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Notiziario Marketpress di Lunedì 15 Gennaio 2007
 
   
  CLINICA NEUROLOGICA II DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO – DIPARTIMENTO DI NEUROSCIENZE - OSPEDALE MOLINETTE, TORINO. SCOPERTO UN NUOVO GENE RESPONSABILE DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER

 
   
  Torino, 15 gennaio 2007 - A pochi giorni di distanza dalla scoperta delle cellule staminali nel liquido amniotico, che vede coinvolti ricercatori italiani, un’altra sensazionale scoperta pubblicata su Nature Genetics vede nuovamente in primo piano neuroscienziati italiani. Si tratta della scoperta di un nuovo gene coinvolto nella patogenesi della malattia di Alzheimer… Pubblicata sull’ultimo numero di Nature Genetics, una delle più prestigiose riviste scientifiche mondiale , la scoperta di un nuovo gene che svolge un ruolo di particolare importanza nella genesi della malattia di Alzheimer. Un gruppo di ricerca internazionale, coordinato da Peter St. George-hyslop dell’Università di Toronto, ha dimostrato che particolari varianti (polimorfismi) del gene che codifica per la sortilina 1 sono associate in modo significativo alla malattia di Alzheimer. All’interno di tale gruppo di ricerca un ruolo di rilievo è stato svolto da alcuni neuroscienziati italiani, in particolare dal Professor Lorenzo Pinessi, Ordinario di Neurologia ,Direttore Clinica Neurologica Ii Università di Torino, – Dipartimento di Neuroscienze – Ospedale Le Molinette di Torino , e dal professor Innocenzo Rainero, Associato di Neurologia, Coordinatore Centro Demenze della Clinica Neurologica Ii dell’Università di Torino – Dipartimento di Neuroscienze – Ospedale Molinette, Torino ,dal Professor Sandro Sorbi, Ordinario di Neurologia, Direttore della Clinica Neurologia dell’Università di Firenze, Ospedale Careggi – Firenze e dalla dottoressa Amalia Bruni, Direttore Centro Regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme. Tale collaborazione, attiva da numerosi anni, ha permesso, tramite lo studio di alcune famiglie italiane che presentavano una forma particolarmente grave di malattia di Alzheimer, l’isolamento dapprima dei geni della presenilina 1 e della presenilina 2, della nicastrina e, attualmente, di quello della sortilina1. “La malattia di Alzheimer” spiega il professor Lorenzo Pinessi , Ordinario di Neurologia Direttore Clinica Neurologica Ii Università di Torino, – Dipartimento di Neuroscienze – Ospedale Le Molinette di Torino , che colpisce in Italia circa 600. 000 persone e in modo conclamato circa il 5 % gli over 60, “è un processo degenerativo cerebrale che provoca un declino globale delle funzioni mnesiche ed intellettive associato ad un deterioramento della personalità e della vita di relazione. Progressivamente l´ammalato perde l´autonomia nell´esecuzione degli atti quotidiani della vita e diventa completamente dipendente dagli altri. Nell’arco di 8-10 anni il paziente decede . Il progressivo e costante aumento della popolazione in età senile sta rendendo questa malattia una vera e propria “epidemia silente”. I costi sociali ed economici della patologia sono drammatici. E’ stato calcolato che ogni paziente costa alla società, sia per spese mediche che assistenziali, circa 20. 000 euro all’anno all’inizio della malattia per arrivare a 45. 000 nelle fasi più avanzate. L’ Alzheimer è una patologia dovuta a più cause e multifattoriale . Fattori genetici e ambientali favoriscono la progressiva deposizione all’interno del cervello delle persone colpite di una particolare proteina, denominata beta-peptide, che esercita un effetto tossico sui neuroni favorendo la progressiva degenerazione del cervello. “Scoprire quindi le cause che favoriscono la produzione e la deposizione di questa proteina all’interno del cervello, “ afferma il Professor Sorbi della Clinica Neurologica di Firenze, “ costituisce, un fondamentale obiettivo della comunità scientifica internazionale”. “Diversi geni”, continua il professor Pinessi ,” influenzano in modo drammatico il metabolismo del beta-peptide. Questo deriva da un’altra proteina più lunga, la Amyloid Precursor Protein (App), che può essere “tagliata” in diversi frammenti proteici. Alcuni di questi frammenti svolgono un effetto protettivo sui neuroni, altri – come il beta-peptide 1-40 ed 1-42 – sono particolarmente tossici e si accumulano all’interno del cervello dei pazienti Alzheimer nelle cosiddette “placche senili”. La presenilina 1 e la presenilina 2 precedentemente isolate dal gruppo di ricerca internazionale nel 1995 sono costituenti delle gamma-secretasi, enzimi che favoriscono la produzione di frammenti amiloidogenetici. La sortilina-1, invece regola la distribuzione della App all’interno dei neuroni. “Le sue varianti geniche (polimorfismi)”, spiega la dr. Ssa Ekaterina Rogaeva del Centre for Research in Neurodegenerative Diseases (Crnd) dell’Università di Toronto e primo autore dello studio, “ pertanto possono essere la causa di disregolazione del metabolismo della proteina da cui deriva il beta-peptide. “Per approfondire il ruolo della sortilina-1 nella malattia di Alzheimer “ , precisa Pinessi , “ sono stati svolti anche alcuni esperimenti su linee cellulari in vitro. Questi hanno dimostrato che, quando le concentrazioni di questa proteina sono ridotte, l’App viene ad essere metabolizzata in modo anomalo e la produzione del peptide neurotossico aumenta in modo esponenziale. La ricerca ha, infine, dimostrato che nei pazienti colpiti da Alzheimer le concentrazioni ematiche di sortilina-1 sono ridotte e si è inoltre dimostrato sperimentalmente in culture cellulari che la riduzione del livello di sortilina-1 promuove la produzione del A- betapeptide. L’insieme di questi complessi e interessanti dati scientifici supporta in modo sempre più convincente il ruolo centrale svolto nella malattia di Alzheimer dalla deposizione della proteina patologica beta-peptide sotto forma di amiloide”. “Questo processo”, precisano i professori Pinessi e Rainero, “ è il target per strategie terapeutiche estremamente innovative in grado di rallentare la progressione della malattia stessa. “Nell’animale da esperimento”, evidenzia Pinessi , “diversi farmaci - inibitori degli enzimi secretasi - hanno dimostrato di essere efficaci nel ridurre la deposizione di beta-peptide . In base a questi incoraggianti dati è iniziata la sperimentazione di alcuni di questi farmaci anche nell’uomo. Infine, è in studio la messa a punto di uno specifico “vaccino” che, bloccando la produzione di beta-peptide, dovrebbe essere in grado di bloccare la progressione della malattia”. “I risultati ottenuti da queste ricerche”, precisa la dottoressa Amalia Bruni , direttore del Centro Regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme, “evidenziano l’importanza degli studi genealogici al fine della raccolta di dati geneticamente omogenei per la costituzione di grandi banche del Dna. “La scoperta del gene della sortilina1”, conclude infine il professor Richard Mayeux, direttore del Taub Institute for Research on Alzheimer’s disease della Columbia University di New York,” rappresenta un fondamentale passo in avanti nella ricostruzione del puzzle della malattia di Alzheimer”. .  
   
 

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