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Notiziario Marketpress di
Martedì 19 Dicembre 2006 |
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CSO, LE NUOVE TENDENZE DELL’ORTOFRUTTA IN EMILIA ROMAGNA
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Conta 49 soci che esprimono un fatturato di oltre 1,2 miliardi di euro La superficie della base sociale del Centro Servizi Ortofrutticoli rappresenta circa il 47% dell’ortofrutticoltura regionale Nell’ultimo quinquennio, in Emilia Romagna la superficie coltivata a frutteto è diminuita dell’11%, passando da 82. 200 a 73. 600 ettari (fonte Istat). Tra le specie più importanti e diffuse, soltanto il kiwi ha fatto registrare un incremento, con 500 nuovi ettari investiti (+15%), concentrati prevalentemente in provincia di Ravenna, un’area che nei prossimi anni assumerà un ruolo sempre più trainante nella frutticoltura regionale. Questo quadro del settore è stato delineato, nel corso di una conferenza stampa svoltasi a Bologna, da Valtiero Mazzotti, direttore del Centro Servizi Ortofrutticoli (Cso) di Ferrara, l’organismo fondato nel 1998, con il contributo della Regione Emilia Romagna, per sviluppare sinergie tra gli operatori atte ad aumentare la competitività del settore. Oggi il Cso (che comprende tre divisioni: statistica e osservatorio di mercato, valorizzazione, osservatorio legislativo) conta 49 soci che esprimono un fatturato complessivo di oltre 1,2 miliardi di euro; ben l’87% di questo fatturato è rappresentato dalla compagine emiliano-romagnola dell’ente, mentre il restante 13% è attribuibile ai soci operanti nelle altre regioni del paese. “In Emilia Romagna – ha dichiarato Mazzotti – la base sociale del Cso rappresenta circa il 47% dell’ortofrutticoltura regionale globalmente stimata dall’Istat, con un’incidenza particolarmente rilevante per il kiwi (circa 3. 000 ettari, pari all’86% del totale), per le pesche e nettarine (13. 800 ettari, pari al 50%) e per le pere (12. 400 ettari, pari al 47%). Ogni anno, il Cso nell’ambito di un progetto svolto in collaborazione con la Regione Emilia Romagna Assessorato Agricoltura, elabora una stima per valutare la produzione attesa a tre anni. “Tenendo conto della progressiva entrata in produzione degli impianti oggi in allevamento e di un coefficiente medio di abbattimento di ciascuna specie – ha affermato Mazzotti – tra l’inizio del 2006 e l’inizio del 2009 si ottengono risultati abbastanza interessanti. Aumenteranno in misura significativa le produzioni a kiwi (+15%), susino (+10%) e albicocco (+6%). Seppur di poco (+1%) cresceranno anche le nettarine, mentre pere e percoche diminuiranno probabilmente del 6%. La maggior contrazione di impianti interesserà le pesche comuni, la cui flessione è stimata all’11%. Nella prospettiva a tre anni, quindi, nell’ambito delle diverse specie coltivate dalla base sociale del Centro Servizi Ortofrutticoli di Ferrara, si registrerà un rafforzamento del kiwi che passa dall’attuale 8% al 9% del totale delle superfici in produzione, mentre il peso relativo delle altre specie rimarrà simile a quello del 2006. “Alla luce di questi dati – ha concluso Mazzotti – si può sottolineare che le difficoltà commerciali registrate negli ultimi anni hanno penalizzato maggiormente le produzioni a pesco e nettarine e tra queste quelle precoci. La base sociale del Cso si è gradualmente spostata su specie e varietà più tardive che grazie alla produttività permettono di salvaguardare maggiormente il reddito, e su specie invernali in cui il vantaggio gestionale insito nei sistemi organizzati ha permesso di cogliere i migliori momenti di mercato”. “Grazie alla sua ampia e qualificata rappresentanza – ha affermato il presidente Paolo Bruni – il Cso costituisce un importante ‘Tavolo’ per l’ortofrutta dell’Emilia Romagna. Uno strumento dal quale, come nel caso delle recenti crisi di mercato che hanno interessato la frutta estiva nel 2004 e nel 2005, è arrivato un significativo contributo a supporto della conoscenza dei fenomeni e della soluzione dei problemi”. “Le difficoltà del nostro sistema ortofrutticolo – ha proseguito Bruni – non derivano solo da cause congiunturali, ma sono legate anche a problemi strutturali, ormai noti, come la contrazione dei consumi, l’aumento dell’offerta, la globalizzazione dei mercati e la crescente concorrenza che deriva dai mercati emergenti”. “Per affrontare i nuovi scenari – ha affermato il presidente del Cso – la riforma dell’Organizzazione Comune di Mercato Ortofrutta, che vede nelle imprese di produzione e commercializzazione il perno del sistema, rappresenta una straordinaria occasione per correggerne il tiro e facilitare l’aggregazione. Innanzitutto il progetto Ocm va completato con nuovi strumenti di gestione delle crisi. Quelli attuali sono ormai superati a seguito degli impegni assunti a livello internazionale nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (barriere tariffarie) e per l’impatto negativo che hanno sul contribuente europeo (ritiri). “Accanto all’azione di sollecitazione delle istituzioni per migliorare l’Ocm – ha proseguito Bruni – le imprese e le organizzazioni del settore devono però anche attuare adeguate scelte strategiche di tipo economico, finanziario, organizzativo e gestionale. L’obiettivo è uno solo: aumentare la competitività per migliorare la redditività delle produzioni”. La competitività passa anche attraverso un maggiore e migliore livello di aggregazione dell’offerta. “Un tema, quest’ultimo - ha sottolineato il presidente - che ci auguriamo possa essere stimolato e favorito aumentando l’aiuto comunitario dal 4,1% al 6% ed incrementando il finanziamento in caso di importanti obiettivi di concentrazione come le Aop nazionali e transnazionali o le fusioni tra Op”. Secondo il consigliere delegato del Cso Renzo Piraccini, di fronte all’attuale scenario, caratterizzato da un costante aumento della concorrenza e da una crescente concentrazione del sistema distributivo, la realizzazione di strumenti di aggregazione in grado di coordinare gli interventi a livello territoriale, sia in chiave di programmazione della produzione che di commercializzazione, può consentire di rispondere alle nuove esigenze dei consumatori e di vincere le sfide del mercato globale”. “Per poter ottenere i migliori risultati dalla commercializzazione della frutta prodotta dai nostri soci – ha ricordato poi Piraccini – è necessario anche spingere sempre più sull’internazionalizzazione, conquistando nuovi mercati, europei, ma soprattutto extra europei. A tale proposito, appare indispensabile superare le barriere sanitarie e fitosanitarie che ostacolano le nostre esportazioni in paesi quali Cina, Corea, Giappone e Messico. Puntare su una nuova ed efficiente organizzazione come sistema paese e come Unione Europea. Non comprendiamo come l’Unione Europea possa negoziare l’apertura dei nostri mercati e allo stesso tempo i singoli stati membri si debbano occupare, da soli, della rimozione degli ostacoli posti dai paesi terzi alle nostre esportazioni”. Occorre, tra l’altro, armonizzare, anche dentro gli stessi confini europei, i livelli massimi ammessi degli agrofarmaci sui prodotti ortofrutticoli immessi in commercio. Per evitare ostacoli al commercio e le strumentalizzazioni di associazioni che promuovono campagne scandalistiche, fin dal 2001 il Cso si è sobbarcato l’onere di una preziosa opera di armonizzazione per allineare i livelli massimi di residuo ammessi all’interno della Ue e in particolare sul nostro principale mercato di sbocco che è quello tedesco. Questa opera che va a vantaggio dell’intero mondo ortofrutticolo, non solo dei soci, va completata in modo organico e definitivo per cui chiediamo la completa attuazione del regolamento n. 396/2005 attraverso la definizione degli allegati mancanti. “Gli aspetti legati alla sicurezza alimentare rientrano ormai tra quelli che possiamo considerare prerequisiti del prodotto, quello su cui ci dobbiamo impegnare – ha concluso Piraccini – è la ricerca di una rinnovata competitività. Ogni azienda dovrà necessariamente ridurre i costi investendo in tutte le soluzioni tecnologiche maggiormente all’avanguardia e ricercando le idonee economie di scala in relazione ai prodotti che commercializza. La segmentazione e la differenziazione sono gli altri elementi chiave per competere. Nel nostro settore essi passano soprattutto attraverso un adeguato rinnovo varietale e sulla possibilità che si avrà di gestirlo in esclusiva attuando una idonea politica di marca”. Concludendo i lavori, l’assessore regionale all’Agricoltura, Tiberio Rabboni, ha evidenziato che, con un incidenza del 30% sulla Plv (produzione lorda vendibile), il settore ortofrutticolo rappresenta uno dei cardini dell’agricoltura regionale. Allo stesso tempo è uno dei comparti che per primo ha accettato la sfida del mercato. Competitività è anche una delle parole chiave del nuovo Piano di Sviluppo Rurale, che insieme alla riforma dell’Ocm Ortofrutta, rappresentano le due nuove opportunità per sostenere il settore ed affrontare le sfide future dei mercati. I dati presentati dal Cso sono la dimostrazione che alle crisi si sta reagendo con un certo dinamismo negli investimenti colturali. “La Regione – ha dichiarato infine Rabboni – supportando il Cso ha inteso dare continuità di azione ad aree di servizio informative e di marketing che sono andate maturando in esperienze sempre più complesse. Mi riferisco allo sviluppo delle politiche di marca consortile portate avanti dai due consorzi Igp della Pera dell’Emilia Romagna e della Pesca e Nettarina di Romagna e, a livello internazionale, alle relazioni con altri enti simili a Cso e alle relazioni con l’Unione Europea realizzate insieme all’Areflh (associazione delle regioni ortofrutticole europee). . |
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