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Notiziario Marketpress di
Martedì 17 Giugno 2003 |
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IL FUTURO DEL GIORNALISMO: TECNOLOGIA E CULTURA
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Milano, 17 giugno 2003 - Nuove tecnologie e nuove professionalità, processi di ristrutturazione del comparto editoriale e riqualificazione dei giornalisti. Questi i temi portanti del convegno su "Comunicazione e Giornalismo" svoltosi a Roma nella sede del Cnel (Consiglio nazionale dell´economia e del lavoro), organizzato da Enn Dimensione Lavoro e Abm Network e patrocinato dall´Ordine dei giornalisti, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Cnel e dalla Regione Lazio. Nella relazione d´apertura il prof. Mario Morcellini, presidente del coordinamento nazionale dei corsi di laurea in Scienze della Comunicazione, si è soffermato sui consumi culturali degli italiani. Secondo dati Istat, per il periodo 1995-2000, si registra un calo di lettori per i quotidiani (preferiti dagli uomini) e un saldo positivo per i settimanali (preferiti dalle donne); tra i quotidiani "tirano" quelli sportivi, economici e di informazione locale; la lettura dei quotidiani è più diffusa al nord e al centro e meno nel Mezzogiorno. A fronte di questi dati bisogna però rilevare che alcune iniziative editoriali, come quella di vendere libri insieme al quotidiano hanno riscosso una buona accoglienza tra i lettori senza che ciò andasse a discapito delle librerie. Secondo la Fieg (Fed. Italiana editori di giornali) la complessa e problematica situazione dei giornali è dovuta sia a fattori di ordine congiunturale, sia a nodi strutturali come l´attuale assetto pubblicitario; gli eccessivi vincoli delle strutture distributive; il funzionamento dei servizi pubblici fondamentali quali poste e trasporti. Per Alberto Rigotti, presidente del Network Abm "occorrerebbe istituire un Fondo pubblico-privato per le nuove iniziative editoriali e di comunicazione. Un Fondo che da una parte garantisca la pluralità dell´informazione e dall´altra assicuri nuovi livelli occupazionali, sostenendo le iniziative in difficoltà, predisponendo prodotti competitivi e con una costante attenzione alle micro iniziative e piccole realtà". Accanto alla crisi dell´industria e del mercato editoriale, si colloca la difficile fase attraversata dalla categoria giornalistica. "Negli ultimi dieci anni si è assistito ad un profondo cambiamento della professione. Voler fare il giornalista o l´inviato speciale non è più il sogno di un giovane con alle spalle studi umanistici. Sorprendentemente anche tra gli studenti di Scienze della Comunicazione solo il 9% aspirerebbe a fare il giornalista: in gran parte vorrebbero occuparsi di comunicazione in senso lato o lavorare negli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni" ha sottolineato Enzo Cirillo, inviato speciale di La Repubblica. Secondo dati incrociati Fieg-fnsi-inpgi alla data dello scorso 31 dicembre, a fronte di circa 100 mila operatori della comunicazione in senso lato, sono 14.500 i giornalisti ´professionisti´ a contratto pieno, mentre dei 48 mila ´pubblicisti´ solo 8 mila di loro hanno contratti di collaborazione varia e versano contributi sulla Gestione Separata (Inpgi2): i restanti non hanno posizione contributiva. Tra i 30 e i 40 mila, inoltre, sono stimati i collaboratori e informatori senza titolo professionale che non godono di nessun tipo di contratto o tutela previdenziale e sindacale. "Una situazione preoccupante ? secondo il direttore generale dell´Inpgi, Arsenio Tortora ? che deve essere necessariamente corretta". A quanto sopra va aggiunto che secondo rilevazioni Fieg-fnsi sarebbero circa 2000 i disoccupati e che da diversi anni l´80% delle testate giornalistiche (135 quotidiani e 70 agenzie di informazione) non creano nuova occupazione. Quale futuro allora per questo "mestieraccio", come lo definiscono alcuni del settore? Secondo Piero Capodieci, presidente di Comieco (Consorzio per il riciclo degli imballaggi), "nuove opportunità per i comunicatori potrebbero venire da quelle imprese che negli ultimi anni operano nel settore ambientale e del riciclo dei materiali. Tutte imprese che hanno necessità di farsi conoscere e comunicare all´esterno i loro risultati". Per Bruno Tabacci, presidente della Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati, le prospettive occupazionali sono legate anche alla crescita della comunicazione nel sistema produttivo del Paese e ai grandi progetti di trasformazione legati alle telecomunicazioni, ai beni culturali e al turismo. Il sottosegretario per la Funzione Pubblica, Learco Saporito, si è invece lungamente soffermato sulla fase attuativa della legge 150/2000 (uffici stampa negli enti pubblici) e sulla formazione del personale addetto alla comunicazione pubblica.Il ministro delle Comunicazioni, Murizio Gasparri, da canto suo ha constatato come "l´accesso alla professione non avviene solamente più in maniera "classica" attraverso la gavetta nelle redazioni. Si deve tener conto anche della possibilità offerta dai corsi di laurea. In più tra breve gli spazi per l´informazione si centuplicheranno grazie alla rivoluzione del sistema radiotelevisivo e del satellitare. Ci sarà un continuo bisogno di professionalità". Da segnalare, in conclusione di convegno, l´interessante botta e riposta tra il commentatore Cesare Lanza e Lorenzo Del Boca, presidente dell´Ordine nazionale dei giornalisti. Per il primo ben vengano i giornalisti freelance che hanno meno vincoli editoriali e maggiore libertà d´azione rispetto ai colleghi con esclusività di rapporto. Per il secondo invece occorrerebbe governare le leggi di mercato che disciplinano la galassia editoriale, contrastando il precariato (falsi freelance) e garantendo al contempo la professionalità ai giornalisti che svolgono l´importante opera di "mediazione giornalistica della realtà". Peccato che non siano state approfondite la questione della riforma dell´accesso alla professione e la crisi degli investimenti pubblicitari, che alla fine, lo si voglia ammettere o meno, determinano la sopravvivenza di un quotidiano, di un periodico o di una Tv. |
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