni: è quanto emerge dalla presentazione della prima edizione dello Studio "Le leve competitive dello sviluppo nazionale: su quali settori puntare?" di Pricewaterhousecoopers Advisory. Dall´analisi, che confronta la situazione dei sistemi finanziari ed industriali italiani in rapporto al resto dell´Europa e che prende come riferimento le prime 100 Imprese e le prime 50 Banche europee per capitalizzazione, risulta che l´Italia può sviluppare un vantaggio competitivo nazionale sostenibile solo in alcuni settori quali design, moda e beni di lusso, e anche se non ancora a sufficienza, il patrimonio turistico e culturale. La competizione non può avvenire in tutti i settori, ma è necessario indirizzare le risorse istituzionali e finanziarie del Paese, pubbliche e private, in modo da rivalutare i "Core asset", cioè il patrimonio imprenditoriale, artistico, culturale, naturalistico, storico. Il punto di partenza, come emerge dallo Studio, è costituito da pochi ma prioritari settori: quello del turismo, alcuni settori commerciali come i beni di lusso, del design, del merchandising artistico, ed alcuni servizi (alberghi, ristorazione, viaggi ecc. ). Investendo su questi, è possibile dare avvio ad un processo virtuoso che coinvolgerebbe, con ricadute positive, tutta una serie di settori sinergici quali agricoltura, infrastrutture, artigianato, industria e altri servizi. Lo sviluppo di questi settori è possibile attraverso l´utilizzo di conoscenze e risorse già disponibili, ma che non sono attualmente sufficienti. Leve idonee devono essere sviluppate, investendo sulle risorse, per lo più umane, incentivando la domanda, puntando sulle sinergie con settori correlati e la costruzione di distretti e filiere ad hoc, sfruttando partnership pubblico-private e mettendo in atto politiche regolamentari adeguate. Per ciò che concerne il tessuto industriale, nella classifica presentata ne "Le leve competitive dello sviluppo nazionale: su quali settori puntare?", l´Italia è superata dalla Gran Bretagna, dalla Francia, dalla Svizzera e dalla Germania, Paesi che sono stati in grado di sviluppare aziende nazionali più che rappresentative delle realtà economico-industriali soggiacenti. Focalizzando l´analisi al sistema bancario e prendendo come campione il valore della capitalizzazione di borsa dei principali 20 operatori europei del settore emerge che solo 2 di questi sono italiani (Uci-hvb e Intesa) per una capitalizzazione complessiva di appena 1´8% del campione contro 5 inglesi (Hsbc, Rbos, Barclays, Hbos e Lloyds/tsb, pari al 29% del campione), 3 francesi Bnp, Socgen e Credit Agricole, 15% di capitalizzazione), 2 svizzeri (Ubs e Credit Suisse, 15% della capitalizzazione), e 2 spagnoli (Bsch e Bbva, 11% di capitalizzazione). Alcuni paesi quali Gran Bretagna, Svizzera e Olanda sono stati in grado di sviluppare campioni nazionali nell´ambito del sistema bancario in maniera più che rappresentativa delle realtà economico-industriali di riferimento ed altri quali l´Italia non hanno sviluppato campioni nazionali sufficientemente rappresentativi delle realtà economiche presenti nei paesi stessi. L´unico paese europeo dietro di noi è la Germania con appena un Gruppo Bancario (Deutsche Bank) che rappresenta il 4% delle capitalizzazione del campione. "Le pressioni competitive sul sistema produttivo italiano - commenta Giacomo Neri, Global Managing Partner Operations Consulting Pricewaterhosecoopers Advisory - risultano evidenti anche analizzando il numero di operazioni di acquisizione di aziende straniere da parte di aziende italiane nel 2005 che è pari a 60 (30 nel 2004), di molto inferiore rispetto alle acquisizioni di aziende italiane da parte di aziende straniere che è stato pari nel 2005 a più di 90 (circa 90 anche nel 2004). " "Non possiamo che augurarci - conclude Neri - un rapido consolidamento domestico che permetta al nostro sistema paese di combattere con pari energie una guerra competitiva che si volge, ormai, in prima istanza su scala continentale e in generale, comunque, su scala globale. " .  
   
 

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