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Notiziario Marketpress di
Martedì 19 Dicembre 2006 |
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DIPENDENZE PATOLOGICHE: LE RISPOSTE DELLA REGIONE PIEMONTE
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Torino, 19 dicembre 2006 - L ’assessore regionale alla tutela della salute e sanità,Mario Valpreda, il 14 dicembre ha partecipato al convegno «Evoluzione del fenomeno droga: la risposta delle istituzioni», organizzato dalla Prefettura di Torino presso la Scuola di applicazione militare. Un’occasione per fare il punto sul fenomeno delle dipendenze in Piemonte, osservato dal punto di vista dei servizi sanitari, e sulle strategie che la Regione sta mettendo in campo per arginarlo. «In Piemonte, nel 2005 - ha spiegato Valpreda - sono stati quasi 19 mila gli utenti presi in carico dai Sert, di cui 13. 000 per droghe, 4. 700 per alcol e più di mille per altri tipi di dipendenza. La media è di 2000 nuovi utenti ogni anno, tasso superiore alla media italiana, con un rapporto tra maschi e femmine che è di 5 a 1. Il profilo delle sostanze per le quali le persone si rivolgono ai servizi sta gradualmente cambiando, con una diminuzione relativa del ruolo dell’eroina, che comunque continua a rappresentare il problema principale nell’80 per cento degli utenti dei Sert, mentre sono in aumento quelli per uso di cocaina, cannabinoidi o altre sostanze». Da non sottovalutare, però, secondo Valpreda, altri tipi di dipendenza: «Particolarmente grave, ad esempio, è l’impatto sulla salute dell’abuso di alcool, che si stima abbia prodotto in Piemonte, nel triennio 1998-2000, mille e cinquecento decessi l’anno, pari al 3% della mortalità generale. Negli ultimi anni, inoltre, è venuto crescendo l’allarme per le dipendenze patologiche causate da comportamenti, in primo luogo il gioco d’azzardo, fortemente insidiose, perché spesso le persone non percepiscono di avere un problema di salute e quindi non si rivolgono ai servizi». Per quanto riguarda l’intervento della Regione, Valpreda ha sottolineato come i cardini dell’azione intrapresa dall’Assessorato siano riconducibili a due principi fondamentali: non escludere nessuno dalle terapie sulla base della minore o maggiore motivazione a cessare il proprio comportamento additivo e intraprendere iniziative che poggino su criteri di evidenza scientifica ed efficacia. “Per lungo tempo - ha chiarito l’assessore - l’unico approccio legittimato è stato quello finalizzato a rimuovere totalmente la dipendenza. Nel corso degli anni, però, è emerso come questo risultato sia conseguibile solo in una parte di soggetti, anche sulla base delle caratteristiche individuali di ciascuno di essi. In molti casi, quindi, gli obiettivi da porsi sono diversi da quelli dei trattamenti drug-free e vanno dalla riduzione della mortalità e delle patologie associate, all’incremento delle abilità e dell’inclusione sociale» Valpreda, infine, si è soffermato sul problema dei giovani: «Lo studio Hbsc (Health Behaviours in School-aged Children) ha messo in luce come in Piemonte, nel 2004, il 33% dei quindicenni maschi e il 28% delle femmine abbia dichiarato di aver fatto uso di cannabis almeno una volta nella vita ed il 10% e 5%, rispettivamente, di averlo fatto più di 40 volte. L’8% dei maschi e il 4% delle femmine, inoltre, ha assunto almeno una volta nella vita una sostanza tra ecstasy, amfetamine, oppiacei, cocaina, solventi, Lsd. I giovani oggi usano le droghe come strumenti per rincorrere in maniera convulsa la soddisfazione al piacere, riducendo sempre di più il tempo del desiderio, mettendosi in gioco in una dinamica sempre più estremizzata, tipica del “tutto o nulla”, senza distinguere tra rischio e pericolo. Purtroppo i mass media hanno spesso un ruolo determinante nell’alimentare questo tipo di cultura, dove il valore dell’uomo è sempre più legato alla sua capacità di consumare. Tanto che sono numerosi i ragazzi che usano, contemporaneamente, droghe diverse. Di fronte a un simile quadro, le istituzioni, tutte insieme, devono lavorare soprattutto sulla prevenzione. La scuola resta uno degli ambiti privilegiati di intervento, dove incentivare i giovani a essere attivi e responsabili, non solo verso se stessi, ma anche verso i propri coetanei. Ed ancora, dobbiamo gradualmente potenziare e rimodulare i servizi in rapporto a uno scenario che muta continuamente. Infine, occorre rafforzare gli interventi definiti a “bassa soglia” e di “riduzione del danno”, che permettono di lavorare sul territorio e di intercettare tante persone con problemi di dipendenza, che altrimenti non si rivolgerebbe mai al sistema sanitario». . |
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