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Notiziario Marketpress di Giovedì 13 Settembre 2012
 
   
  SINTESI: INDAGINE CONGIUNTURALE SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE DEL LAZIO IL SEMESTRE 2012

 
   
   Roma, 13 Settembre 2012 - 1. Lo Scenario Nazionale Secondo Le Fonti Istituzionali - L’andamento del nostro prodotto interno lordo per l’anno 2012 è oggetto di previsioni in progressiva contrazione, ed è attualmente stimato intorno al -2,2%[1]. Nel corso di pochi mesi, difatti, più istituti di ricerca hanno prodotto stime di valore sempre più negativo, sono passate dal -0,5% di circa un semestre fa[2], all’intermedio -1,2% di Ocse di questo inverno per poi giungere al -1,5% indicato a primavera dall’Istat, e al -1,9% del Fondo Monetario Internazionale, formulato a metà luglio. Una situazione sdrucciolevole che non sembra trovare un freno nemmeno nella stima sul Pil nazionale per il 2013, anch’esso negativo ed attualmente pari a -0,4% dal precedente tasso di crescita nullo indicato qualche mese fa[3] 2. Il Lazio Secondo Le Fonti Istituzionali - Attualmente le stime sul 2012 per il Pil indicano una diminuzione di circa mezzo punto percentuale (-0,5%)[4], valore che si discosta notevolmente dalle previsioni formulate per il prodotto interno lordo nazionale (-2,9%). Uno scostamento che si ritrova nella demografia delle imprese del secondo trimestre 2012 (tav. 1.3), dove, anche in questo caso, si registra una situazione relativamente migliore per la nostra regione. In questi primi sei mesi dell’anno, difatti, le percentuali di crescita delle imprese sia del Lazio che dell’Italia sono positive, sebbene la performance sia lievemente migliore nella nostra regione (0,76%), rispetto al dato nazionale (0,52%). Tav.1.3- Lazio: demografia delle imprese nel Ii trimestre 2012
Tutti settori Registrate Attive Iscrizioni Cessazioni* Saldo Tax crescita Tax natalità Tax mortalità
Viterbo 38.237 34.210 709 529 180 0,47 1,84 1,38
Rieti 15.235 13.347 279 163 116 0,76 1,83 1,24
Roma 456.176 333.576 8.536 4.698 3.838 0,85 1,89 1,10
Latina 57.733 47.374 1.002 597 405 0,70 1,73 1,28
Frosinone 46.454 39.416 833 723 110 0,24 1,79 1,56
Lazio 613.835 467.923 11.359 6.710 4.649 0,76 1,87 1,18
Italia 6.094.109 5.254.343 103.785 72.220 31.565 0,52 1,70 1,36
Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Federlazio su dati Movimprese. (*) cessazioni al netto delle cessate d’ufficio. Sul fronte del commercio con l’estero, nel primo trimestre 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011, le esportazioni e le importazioni del Lazio sono rispettivamente aumentate del 2,9% e dell’1,9% (tav. 1.5). Le esportazioni sono aumentate verso il mercato dell’Unione Europea (+8,1%) e sono diminuite in quello dell’area extra Unione Europea (-4,7%). La quota di beni e servizi esportati dalle imprese del Lazio sul totale nazionale esportato, nel confronto col periodo gennaio – marzo 2011, è lievemente diminuita passando dal 4,6% al 4,5%. Nei primi sette mesi del 2012, le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate nel Lazio sono aumentate, rispetto allo stesso periodo del 2011, del 32,2%; un valore quasi quattro volte il tasso di variazione nazionale, pari all’8,8% (tav. 1.9). Disaggregando il dato per tipo di gestione, tuttavia, nel Lazio il tasso di crescita della Cig Ordinaria è stato positivo (42,2%) ma più contenuto rispetto alla variazione registrata a livello nazionale (45,2%). Invece la Cig Straordinaria nel Lazio mostra una dinamica opposta, essendo la sua crescita positiva (7,4%) rispetto alla diminuzione rilevata per il dato nazionale (-9,6%). La Cig in deroga nel Lazio mostra una crescita positiva ed estremamente robusta (70,4%) rispetto all’andamento, anch’esso positivo ma molto più contenuto rilevato a livello nazionale (6,8%). 3. L’indagine Della Federlazio - Dal quadro qui sommariamente descritto sulla base delle fonti istituzionali, passiamo ora ai risultati della nostra indagine, svolta su un campione di 350 aziende associate, e relativa al primo semestre 2012. Cominciamo dagli ordinativi ricevuti dalle imprese nella seconda parte del 2011. Nel corso del primo semestre 2012 il saldo di opinioni sull’andamento degli ordinativi mostra un deciso peggioramento rispetto agli esiti del secondo semestre 2011. Il saldo d’opinioni totale sugli ordinativi ricevuti, difatti, si contrae fortemente passando da -13 a -35 punti, lasciando così sul campo circa 22 punti. Un andamento negativo, ed in forte peggioramento, che non ha risparmiato alcuna delle tre macro aree geografiche, ma che ha assunto valori particolarmente elevati nel caso degli ordini ricevuti dal mercato nazionale. Per questa area difatti il saldo sugli ordini ricevuti subisce una ulteriore contrazione, di ben 27 punti, rispetto al secondo semestre del 2011, passando da -15 a -42. A questa situazione si affianca quella degli ordini ricevuti dal mercato europeo, dove pur essendo l’entità del peggioramento del saldo più contenuta, circa -5 punti, essa impatta su un saldo negativo di per sé già elevato, che passa da -20 a -25. Per contro, sul fronte degli ordini ricevuti dai mercati extra-europei si verifica una situazione opposta: il saldo nullo ora assume un valore negativo, subendo una contrazione pari ad 11 punti ma di entità minore rispetto a quanto verificatori sugli altri due mercati di riferimento (graf. 2.1). Nel primo semestre 2012 è peggiorato anche l’andamento del fatturato, il cui saldo, già negativo, perde ulteriori 30 punti passando da -5 a -35, mostrando un trend analogo a quanto rilevato per gli ordinativi totali. Per quanto concerne il mercato nazionale, il saldo d’opinioni sul fatturato, dopo il lieve miglioramento rilevato nel secondo semestre (da -15 a -11), torna a peggiorare di ben 34 punti, e giunge a -45. Sul mercato europeo invece, il trend è un po’ meno negativo, essendo tale saldo passato da -10 a -31. Infine, il fatturato sul mercato extra-Unione Europea presenta un vero ribaltamento, crollando da +12 a -14 con una perdita di 26 punti oltre che con l’assunzione di un valore negativo. In nessun caso dunque il saldo d’opinioni sul fatturato presenta valore positivo, né tanto meno un trend che indichi qualche margine di recupero tale da introdurre un elemento di discontinuità nel primo semestre 2012. Il saldo di opinioni sull’andamento della produzione nel primo semestre 2012 precipita a -36 dal precedente -9, confermando ed ampliando l’intensità del trend negativo iniziato nella seconda parte del 2010 . Il 26,9% delle imprese ha dichiarato di aver effettuato investimenti nel primo semestre 2012 (graf. 2.7). Si tratta di una percentuale in calo rispetto al semestre precedente, dove era pari al 32,6%, e che delinea un trend decrescente nell’ultimo anno e mezzo. Nel primo semestre 2012 si riduce la percentuale di imprese che ha aumentato l’occupazione ed aumenta la percentuale delle imprese che l’ha ridotta. Il saldo di opinioni sull’occupazione, che perde 21 punti, assume valore negativo pari a -20 (graf. 2.9), riducendosi fortemente nel corso di soli sei mesi dopo due semestri all’insegna della stabilità. La nostra indagine ha rilevato anche le previsioni a breve sui prossimi sei mesi, dalle quali emerge che, per quanto concerne gli ordinativi, (graf. 2.2), i saldi di opinione sembrano delineare una lievissima attenuazione del pessimismo sugli ordini. Difatti, il saldo atteso sugli ordini totali, sempre negativo, recupera un paio di punti salendo da -4 a -2. Una situazione simile si verifica anche sul mercato interno dove le attese sugli ordini, sempre negative, mostrano un lieve miglioramento passando da -9 a -8. In controtendenza invece le attese sugli ordini dall’estero i cui saldi di opinione sebbene decrescenti non assumono valore negativo. Abbiamo poi chiesto alle imprese del campione di esprimersi sulla loro previsione di ampliamento dell’organico nei prossimi sei mesi. Per le previsioni sull’occupazione (graf. 2.10), nel secondo semestre 2012, il saldo atteso crolla di 21 punti passando da -29 a -50 a causa dell’incremento della percentuale di imprese che prevede di diminuire l’organico e dell’assenza di imprese che prevedono di aumentarlo. In tale quadro, diminuisce la percentuale delle imprese che ha manifestato l’intenzione di mantenere inalterato l’organico nel prossimo semestre, pari al 50,0% dal precedente 70,6%. Infine, per quanto concerne le previsioni d’investimento, la percentuale delle imprese che ha manifestato l’intenzione di fare investimenti, pari al 31,9%, è in leggero in aumento dal precedente (30,5%). Come di consueto, abbiamo poi invitato gli imprenditori del campione a segnalare le principali problematiche che, a loro avviso, hanno influenzato più negativamente l’attività della propria azienda nel primo semestre 2012. In questo semestre il principale problema che ha influenzato negativamente l’attività delle imprese torna ad essere “l’insufficienza della domanda”, indicata nel 28,7% dei casi rispetto al precedente 21,5%. Segue il problema del “ritardo dei pagamenti da parte dei clienti privati” che nel primo semestre 2012 è segnalato nel 27,4% rispetto al 31,0% di sei mesi fa (graf. 2.11). Il “ritardo dei pagamenti della Pa” affligge le imprese nel 13,9% dei casi, una percentuale inferiore rispetto al dato del secondo semestre 2011, dove era pari al 18,6%. Un altro problema che le imprese, in questo semestre, hanno avvertito è la “mancata concessione o erogazione del credito bancario”, ora indicata nel 10,0% rispetto al precedente 6,9% dei casi. Conclude la lista dei problemi più segnalati dalle imprese l’aumento, dal 3,3% al 7,4% dei casi, della “impossibilità di partecipare agli appalti”. Alle imprese del campione oggetto di indagine, è stato chiesto con quale delle seguenti affermazioni riguardanti la crisi in atto fossero maggiormente concordi (tav. 2.6). Dalle risposte emerge un prevalente pessimismo dato che il 63,0% delle imprese ha dichiarato che “al momento non si intravede alcuna via di uscita” mentre nel primo semestre 2010 tale percentuale era pari al 59,2%. Un risultato, quello del 63,0% che, unito al 24,4% delle imprese per le quali “il peggio deve ancora venire”, amplia la negatività del sentiment espresso. Per il 12,6% infine “si incomincia ad intravedere una luce in fondo al tunnel” mentre per nessuna impresa “il peggio è ormai alle nostre spalle”. Tav.2.6 – Con quale delle seguenti affermazioni riguardanti la crisi in atto Lei concorda maggiormente? (%)
Al momento non si intravede alcuna via di uscita 63,0
Il peggio deve ancora venire 24,4
Si comincia ad intravedere una luce in fondo al tunnel 12,6
Il peggio è ormai alle nostre spalle 0,0
Fonte: Indagine Congiunturale Federlazio. La domanda successiva posta alle imprese è stata se permanendo l’attuale situazione economica esse ritengono che le proprie aziende possano correre seri rischi di chiusura entro l’anno. Il 18,5% ha risposto positivamente, mentre l’81,5% ha risposto negativamente. Quel che emerge da queste ultime due domande è che, nonostante un elevato pessimismo, espresso dall’87,4% delle imprese del campione, circa la situazione economica attuale e le sue (al momento assenti) vie d’uscita, solo il 18,5% ritiene di correre il serio rischio di dover chiudere l’azienda. Considerazioni Finali - Avremmo tanto voluto scorgere nei risultati della nostra rilevazione semestrale un qualche segnale dell’approssimarsi del turning point di questa lunga, virulenta, estenuante crisi. Avremmo voluto poter dire che il nostro sistema economico-produttivo stava cominciando visibilmente a reagire alle dolorose cure da cavallo cui è stato sottoposto dall’autunno scorso. Purtroppo le risultanze della nostra indagine sulle Pmi del Lazio non solo non ci consentono di affermare tutto questo, ma neanche di adombrarlo allo stato dei fatti. Semmai, come abbiamo visto dall’esposizione dei dati, talune grandezze si presentano ancora più negative rispetto all’indagine scorsa. Ci troviamo di fronte, nella nostra regione, ad un sistema di Pmi che registra ancora una volta un brusco peggioramento della sua performance rispetto al semestre precedente, complessivamente in termini di ordinativi, di fatturato e di produzione. Gli stessi livelli occupazionali subiscono un netto calo, persino superiore alla media nazionale. Questa stagnazione dell’attività economica, come ci informa anche Bankitalia con le sue analisi, “si è riflessa in un deterioramento della qualità del credito, con una crescita del flusso di sofferenze sui prestiti alle imprese, in particolare nell’edilizia”. Deterioramento che, sempre a detta di Bankitalia, è destinata a proseguire anche nei prossimi mesi. L’unico segnale in leggera controtendenza rispetto al quadro descritto sembrerebbe provenire, come abbiamo visto, dai dati puntuali dell’export ed anche dalle aspettative di un ravvivamento dei mercati esteri (soprattutto extra-Ue), espresso dalle imprese del nostro campione. Naturalmente parliamo di quelle imprese che operano sui mercati internazionali, perché bisogna pur dire che la proiezione internazionale riguarda comunque una fetta limitata del nostro tessuto produttivo. Il che costituisce esso stesso un elemento di criticità al quale prestare la massima attenzione. Se questa è la situazione dell’export, sul fronte del mercato interno la situazione continua ad essere pesantissima. I dati sulla disoccupazione, sulla cassa integrazione, sulle imprese che chiudono sono drammatici ed esigerebbero risposte immediate, concrete e di grande efficacia. Purtroppo la situazione è giunta ad un punto tale che queste risposte non si riescono a scorgersi all’orizzonte. Mentre la recessione è facile ad innescarsi – molti provvedimenti adottati dal Governo in materia di tassazione, riduzione delle commesse pubbliche, tagli della spesa, sono andati paradossalmente proprio in questa direzione – i provvedimenti finalizzati allo sviluppo contenuti nell’ultimo decreto così denominato – ad esempio quelli concernenti il pagamento dei debiti della P.a. O la semplificazione burocratica o l’Iva per cassa, o altro ancora, intanto in molti casi non sono operativi per l’assenza dei decreti attuativi, e poi rischiano di produrre effetti mitigati, finché permane una sostanziale stagnazione della domanda, una tassazione che ha raggiunto livelli record in Europa e un sistema bancario che chiude i rubinetti del credito alle Pmi. Di fronte a questa constatazione non è più rinviabile una netta e decisa azione verso l’attivazione di politiche dal lato della domanda. Nessun intervento può avere probabilità di successo se non contempla una rivitalizzazione del mercato, ovvero della domanda sia pubblica che dei privati. Questo è il nodo principale che la politica è chiamata sciogliere. E questo può essere fatto in diversi modi. Intanto, sul fronte del mercato interno, mettendo in circolazione liquidità finanziaria e non, viceversa, continuando a sottrarre risorse al sistema produttivo attraverso un’imposizione fiscale che ha raggiunto livelli record nel contesto europeo. In questo senso le dichiarazioni della Presidente della Regione Lazio e del suo Assessore al Bilancio, che si sono impegnati, ad esempio, a non avvalersi della facoltà di aumentare l’Irpef prevista per le Regioni dal decreto sulla spending review di fine luglio, ci confortano. Poi, dal lato del Governo nazionale, occorre per l’appunto emanare il prima possibile i decreti attuativi necessari. Inoltre occorre che vi sia una politica del credito meno restrittiva da parte delle banche, che debbono nuovamente reimmettere linfa nel sistema se non si vuole la completa paralisi dell’attività produttiva, almeno da parte delle Pmi. Tra gli strumenti per reperire liquidità ci sembra anche utile l’alienazione di parti significative del patrimonio immobiliare pubblico. In questo senso l’intenzione annunciata dal sindaco Alemanno di procedere alla vendita di immobili del Comune al fine di sopperire in parte al taglio di risorse imposto dal decreto sulla spending review va nella direzione giusta. E’ una direzione, per la verità, che noi suggeriamo da tempo agli Enti Locali, alla Regione e allo Stato. Riteniamo infatti che non vi siano motivi validi – soprattutto in una situazione di crisi senza precedenti come l’attuale – perché la P.a. Debba possedere un patrimonio cosi articolato d’immobili, che potrebbero viceversa essere collocati sul mercato con un duplice beneficio. Intanto rimpinguerebbero le casse pubbliche, mettendo l’amministrazione in condizione di poter svolgere meglio le funzioni che le sono proprie. In più, il loro inserimento nel circuito economico privato consentirebbe la nascita di una serie di iniziative imprenditoriali in campi diversi – dalla cultura alla ristorazione all’intrattenimento e così via – che sarebbero indubbiamente un’iniezione di energie imprenditoriali nuove per questa città. Quello che semmai un po’ preoccupa, è che tali iniziative, una volta annunciate, possano poi restare impantanate nelle procedure e nella tempistica della burocrazia. Perché dobbiamo avere tutti, a questo riguardo, la consapevolezza che il tempo – oggi più che mai – ha un valore determinate nel condizionare la buona riuscita delle iniziative e soprattutto la portata del loro impatto sul sistema produttivo e occupazionale. Per quanto riguarda invece il mercato esterno, stante che le politiche di rilancio competono ovviamente ai singoli governi nazionali, quello che noi possiamo fare, però, è adoperarci al meglio affinché le nostre imprese siano attrezzate per poterlo affrontare. In che modo? Innanzitutto dotando di risorse finanziarie congrue gli strumenti legislativi esistenti (nazionali e regionali), che facilitano l’ingresso e la permanenza delle Pmi nei mercati internazionali. In secondo luogo attraverso un sostegno deciso, in termini finanziari e non solo, di quegli organismi, quali ad esempio i consorzi per l’export, che svolgono in quest’ambito una funzione indispensabile. Il recente “decreto sviluppo” emanato del Governo sembra mostrare un po’ più di attenzione sotto questo profilo, ma occorre uno sforzo più deciso anche a livello regionale. In definitiva, noi oggi abbiamo di fronte a noi un quadro di una durezza e di un’asperità come mai avevamo conosciuto prima, con un tessuto produttivo che si sta depauperando e una crisi occupazionale che ha toccato punte anche di vera drammaticità. Lo stato d’animo delle Pmi inclina al pessimismo: nella nostra indagine abbiamo riscontrato, ad esempio, che addirittura cresce la quota di imprese le quali, ad una nostra precisa domanda, rispondono che “non si intravede ancora alcuna via di uscita dalla crisi”. Tale quota era infatti pari al 59% nel I semestre 2010 e tocca oggi il 63%. Ciononostante gli imprenditori vogliono continuare a lottare, vogliono andare avanti e avere fiducia nella propria azienda. Vogliono credere – diremmo anzi che hanno un assoluto bisogno di credere, alle parole del Premier Monti quando dichiara, come ha fatto qualche settimana fa alla Fiera del Levante, che “la ripresa è alla portata del nostro Paese e credo che arriverà presto”. Però le istituzioni di governo a tutti i livelli devono avere consapevolezza dell’assoluta singolarità del momento che stiamo vivendo e dunque della “non convenzionalità”, per usare un’espressione oggi in voga, degli strumenti e dei comportamenti che occorre mettere in campo. Non sappiamo ancora se questa condizione sarà anche sufficiente, ma di certo sappiamo che dovrà essere una condizione necessaria se vorremo uscire da questa crisi.
 
   
 

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