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Notiziario Marketpress di
Martedì 23 Gennaio 2007 |
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MICROGENERAZIONE ELETTRICA IN AGRICOLTURA INTEGRAZIONE DI REDDITO E CONTRIBUTO AL RIEQUILIBRIO ENERGETICO. IL PUNTO IL 24 E 25 GENNAIO A MILANO ALLE GIORNATE DELLA MICROGENERAZIONE.
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Agricoltura ed energia. Un binomio di cui si parla sempre più spesso ma che se male inteso può fare più male che bene: microgenerazione sì; sostituzione degli utilizzi tradizionali dei prodotti agricoli con altri di dubbio valore economico ed ambientale, no. Quindi, minieolico invece di etanolo, almeno finché non sarà disponibile la tecnologia che utilizza gli scarti delle coltivazioni. Come in molte cose della vita ci sono due modi per parlare di produzione di energia ed agricoltura. Uno è quello che pretende di trasformare le aziende agricole in aziende produttrici di energia modificandone la destinazione primaria; il secondo che sfrutta le caratteristiche delle aziende agricole per affiancare alla loro vocazione primaria una destinazione complementare energetica. Destinazione che può anche essere importante dal punto di vista economico, beninteso. Diamo un nome alle cose. Un tipico esempio del primo approccio è la corsa ai cosiddetti biocarburanti, ossia la trasformazione di prodotti vegetali già normalmente coltivati o appositamente piantati (questo è importante) in carburanti liquidi (di solito per l’autotrazione ). Gli esempi del secondo sono diversi: dall’utilizzo delle aree non coltivate per l’installazione di pannelli solari e impianti minieolici alla raccolta e utilizzo delle biomasse derivanti dagli scarti vegetali per la produzione di gas con cui alimentare gruppi elettrogeni. Tra i non specialisti la differenza dei due approcci non è molto chiara, come è emerso nei recenti commenti alla moda dell’uso di oli vegetali in sostituzione del gasolio. Semplificando ma non sbagliando, il primo è un approccio a somma zero, si sostituisce l’output mantenendo uguale l’input (occupazione di spazio, consumo risorse), forse anche aumentando l’input (certe culture bio-energetiche richiedono più acqua, per esempio); il secondo è a somma positiva: il sole, il vento e le biomasse non sarebbero state utilizzate altrimenti. Addirittura, nel secondo caso si hanno a volte benefici insospettabili. Per esempio, in aree con forte insolazione e bassa piovosità, come nel nostro Sud, i pannelli solari a terra, installati su pali alti due metri, creano un ecosistema e un microclima favorevole al riformarsi di uno strato di terreno naturalmente fertile in aree a tendenza arida. Inoltre, vi sono considerazioni più generali da fare. Eccetto in casi particolari (la canna da zucchero) oggi la produzione di bio-carburanti (come l’etanolo) viene da produzioni vegetali “nobili” ossia utilizzabili per l’alimentazione animale o umana. Anche convertendo l’intero output di queste culture alla produzione energetica si sarebbe ben lontani dal soddisfare il fabbisogno di carburanti. Nel caso Usa, per esempio, il maggiore produttore di mais, l’intera produzione riuscirebbe a coprire solo il 7 per cento del fabbisogno. Non è detto che la strada dei bio-carburanti non si possa seguire. Si tratterebbe di riuscire a distillare etanolo, per esempio, dagli scarti, come il fusto del mais, sfruttando gli zuccheri in esso contenuti separandoli dalla lignina (che peraltro è ottima come biomassa da bruciare per produrre il calore necessario alla distillazione). Ricerche sono in corso da parte di numerose società di bioingegneria e sono stati scoperti microrganismi molto promettenti. Tra cinque anni il problema potrebbe essere risolto. Nel frattempo si possono fare cose molto semplici e non tecnologiche per favorire il secondo approccio. Per esempio, una fonte energetica perfetta per l’utilizzo nella aziende agricole non è ancora sfruttata in Italia per motivi assolutamente indipendenti dalla tecnologia o dalla convenienza economica: il minieolico, ossia l’energia prodotta dal vento con impianti con altezza inferiore ai 30 metri. Ebbene, in Italia l’iter di approvazione di un impianto minieolico da 50 Kwatt è uguale a quella di un campo eolico da decine di Megawatt. Non solo, è in balia di regolamenti a tutti i livelli delle amministrazioni locali, pensiamo alla destinazione d’uso dei terreni. Una semplificazione nel settore non richiederebbe sforzi titanici ed esistono già proposte che, pur se fin troppo prudenti, costituirebbero già un enorme passo in avanti. Oggi un impianto a pannelli solari “agricolo” con una potenza poco sotto i 50 Kwatt costa per esempio circa 300. 000 euro, si ripaga in dieci anni e produce profitti netti per almeno altri dieci. Lo stesso e forse meglio si potrebbe fare con il minieolico, che comporta tra l’altro alcuni vantaggi: funziona anche in aree a bassa insolazione ma a vento costante, come gli sbocchi delle valli; occupa meno spazio; si presta ad installazione in zone isolate e non presidiate (in questo Paese c’è una poco nota ma molto fiorente “industria” di furti di pannelli solari…. ). Il ruolo delle aziende agricole nella microgenerazione da fonti rinnovabili e le gli ostacoli e possibili rimedi allo sviluppo del minieolico saranno due dei temi forti delle Giornate della Microgenerazione, organizzate dalla Camera di Commercio di Milano, dal settimanale www. E-gazette. It e da Updating, che si svolgeranno a Milano il 24 e 25 gennaio 2007 a Palazzo Turati, sede della Camera di Commercio. L’evento, a partecipazione gratuita previa iscrizione, farà il punto della situazione di questo “mondo nuovo” dell’energia, esaminandone gli aspetti tecnologici, economici e normativi con un taglio professionale unico per il nostro Paese. I dettagli dell’agenda delle Giornate della Microgenerazione sono reperibili sul sito www. Microgenforum. It, dove è anche possibile registrarsi per la partecipazione gratuita all’evento. . |
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