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Notiziario Marketpress di Venerdì 20 Giugno 2003
 
   
  ITALIAN PRIVATE LABEL - 1° ITALIAN FOOD CONVENTION RINTRACCIABILITA´ E TRACCIABILITA´ DEI PRODOTTI AGRO-ALIMENTARE

 
   
  Bologna, 20 giugno 2003 - E´ all´interno della tavola di discussione "La tracciabilità, qualità e certificazione tra tipicità e private label" in programma a Italian Private Label presso il centro espositivo Tiapoint che si è voluto tirare le somme del primo anno di vita della tanto discussa legge regionale 33/2002. Attorno allo stesso tavolo, quindi, si sono seduti i protagonisti che hanno creato, sostenuto e sviluppato il disegno della tracciabilità della filiera dei prodotti agricoli e alimentari. Il dott. Giuseppe Todeschini dell´ufficio del Sevizio Valorizzazione delle Produzioni e dell´Area Agroalimentare della Regione Emilia Romagna ha sottolineato il forte interesse e impegno dell´Assessorato all´Agricoltura nell´obiettivo di valorizzare le produzioni tipiche e di qualità della regione stessa (Qualità controllata, Dop-igp e prodotti da agricoltura biologica). Tali produzioni vista l´esistenza di sistemi di controllo lungo tutta la filiera sono in grado di garantire un buon livello di sicurezza del prodotto e rintracciabilità correlata ad elementi valorizzanti. Rispondendo a sollecitazioni del pubblico circa la necessità di valorizzazione delle produzioni italiane e regionali (es. Marchio regionale toscano), il dott. Todeschini precisa che i disciplinari delle produzioni integrate (Qualità Controllata in Emilia Romagna) e le norme di produzione biologica (Regime di Controllo Cee 2092/91) sono trasversali e quindi utili a valorizzare metodi di produzione ecocompatibili, senza alcun vincolo di provenienza. Gli strumenti di valorizzazione e tutela della provenienza e origine, offerti dal settore pubblico in particolare, non possono che essere correlati all´applicazione delle norme Ue per le produzioni tipiche (es. Reg. Cee 2080/92 per le Dop e Igp). Al fine di incentivare la crescita generale del settore agroalimentare, in particolare per quanto attiene: le garanzie di sicurezza, l´origine e la qualità dei prodotti, oltre ad una più chiara informazione al consumatore; la Regione Emilia Romagna ha emanato, a seguito di modifica della L.r. 33/97 ha previsto misure di sostegno ed incentivo per lo sviluppo di sistemi di rintraccialità nel settore agricolo ed agroalimentare. Circa la rintracciabilità è opportuno, inoltre, fare un netto distinguo tra la tracciabilità intesa come futuro obbligo di legge che può essere correlata esclusivamente agli aspetti di sicurezza igienico sanitaria, e la rintracciabilità oggetto di certificazione ai sensi delle norme Uni, dove è necessario correlare caratteristiche valorizzanti del prodotto. La dott.Ssa Luisa Ceriani Responsabile Qualità Marche Proprie Filiere Freschi Cerrefour, ha illustrato il significativo impegno del gruppo nel rispondere alle esigenze del consumatore circa la sicurezza e qualità del prodotto. In particolare Carrefour ha risposto a queste esigenze investendo in modo significativo sui prodotti a marchio Filiera Qualità, Terre d´Italia e Scelgo Bio. I prodotti a marchio "Filierà Qualità" garantiscono puntano a garantire un alto livello di qualità del prodotto (in diversi casi si tratta di prodotti Dop - Igp o, comunque, correlati ad una specifica origine), produzione integrate e comunque ecocompatibili, la rintracciabilità del prodotto. Il progetto viene portato aventi senza richiedere al fornitore alcuna certificazione, puntando quindi al massimo coinvolgimento dello stesso nel progetto e alla condivisione delle regole di produzione, in una logica di rapporto fiduciario ed etico con il fornitore. Il dott. Vito Russo, Responsabile Assicurazione Qualità di Bioagricert (ente di controllo e certificazione operante nel settore delle produzioni biologiche e Qc), descrive le regole base di funzionamento di un sistema di certificazione di prodotto/processo, normalmente adottate dagli enti di certificazione di parte terza. Sottolinea gli obblighi di competenza e indipendenza nelle valutazioni imposti a tali dall´accreditamento alle norme Uni En 45011:99 e dalle procedure di riconoscimento ministeriale per quanto attiene i sistemi regolamentati (Agricoltura Biologica, e Dop - Igp). Si parte dalla norma tecnica (disciplinari volontari nel caso delle produzioni integrate o vere e proprie leggi nel caso del biologico e delle produzioni tipiche) che stabilisce i vincoli e le regole del processo produttivo, oltre alle "specifiche" (caratteristiche misurabili) del prodotto che si ottiene. L´ente di certificazione interviene con il proprio personale e laboratori esterni qualificati, in una fase iniziale, ai fini della valutazione di conformità e rilascio della certificazione e successivamente garantendone la sorveglianza. L´attività di tali enti è sottoposta alla verifica e sorveglianza dei comitati di certificazione nei quali è prevista obbligatoriamente la partecipazione di tutte la parti interessate alla certificazione, incluse la associazioni di consumatori. Tutte figure indipendenti senza alcun vincolo di dipendenza e condizionamento nei confronti dell´ente. Nell´ambito dell´attività di certificazione delle produzioni biologiche, Bioagricert ha attivato un apposito sito www.Trasparente-check.com, nel quale sono pubblicati dati che permettono, sia agli altri operatori del marcato che ai consumatori, la verifica della effettiva e corretta certificazione degli operatori controllati e delle relative produzioni. Il dott. Alessandro Pulga, Direttore Tecnico dell´Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale (Icea) nel descrivere brevemente la storia e la mission dell´Istituto, consorzio fondato da l´Associazione Italiana per l´Agricoltura Biologica (Aiab), Banca Popolare Etica, Anab (Associazione Nazionale Architettura Bio Ecologica), Demeter (Associazione per la tutela della qualità biodinamica in Italia) e Acu (Associazione Consumatori Utenti), evidenzia tre importanti aspetti di novità. 1. La diretta partecipazione alla proprietà dell´ente di certificazione di un´associazione di consumatori come importante risposta ad una certa sfiducia del mercato e dei consumatori nei confronti dei sistemi di certificazione che sono finanziati dagli stessi operatori controllati. 2. L´obiettivo di offrire servizi di certificazione qualificati per tutti i settori a fote vocazione etica e ambientale e, quindi, oltre alla certificazione regolamentata per le produzioni agricole biologiche, Dop, Igp) ha esteso la sua attività nel settore no food (bioagriturismi, tessile biologico, cosmesi bio ecologica, ecc.) e sta progettando l´attivazione di servizi di certificazione nei settori: detergenza casa, bioarchitettura forestazione e mobile bio ecologico. 3. La partnership con il Csqa di Tiene con l´obbiettivo di integrare questi schemi di certificazione "non convenzionali" con altre certificazione gestionali e di prodotto richieste dal mercato (Iso 14000, Emas, Brc British Retail Consortium, ecc.). Il dott. Alessandro Pulga ritiene sia da riconoscere alla Gdo un importante ruolo nella diffusione e allargamento del mercato dei prodotti tipici e biologici, anche se la Gdo italiana, in particolare nel biologico, si è attivata con un notevole ritardo rispetto agli altri Paesi europei, dove questi prodotti oggi possono vantare un livello di penetrazione molto più alto (es. Svizzera, Germania, Svezia Inghilterra). In Italia si è passati da una fase di sostanziale sfiducia nei confronti di questi prodotti (che venivano visti in concorrenza con i prodotti di alta gamma private label: es. "prodotti con amore", ecc.) alla piena adesione da parte di alcuni gruppi come Coop Italia e Esselunga che, oggi, ne fanno il prodotto di punta. Sicuramente agli effetti positivi è necessario controbilanciare alcuni compromessi imposti da questo tuipo di mercato alle produzioni tipiche e anche biologiche: la rinuncia al rispetto dei principi di consumo stagionale (nessuno prense in considerazione l´impatto energetico ed ecologico dei trasporti) l´eccessivo dispendio di imballaggio (questi prodotti, per diversi motivi, vengono sempre venduti in imballaggi sigillati); la perdita di visibilità dei produttori ancora più evidente che in latri settori, visto che normalmente si tratta di soggetti più piccoli e con basso potere contrattuale Positivo è, invece, l´impegno profuso da alcuni gruppi (sempre Coop Italia ed Esselunga in particolare) per quanto attiene i prodotti del commercio equo e salidale. Circa la problematica della rintracciabilità, sicuramente tutti, chi più chi meno, devono lavorarci partendo dal presupposto, però, di utilizzarla come strumenti di garanzia rispetto a caratteristiche valorizzanti del prodotto. Il frequente ricorrere del termine rintracciabilità, senza alcuna correlazione con vere e proprie specifiche di qualità (che possono essere diverse e coesistenti: provenienza, eco compatibilità, biologico, equo e solidale, ecc. Sempre nel rispetto delle diverse esigenze dei consumatori) può indurre il consumatore a identificare erroneamente nel termine "tracciabilità" il sinonimo di "qualità". E´ evidente che la rintracciabilità, magari certificata da un ente terzo, è fondamentale strumento per trovare il colpevole in caso di frodi e problemi igienico sanitari. E´ stata anche, purtroppo, un requisito per troppo tempo trascurato. Ma pensare che un prodotto sia di qualità semplicemente perché è sicuro è veramente un´ingiusta limitazione delle attese e diritti del consumatore. La Prof.ssa Elisabetta Maria Guerzoni, del Diproal Università di Bologna condivide l´approccio alla rintracciabilità come strumento di controllo e garanzia e non come valore a se stante. La rintracciabilità è uno strumento utile a: responsabilizzare il produttore circa la conformità di tutte le sue forniture ai requisiti di sicurezza e qualità fissati dalla normativa vigente; identificare le partite non conformi provvedendo, eventualmente al loro ritiro dal mercato Rintracciare le informazioni relative all´intera filiera produttiva è oneroso e costoso. Nel gestire la rintracciabilità è, quindi, necessario discriminare tra dati e informazioni utili o meno in relazioni alle criticità che caratterizzano il prodotto e gli obiettivi che si vogliono raggiungere. Si stà diffondendo, in particolare nel Nord Europa, un approccio alla rintracciabilità che punta ad un estremo livello di dettaglio sul paino microbiologico che punto ad identificare e rintracciare tutti i microrganismi, lieviti, ecc. Che vendono utilizzati nel processo produttivo. Secondo questa linea di pensiero, solo gli organismi che possono essere identificati e rintracciati possono essere utilizzati. E´ evidente che un approccio di questo tipo può risultare fortemente limitante per le produzioni tipiche locali e produzioni mediterranee in genere, dove l´azione di ceppi locali difficilmente identificabili e rintracciabili è, in realtà, elemento valorizzante e condizionante la tipicità e le peculiarità organolettiche del prodotto. Il rischio, quindi, è quello di usare criteri di estremo dettaglio in ambito microbiologico, trascurando altre informazioni che possono avere una maggiore influenza sulla sicurezza del prodotto come, ad esempio, il corretto ed effige funzionamento della catena del freddo. E´ necessario, quindi, il mondo produttivo ad un uso oculato e razionale dei concetti di rintracciabilità per evitare che, alla fine, diventi un sistema oneroso ingestibile al quale necessariamente rinunciare.  
   
 

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