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Notiziario Marketpress di
Lunedì 29 Gennaio 2007 |
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SOCIETÀ E DISUGUAGLIANZE: COME CAMBIA MILANO UNA CITTÀ CHE SI SVUOTA (-8% IN DIECI ANNI). SEMPRE PIÙ ANZIANI (QUASI UNO SU QUATTRO) IMMIGRATI (OLTRE UNO SU SETTE).
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Milano, 29 gennaio 2007 - Milano, luogo di contrasti. Quasi un milanese su quattro (23%) supera i 65 anni, e se 100. 000 tra questi anziani vivono da soli, soprattutto le donne (56,4%), in un caso su dieci hanno un figlio che abita nello stesso condominio. E quando non sono più autosufficienti, se ne occupa soprattutto la famiglia (86%), ricorrendo spesso all’aiuto di assistenti domiciliari stranieri (33. 700). Nascono più bambini del passato, soprattutto fuori dal matrimonio (33% nel 2004, in crescita del 188% rispetto al 1991), da coppie miste (30%, +331% in dieci anni) e tra gli extracomunitari, che in molti casi fanno più figli a Milano che nel Paese di origine, addirittura le egiziane quasi raddoppiano il proprio tasso di fecondità (5 figli in media a testa per donna contro 2,9) mentre si riducono rispetto al Paese di origine per rumene, filippine, somale. Una città dove una trentenne su tre non vuole figli soprattutto perché ostacolano l’attività lavorativa e il 42% delle donne che lavora si occupa di casa e prole senza aiuto dal partner (contro il 25% dell’Italia) ma in cui quasi la metà delle famiglie con bambini piccoli (48,4%) ricorre ai nonni per accudirli e il 32,3% alle babysitter. Milano perde residenti (8% in dieci anni), soprattutto tra i giovani e a favore della provincia (+7,1%) o del resto della Lombardia (20,4%). Mentre aumentano i residenti immigrati, al ritmo di 35. 000 all’anno, toccando i 200. 000 in città (oltre uno su sette) e quasi 370. 000 in tutta la provincia milanese. Sempre di più gli studenti universitari (oltre 40. 000 i fuori sede). E il lavoro, sempre più flessibile (nel 2004 il 70% degli avviamenti al lavoro sono stati atipici), offre le retribuzioni più alte della Lombardia ma penalizza in termini salariali le fasce intermedie e i giovani laureati con 3-5 anni di esperienza (-3,8% la retribuzione totale lorda in 4 anni). Emerge dal rapporto “Milano tra coesione sociale e sviluppo”, promosso dalla Camera di commercio di Milano e realizzato dal Politecnico di Milano, Laboratorio Politiche Sociali che fotografa eccellenze, contrasti e prospettive della Milano del terzo millennio. “La Camera di commercio è attenta alle dinamiche economiche e sociali – ha dichiarato Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di commercio di Milano -. In una città come Milano al centro di mutamenti continui in quanto città aperta e avanzata, testa di ponte che precede le tendenze a livello nazionale ma anche internazionale”.
Popolazione |
1 milione e 300 mila |
Popolazione in 10 anni |
-8% |
Superano i 65 anni |
23% |
Anziani che vivono da soli |
100. 000 |
Anziani non autosufficienti aiutati da un assistente domiciliare o domestico straniero |
33. 700 |
Bambini nati in un anno |
Circa 12. 500 |
Da coppie miste |
30% |
Fuori dal matrimonio |
33% |
Li assiste la nonna |
48,4% delle famiglie con bambini |
Li assiste la baby sitter |
32,3% |
Immigrati |
200. 000 in città (370. 000 in tutta la provincia) |
Iscrizioni all’anagrafe di immigrati ogni anno |
35. 000 |
Donne: trentenni senza figli (perché ostacolano il lavoro) |
Una su tre |
Donne che lavorano non aiutate dal partner per casa e prole |
42% |
Donne straniere e tasso di fecondità |
Basso per rumene, filippine, somale, alto per egiziane (5 a testa, quasi il doppio che in patria) |
Universitari fuori sede |
40. 000 |
Giovani e lavoro flessibile |
70% degli avviamenti | Alcuni Dati Del Rapporto Lavoro femminile e fecondità: Il tasso di fecondità milanese ha iniziato a risalire dalla seconda metà degli anni 90, passando dal 0,96 figli per donna del 1995 al 1,26 del 2004. E’ cresciuto anche il tasso di attività femminile della provincia, aumentato di 10 punti percentuali dal 1994 (50,1%) al 2004 (60,6%), anno in cui il tasso di occupazione femminile raggiunge il 57%. L’aumento della fecondità delle donne si registra soprattutto nelle appartenenti alla fascia 15-24 anni (11% nel 1997, 13. 7% nel 2004) e 35-44 anni (26,8% nel 1997, 31% nel 2004) mentre diminuisce per le donne comprese tra 25 e 34 anni (da 62% a 54,9%). A Milano tuttavia si rileva una differenza tra i tassi di fecondità delle donne che lavorano e quelle che non sono occupate, appartenenti alle stesse classi di età. Fecondità per donne, occupate e non, a Milano
Fasce d’età |
tasso di fecondità donne occupate |
tasso di fecondità donne non occupate |
scarto |
quota donne occupate in coppia senza figli |
quota donne non occupate in coppia senza figli |
scarto |
20-24 |
0,06 |
0,12 |
-0,06 |
100 |
8,1 |
91,9 |
25-29 |
0,29 |
0,26 |
0,03 |
52,1 |
41,7 |
10,4 |
30-34 |
0,46 |
1,29 |
-0,83 |
40,8 |
18,2 |
22,6 |
35-39 |
0,99 |
1,53 |
-0,54 |
12,8 |
5,4 |
7,4 |
40-44 |
1,28 |
1,88 |
-0,6 |
18,3 |
0 |
18,3 |
45-49 |
1,33 |
1,75 |
-0,42 |
10,8 |
5,1 |
5,7 | Quote donne con figli (dati in percentuale)
Fasce d’età |
Milano |
Nord Italia |
scarto |
20-24 |
8,6 |
3,6 |
5 |
25-29 |
17,2 |
27,6 |
-10,4 |
30-34 |
34,7 |
74,9 |
-40,2 |
35-39 |
65,8 |
80,5 |
-14,7 |
40-44 |
75,2 |
88 |
-12,8 |
45-49 |
76,4 |
90,6 |
-14,2 | Aumento delle unioni consensuali informali: più diffuse, come prima tipologia di unione, tra le 30-34enni (59%) e 20-24enni (68%), decisamente poco diffuse tra le 35-39enni (19%). Nati fuori dal matrimonio: 1. 430 su 9. 831 (14,5%) nel 1991, 4. 120 su 12. 488 (33%) nel 2004, in aumento in 13 anni del 188% contro una leggera diminuzione (-0,4%) dei figli nati da coppia sposata. Le nascite totali, tra figli naturali e non, crescono nello stesso periodo del 27%. Apporto della popolazione straniera: è aumentato il numero di immigrati residenti a Milano provenienti da Paesi a forte pressione immigratoria, da 14. 000 nel 1986 diventano 48. 400 nel 1996, triplicandosi, e superano quota 141. 800 nel primo semestre del 2005 (+59% in 5 anni). Le immigrate a Milano hanno un tasso di fecondità superiore al dato italiano superando spesso il dato del tasso di fecondità del Paese di origine come le cinesi (2,6 figli per donna contro 1,8) o le rumene (2,2 contro 1,3) con un picco per la comunità egiziana che vede addirittura uno differenza di +2,1 figli rispetto al Paese di origine. Mentre il saldo è negativo per le donne albanesi, filippine e soprattutto somale.
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numero medio figli per donna (2003) |
numero medio figli per donna al Paese di origine (2002) |
Saldo |
Albania |
1,6 |
2,3 |
-0,7 |
Brasile |
2,4 |
2,2 |
0,2 |
Cina |
2,6 |
1,8 |
0,8 |
Ecuador |
2,8 |
2,8 |
0 |
Egitto |
5 |
2,9 |
2,1 |
Filippine |
2,1 |
3,2 |
-1,1 |
Francia |
1,2 |
1,8 |
-0,6 |
Marocco |
3,4 |
3 |
0,4 |
Perù |
1,8 |
2,6 |
-0,8 |
Romania |
2,2 |
1,3 |
0,9 |
Sri Lanka |
2,8 |
2,1 |
0,7 |
Somalia |
0,6 |
7,3 |
-6,7 | Nati da coppie miste: aumentano i figli di coppie miste, in dieci anni (1994-2004) crescono di oltre il 331% passando da 854 a 3. 684 contro un aumento dei nati da genitori entrambi italiani del 0,7% (da 8. 747 a 8. 804) Le donne ritardano matrimonio e figli: se le donne con età compresa tra 45 e 49 anni, in media, conquistavano l’indipendenza economica a 22 anni, si sposavano a 24 anni e a 25 avevano il primo figlio, l’indipendenza economica, secondo le trentenni interrogate (30-34 anni), era stata raggiunta a 24 anni, il rapporto di coppia a 25 e il figlio a 28 anni. Esaminando le diverse fasce di età, si registra in generale uno spostamento temporale in avanti dell’età in cui le donne raggiungono l’indipendenza economica (da +1 a + 2 anni), di quella in cui si sposano o convivono (+1 anno) e soprattutto hanno il primo figlio (da +2 a +4 anni). Difficoltà di conciliare lavoro e famiglia: problema percepito molto dalle milanesi. Una donna su tre a Milano non vuole un (altro) figlio (36,4%), percentuale al 31,3% per le trentenni e 6,4% per le ventenni. Soprattutto le generazioni più giovani considerano un motivo importante per non fare un figlio (il primo o un altro) le difficoltà che ciò creerebbe al loro lavoro (ventenni 67%, trentenni 56%). Mentre le quarantenni dubitano soprattutto dell’opportunità di fare un figlio ad età avanzata (76%), le trentenni vivono la maternità più come fonte di problemi e preoccupazioni (75%) e le ventenni legano la mancata maternità a dubbi sul rapporto di coppia (80%) e ai costi della prole (69%). A Milano risulta più alta della media nazionale la quota di donne in unione che oltre a lavorare si occupano anche quasi esclusivamente della casa e dei figli: 42% contro il 25%. Solo nel 12% dei casi, contro la media italiana del 21%, entrambi i genitori lavorano e si occupano di casa e figli. Ciononostante, il 41% delle lavoratrici trentenni che è aiutata dal partner a casa non ha figli contro il 31,1% di quelle che non ricevono aiuto. Nel caso di figli, invece, il 64,6% delle donne di 30 anni che lavora fuori e dentro casa ha da 1 a 2 figli contro il 49,9% delle donne che sono aiutate dal compagno nella gestione familiare. Diffusione del part-time: esteso sempre più anche a figure professionali di alto livello e a tempo indeterminato, in Lombardia l’84,3% del part-time è di donne, il 18% del lavoro femminile, richiesto nel 38% dei casi da donne con età compresa tra 30 e 39 anni. Tuttavia negli anni la componente femminile del part-time nella provincia di Milano, anche se maggioritaria, sta perdendo peso (dal 68,4% del 2001 al 61,3% del 2004) e si sta concentrando in fasce di età elevata (oltre i 40 anni) a scapito delle under 30. Il lavoro part-time nella città di Milano è diffuso tra le donne occupate (23%) e riguarda il 41% delle donne occupate con bimbi sotto i due anni, raggiungendo picchi nelle mamme con età compresa tra 25 e 29 anni (51,3%) e tra 40 e 44 anni (53,8%). Rete parentale per curare i figli: in Lombardia il 37,9% delle famiglie con bambini sotto i 3 anni ricorre alla rete parentale (soprattutto nonni) per accudirli, 36,5% nella provincia e 48,4% nella città di Milano. Tra i nonni è soprattutto la nonna materna la più presente nella vita di figlia e nipoti: il 54,1% delle donne occupate con i figli, il 43,2% delle non occupate con figli e il 64,5% delle occupate con figli sotto i due anni la vede infatti tutti i giorni. Anche i nonni aiutano: quello materno di più, il 45,5%delle donne occupate con figli lo vedono tutti i giorni e il 48%di quelle occupate con figli più piccoli di 2 anni. Quello paterno cura i figli della nuora che lavora ogni giorno in un caso su quattro. Servizi per l’infanzia: secondo una ricerca del 2000 i nidi d’infanzia comunali di Milano, nell’anno 2000-2001, coprivano il 18,4% della domanda potenziale e il 70,3% di quella effettiva. L’aumento, dal 2002 in poi, dell’offerta pubblica e la riduzione congiunta delle domande di iscrizione hanno portato, per l’anno 2004-2005, a un tasso di copertura della domanda potenziale (35. 532 bambini sotto i 2 anni) pari al 20,6% e di quella effettiva (8. 583 domande di iscrizione) pari al 85,4%. Per sopperire all’inconveniente degli orari degli asili nidi pubblici, che non sempre riescono a garantire la copertura degli orari di lavoro, si è sviluppato il sistema degli asili nido privati, che offrono nel 40% dei casi in Lombardia oltre 10 ore di apertura giornaliera, e in un caso su venti (4,8%) l’apertura il sabato con costi non particolarmente più elevati rispetto al servizio pubblico se si appartiene alla fasce alte del reddito. Il 22,7% delle famiglie lombarde e il 32,3% di quelle di Milano ricorre, inoltre, alle babysitter. Lavoro e salari: nonostante le retribuzioni della provincia di Milano siano più elevate di quelle nazionali, nel medio periodo si registra un rallentamento della crescita salariale. Dal 2001 al 2005 dirigenti e quadri hanno registrato in media una crescita salariale del 6,8%, il salario degli operai è rimasto sostanzialmente invariato, hanno perso gli appartenenti alla fascia intermedia (quadri impiegatizi, lavoratori con competenze tecniche e non direttive). In media, soprattutto, perdono i laureati under 30 per i quali nella provincia di Milano le condizioni salariali sono peggiorate dal 2005 al 2001, sia per i laureati con 1-2 anni di esperienza, (+0,7% in 4 anni, dato inferiore sia alla media nazionale, +0,8%, che a quella di province lombarde come Bergamo, +6,2%, e Brescia, +1,4%) che, soprattutto, per i laureati con 3-5 anni di esperienza (-3,8%). La “questione anziani”. Milano è una città che invecchia. Gli over 65 rappresentano il 23% della popolazione nel 2001 (circa un milanese su quattro), valore che supera il dato regionale (18%) e nazionale (19%). Nel 2001 nel comune di Milano sono 96. 611 gli anziani over 65 che abitano da soli (il 34% del totale degli anziani della stessa fascia d’età), in maggioranza donne (56,4%). Reti famigliari per la cura degli anziani. In Lombardia restano ancora diffuse le condizioni di prossimità tra l’abitazione dei genitori anziani e quella dei figli, soprattutto nei piccoli centri, meno nelle grandi aree urbane: a Milano ed hinterland il 10% degli over 65 ha almeno un figlio che vive nello stesso condominio (a fronte del 15-20% registrato nei comuni di dimensioni ridotte) e il 26% dei genitori anziani vede almeno un figlio tutti i giorni (contro il 42,1% rilevato a livello regionale), il 52,1% tutte le settimane (il dato regionale ammonta a 40,1%) e il 49,2% riceve telefonate quotidiane (36,5% a livello regionale). Gli over 65 offrono un contributo importante nel rispondere alla domanda di cura espressa dalle famiglie con bambini in età pre-scolare. Le famiglie con figli sotto i 5 anni d’età residenti a Milano per la cura dei figli ricorrono nell’ordine a: asilo (35,4%), nonni (30,5%), autoaddossamento (15,4%) e babysitter (11,9%). Il ricorso ai nonni diminuisce con la nascita del secondo o terzo nipote e al crescere del reddito famigliare. Il problema dell’assistenza. Il problema più drammatico per gli anziani è la non-autosufficienza, che interessa il 10% della popolazione over 65, pari a circa 28. 000 soggetti gravati da una elevata fragilità. In Lombardia l’86% degli anziani non autosufficienti è accudito dalla famiglia, mentre il 26% ricorre a parenti, amici o vicini. Cresce il mercato privato dell’assistenza, soprattutto cui nel 2000 è ricorso il 16,4% delle famiglie lombarde con anziani non autosufficienti. Nel 2003 gli assistenti familiari regolari nella provincia di Milano erano 53. 230 (14 ogni 1. 000 residenti, l’11% del totale nazionale dei lavoratori domestici regolari), di cui l’88% (46. 837) stranieri. Nel 2005 solo a Milano sono 33. 700 gli stranieri occupati impiegati (regolarmente o in nero) come domestici (fissi o a ore) o come assistenti domiciliari, di cui ben il 49% donne. Andamento della popolazione residente. Milano perde abitanti “tradizionali” che cercano casa fuori dai confini comunali. Tra il 1991 e il 2001 si registra una flessione della popolazione residente nel comune di Milano (-8,3%) e un forte aumento negli altri comuni della provincia (+7,1%). Per la maggior parte sono giovani: nel 2004 risulta interessato da cancellazione anagrafica il 6,2% della popolazione residente a Milano tra 25 e 34 anni e il 3,6% della popolazione tra i 35 e i 44 anni. Tra il 1976 e il 1980 prevalgono le cancellazioni di soggetti coniugati, mentre a partire dal 1990 aumentano progressivamente quelle dei soggetti celibi e nubili. In aumento tra 1976 e 2004 i soggetti che lasciano il comune di Milano per trasferirsi in altre province lombarde (dal 14,2% delle cancellazioni totali del 1976 salgono a quota 20,4% nel 2004). In diminuzione invece quelli che si trasferiscono in altre regioni (che passano dal 39,3% dei cancellati del 1976 al 26,5% del 2004). Contenuti e stabili invece i trasferimenti verso l’estero, pari al 5,5 delle cancellazioni totali. Ma Milano continua ad esercitare una forte attrazione lavorativa: ogni giorno 430. 000 persone entrano in città per studiare o lavorare, mentre solo 87. 000 (circa un quinto) compiono il percorso inverso. Il capoluogo lombardo, infatti, offre da lavorare a 131 persone per ogni 100 residenti. Residenti immigrati. Una quota consistente della popolazione in ingresso a Milano è rappresentata da immigrati stranieri: sono quasi 200. 000 gli immigrati residenti in città, cui si aggiungono altri 170. 000 immigrati residenti nella provincia. Il flusso di iscrizione annuale all’anagrafe comunale è di 35. 000 persone nuove ogni anno ed è sufficiente a rendere positivo il saldo migratorio complessivo. Nel 2005 si rileva una diminuzione della presenza degli immigrati a Milano (-5% rispetto al 2004) mentre aumenta negli altri comuni della provincia (+77%). Le donne arrivano a rappresentare il 45% della popolazione immigrata: in città passano da 37,7% nel 1997 a 43,1% nel 2005, in provincia da 28,1% a 45,8%. Quella immigrata è inoltre una popolazione più giovane di quella autoctona: nel 2005 gli stranieri residenti nella città di Milano hanno un’età media pari a 34 anni, mentre quella degli italiani nello stesso anno è di 40,8 anni per i maschi e di 46 per le femmine. Studenti universitari. Con 175. 000 studenti universitari iscritti nell’anno accademico 2003/2004 (pari al 13% dell’intera popolazione cittadina), Milano è la seconda città italiana per popolazione studentesca universitaria dopo Roma (che ne conta 210. 000). Di questi il 20% (circa 36. 000 studenti) è rappresentato da residenti a Milano, il 55% da pendolari (96. 000, residenti a meno di 90 minuti dal capoluogo) e il 25% da studenti “fuori sede” (43. 000 persone che risiedono in comuni posti a oltre 90 minuti di distanza da Milano). Gli studenti stranieri sono solo 4. 080, pari al 2% del totale degli studenti iscritti (solo 12 unità in più rispetto all’anno accademico precedente). Di questi il 53% proviene dall’Est Europa (soprattutto dall’Albania) e solo il 2% dal Nord America. . |
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