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Notiziario Marketpress di Martedì 29 Maggio 2012
 
   
  CONSUMI DI CARNE: CARO FILETTO, TI TRADISCO COL POLLO LA CRISI RIDISEGNA LA DIETA. E I MACELLAI DIVENTANO CHEF

 
   
  Verona - Filetto, adieu. La crisi ridisegna i consumi alimentare e la carne bovina è una delle vittime illustri, soppiantata da formaggi, ma anche carne suina e avicola. Il pollo, ma soprattutto il maiale, sostituiscono così le parti più pregiate di manzo, bue e scottona. Così dicono, alla vigilia di Eurocarne, il Salone internazionale dedicato alle tecnologie e al packaging del settore (in programma a Veronafiere dal 24 al 27 maggio con tutti i leader di mercato presenti), i macellai, osservatori privilegiati e diretti interessati dei consumi di carne ai tempi della più grave crisi economica del Terzo millennio. «Non vogliamo affatto creare allarmismi, perché c’è ancora chi compra il filetto, intendiamoci, ma nella maggior parte dei casi è confinato ad occasioni particolari», ammette Luigi Bortolazzi, macellaio e presidente di Federcarni Veneto, aderente a Confcommercio. Detto questo, e senza mezzi termini, «la crisi c’è e si sente, anche in macelleria». Chi ha dovuto dire addio ai tagli più pregiati sono i pensionati e i giovani, che pure frequentano le macellerie, ma sono più orientati a nuove tipologie di prodotti, i pronti a cuocere o addirittura ai «ready to use», piatti di gastronomia a base di carne pronti per essere consumati. Tanto che gli stessi macellai hanno dovuto sempre di più reinventarsi in un nuovo ruolo di chef e maestri di cucina, accelerando anche nel ruolo tradizionale che hanno sempre avuto di consulenti ed esperti di ricette. D’altronde, riconosce il macellaio veronese Costanzo Compri, che si definisce «pioniere del coniglio disossato da tempi antichi» alcune evoluzioni nella spesa di carne è dettata non soltanto dalla crisi, ma anche «dalla frenesia della società di oggi». Chi ha più tempo di cuocere per un’intera giornata un brasato? Per non parlare dei bolliti o del brodo di carne, prodotti ormai che vengono venduti già pronti nelle macellerie moderne. Meno filetto, più hamburger, viene da dire. Ma anche più suino, più pollo, con la fantasia al potere e ai fornelli. Chi conferma questo trend è il professor Giovanni Ballarini, antropologo alimentare e presidente dell’Accademia italiana della cucina, fondata nel 1953 da Orio Vergani. «Le carni alternative devono essere recuperate – dichiara il professor Ballarini – perché non sono affatto carni di serie B, ma sono esempi di tradizione e cultura. Anzi, l’Accademia italiana della cucina dedicherà il 2013 a celebrare l’uso di quelle che vengono normalmente chiamate carni povere, il quinto quarto, le frattaglie, il piccione, anche il coniglio, che è stato soppiantato esclusivamente da pollo e tacchino». Cruciale, in quest’opera che per Ballarini è innanzitutto di natura culturale, sarà il ruolo dei cuochi-macellai e anche dell’industria, che può intervenire in modo da facilitarne l’utilizzo attraverso preparazioni particolari e packaging che ne facilitino la diffusione. «Anche perché non si può dimenticare che un terzo dell’alimentazione italiana avviene fuori casa con l’horeca (che il professore chiama hotel, restaurant e caffetteria), decisiva per incentivare i consumi delle carni». Conti alla mano, la carne bovina ha perso – analizzando la dinamica della domanda «apparente» - l’8 per cento nel periodo 2001-2011 (fonte: Ismea). Tradotto in termini di consumi individuali si è passati dai 24,9 chilogrammi procapite del 2008 ai 23,1 chilogrammi del 2011. Una contrazione, secondo Ismea, che ha innescato un aumento dei consumi di formaggi (+15 per cento), carne suina (+7 per cento) e carne avicola (+3 per cento). Quanto al bovino, spiega Luigi Bortolazzi, «oggi si vende anche l’anteriore (formato da spalla, muscolo, braciola, pancia, punta di petto), mentre prima della crisi la corsia preferenziale era destinata quasi esclusivamente ai tagli del posteriore (lombata, noce, scamone, fesa interna, girello, fesa lunga,campanello e muscolo)». «La spesa media in macelleria - calcola Federmacellai di Verona, un esercito di 240 botteghe specializzate - oggi si aggira sui 25-30 euro». Il concetto che Bortolazzi macina e rispedisce al mittente è quello secondo cui le macellerie sarebbero un lusso per pochi. «Non è così – ribatte -. Due fiorentine costano meno di quattro pizze. Se facciamo due conti, vediamo che per acquistare due fiorentine in macelleria si spendono circa 50 euro, ma riescono a mangiare abbondantemente quattro persone. Se le stesse quattro persone vanno in pizzeria, per pizza, birra e caffè il conto si avvicina a 70 euro, e senza mangiare carne bovina. Vale ancora il discorso che la carne è cara?». Durante Eurocarne di Verona, Federcarni organizzerà per i buyer e i consumatori finali degustazioni guidate, esibizioni, gare di taglio, e moltissimo «finger food, in modo da educare i consumatori e far conoscere loro le magie che si possono creare con la carne, con estrema semplicità e costi contenuti», specifica Maurizio Arosio, presidente nazionale di un’associazione che rappresenta 25mila macellerie. Il futuro non è comunque disperato. Anche perché, dicono gli esperti, il prezzo è una variabile che incide solamente in parte e influisce per lo più sulle scelte di famiglie con bambini. I più importanti driver di crescita appaiono la freschezza, la funzione d’uso e l’innovazione. Margini di manovra, grazie anche alla vetrina internazionale di Eurocarne, ce ne sono ancora molti. E il destino della carne bovina è tutt’altro che segnato. Il settore della carne bovina in Italia (elaborazione Eurocarne su dati Ismea). 80mila allevamenti; 1,9 milioni di capi destinati al macello; 3,8 miliardi di euro il valore dell’allevamento; 6 miliardi di euro il valore dell’industria di macellazione e lavorazione; 15,7 miliardi di euro il valore della distribuzione.  
   
 

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