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Notiziario Marketpress di Martedì 06 Febbraio 2007
 
   
  STRUTTURE SANITARIE: L’EXPLOIT DEL PRIVATO AUMENTA IL PRIVATO NELLA SANITÀ, MA OCCHIO ALLE DIFFERENZE SUL SUOLO NAZIONALE: È IL CASO DELLA SPECIALISTICA DI LABORATORIO, CHE A FRONTE DI UNA MEDIA DEL 57%, PASSA DAL 17% DI BOLZANO AL 81% DELLA SICILIA.

 
   
  Milano, 6 febbraio 2007 - L’incidenza del privato nella sanità italiana è aumentata, in alcuni casi ribaltando, come nel comparto delle strutture residenziali e semiresidenziali, i precedenti rilevamenti datati 1997. E’ questa la realtà fotografata dal Centro di ricerche Bocconi sull’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) nel Rapporto Oasi 2006. I dati elaborati dal Cergas parlano chiaro: a livello nazionale, se strutture territoriali quali i centri di dialisi, i centri di salute mentale e i consultori, passati dalle 4. 009 unità del ’97 alle 4. 739 del 2004, sono ancora nella quasi totalità pubblici, negli altri servizi il privato ha avuto un exploit. Ciò è evidente in particolare per quanto riguarda le strutture sanitarie semiresidenziali, nelle quali la percentuale di privati è passata dall’8% al 53% (il totale delle strutture è salito da 842 a 2. 008), e in quelle residenziali, dove le strutture private sono salite al 69% su un totale di 4. 132, rispetto al 5% su 1. 820 del ’97. Più stabile, invece, la quota dei laboratori e ambulatori privati accreditati, che ha guadagnato un 3% (da 54% a 57%) su un numero totale di strutture aumentato di un migliaio di unità (da 9. 335 a 10. 541). Ma ciò che il dato nazionale non evidenzia è la notevole differenziazione nell’incidenza delle strutture private tra regione e regione. Differenze che, ad esempio, vengono alla luce scorporando il dato relativo ai laboratori e ambulatori privati accreditati: rispetto alla media nazionale del 57% di privati, scorrendo la lista regionale si passa dal 17% di strutture private nella provincia autonoma di Bolzano (e il 20% in quella di Trento), al 19% in Piemonte, al 22% e 28% rispettivamente in Umbria e Friuli Venezia Giulia, al 60% in Lombardia, fino ad arrivare al 64% in Lazio, il 65% in Molise, il 78% in Campania e ben l’81% in Sicilia. Al Centro-sud, dunque, la presenza del privato è particolarmente forte in questo tipo di servizi. “Il dato è ancora più netto se riferito alla popolazione regionale”, spiega la coordinatrice del Rapporto Oasi 2006, Elena Cantù. “Se in Piemonte i laboratori e ambulatori privati accreditati sono 2,2 ogni 100 mila abitanti (e 1,8 nella p. A. Di Trento), questo numero sale a 11,4 nel Lazio, a 12,6 in Calabria, a 20,7 in Campania e a 29,1 in Sicilia. Questo si riflette sulla spesa pro capite per specialistica convenzionata e accreditata, che in alcune di queste ultime regioni raggiunge le cifre più elevate: in Lazio la Regione paga una media di 101 euro a persona, in Campania 91, in Sicilia 80 e in Molise 61”. Orbitano invece intorno alla media nazionale (57 euro) la Lombardia e il Veneto con 59 euro e la Valle D’aosta, con 55. Chi spende di meno sono invece la provincia autonoma di Bolzano (10 euro), l’Umbria (14) e la p. A. Di Trento (22), seguite a ruota da Marche e Basilicata (24). “Anche la natura delle strutture territoriali è disomogenea: in Sicilia, ad esempio, ci sono moltissimi laboratori e ambulatori privati accreditati e relativamente poche strutture residenziali e semiresidenziali per l’assistenza agli anziani e ai disabili (sia pubbliche che private), mentre in Emilia Romagna è il contrario”. Ed è proprio questa disomogeneità sul territorio che i ricercatori del Cergas evidenziano riguardo alle misure stabilite dalla Finanziaria 2007 per il settore sanitario. Il documento ha introdotto uno sconto del 2%, rispetto al tariffario ministeriale del ’96, per la remunerazione delle prestazioni specialistiche eseguite dalle strutture private accreditate per conto del Servizio sanitario nazionale. A questo si affianca uno sconto del 20% sul rimborso delle prestazioni di diagnostica di laboratorio rese dagli ambulatori e dai laboratori privati. Le regioni dunque, con il fine di riassestare i bilanci della Sanità, rimborseranno meno soldi a tali strutture per i loro servizi. “La norma, che si concentra sui laboratori e ambulatori”, continua Elena Cantù, “colpisce in maniera indifferenziata i privati di tutte le regioni indipendentemente dalla qualità e dalla quantità dei servizi erogati, dalle tariffe che vengono loro riconosciute (che sono molto diverse da regione a regione), dal grado di appropriatezza delle prestazioni e dal peso che questa tipologia di spesa ha sulla spesa sanitaria complessiva”. Pur in un’ottica di contenimento della spesa e di limitazione degli sprechi, “rimborsando indistintamente meno soldi ai privati si rischia di svantaggiare quelle strutture che lavorano già in piena efficienza. Non ultimo, si mette in qualche modo in discussione la parità pubblico/privato e, intervenendo con un provvedimento nazionale, si contraddice il binomio autonomia/responsabilità delle regioni”. .  
   
 

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