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Notiziario Marketpress di
Martedì 02 Aprile 2013 |
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SEMINARIO "RES" SU MODELLO SOCIALE: ANCHE IN UMBRIA UN PIANO REGIONALE CONTRO LE POVERTÀ
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Perugia, 2 aprile 2013 -
"L´umbria si doterà di un Piano regionale contro le povertà
attraverso il quale intendiamo rispondere con azioni mirate alle diverse forme
di povertà, vecchie e nuove, ed al crescente disagio di famiglie e
cittadini": lo ha annunciato la vice presidente della Regione Umbria ed
assessore al Welfare, Carla Casciari, concludendo il seminario relativo al
modello sociale e all´occupazione in Umbria, promosso dall´Agenzia Umbria
Ricerche, nell´ambito delle iniziative di presentazione del Rapporto economico
sociale 2012/2013.
"Il Piano, il cui lavoro
di stesura verrà avviato a breve e che
sarà frutto del contributo e della partecipazione di tutti i soggetti
interessati - ha detto Casciari, ci permetterà di mettere a valore nel miglior
modo possibile l´insieme delle risorse per il settore derivanti da diverse
fonti finanziarie. I tagli del governo nazionale hanno inciso pesantemente
sulla possibilità delle Regioni di poter rispondere adeguatamente ai crescenti
bisogni sociali causati dalla crisi. Ricalibrare le risorse, dirottandole su
azioni strutturali e articolate più
rispondenti alle mutate condizioni economico sociali, di contesto e regionali,
rappresenta quindi un passo imprescindibile sulla strada del mantenimento dei buoni standard conseguiti in
Umbria, come testimonia anche questo Rapporto. Certo - ha proseguito, i
cambiamenti in atto impongono una visione a lunga prospettiva ed una capacità
di anticipare future tendenze e nuove forme di vulnerabilità sociale. Ed è per questo che, pur confermando la bontà del
modello umbro di welfare, siamo impegnati ad individuare forme di aiuto e
sostegno diversificati che siano maggiormente efficaci e a realizzare servizi
più flessibili, rivolti in particolare a chi soffre di nuove povertà, tra cui
le famiglie giovani con minori. Non un
welfare ´monetario´ - ha sottolineato Casciari, ma costruito su bisogni che sono in
evoluzione a causa del peggiorare del contesto. Ciò - ha concluso l´assesore
- in accordo con le indicazioni provenienti
dal mondo del volontariato e del terzo settore e con la nuova programmazione
europea per le politiche di inclusione sociale e lotta alla povertà".
Ad aprire il seminario,
presieduto dal Direttore di Aur Anna Ascani, l´intervento di Paolo Montesperelli (Università "La
Sapienza", Roma) e Mario Acciarri (Sociologo) per i quali in una Italia a
"macchia di leopardo", frastagliata e diversificata soprattutto nei
suoi tratti economici, l´Umbria assume una posizione "anomala".
La regione si trova in una fase di transizione, nella temporanea
sospensione di una propria collocazione, caratterizzata da un "divario
interno" che la pone più vicina al Sud nell´economia, ma più prossima al
Centro-nord quanto ad integrazione e benessere sociale. E´ tenendo conto di
queste mutate condizioni che i due studiosi si chiedono a quale regioni
l´Umbria sia oggi vicina e se si possa ancora parlare di un "modello
Umbria", cioè di una realtà dove economia e sociale sono così uniti
da spiegarsi reciprocamente. La crisi ha infatti accentuato la fragilità
economica, la frammentazione del tessuto produttivo regionale, l´emergenza
lavoro, le difficoltà di "muoversi verso Rete e Ricerca". Eppure -
sostengono - quello che connota gli stili di vita, i servizi, la capacità d´integrazione
dei soggetti deboli, proiettano l´Umbria nelle aree più avvantaggiate del
Paese. Ciò impone - per entrambi - due diverse valutazioni o l´Umbria vive al
di sopra delle possibilità e sta per subire un pesante ridimensionamento, oppure il sociale continua a compensare la
crescente fragilità economica. Tuttavia - concludono Montesperelli e Acciarri - in entrambi i
casi è richiesta alle istituzioni e alla società civile un grande sforzo
d´innovazione per fronteggiare gli eventi.
Dopo il 2001 le aree
storicamente urbanizzate dell´Umbria (Perugia, Terni Orvieto, Città di
Castello, Foligno, Spoleto, Assisi) hanno iniziato una fase di rallentamento
che le ha accompagnate nella prima vera crisi economica globale, mentre nel
periodo precedente crescevano ad un ritmo non raggiungibile dalle altra aree
della regione. E´ il quadro territoriale del valore aggiunto dell´Umbria
offerto dall´analisi di Paolo Polinori (Università degli Studi di Perugia) che
ripropone l´idea di una regione che va incontro ad un forte processo di
articolazione territoriale. Sul fronte della disuguaglianza, la riduzione della
diseguaglianza globale all´interno della regione rappresenta - per Polinori -
l´esito di comportamenti differenziati, riconducibili
a processi di polarizzazione territoriale che hanno caratterizzato le dinamiche
sub-regionali italiane.
Lorenzo Birindelli,
dell´Istituto ricerche economiche e sociali, ha analizzato la situazione di
debolezza di chi un lavoro ce l´ha, o almeno, lo ha avuto e ne sta cercando un altro.
Nell´insieme, ha detto, l´incidenza dei lavoratori in difficoltà sulla platea
complessiva dei lavoratori (occupati e disoccupati ex-occupati) si è
accresciuta in Umbria in modo considerevole con la recessione. Nei livelli
pre-crisi, l´incidenza di situazioni di difficoltà oscillava tra il 16 ed il
18% per i dipendenti, mentre supera il 23% nel 2011. Per gli autonomi, i
livelli erano sul 6-8%, e nel 2011 vanno oltre il 10 per cento. Per i
collaboratori, i livelli di partenza erano già molto elevati (50-60%), e viene
superato il 70% di incidenza dei lavoratori in difficoltà nel 2010, valore che
scende, restando tuttavia sopra ai due terzi, nel 2011. Il problema della
difficoltà nel mercato del lavoro, ha rilevato, si sostanzia prevalentemente
nell´area del lavoro manuale e del terziario non impiegatizio, con larga
prevalenza del lavoro dipendente. Si aggrava nettamente l´incidenza della
difficoltà per le occupazioni a bassa qualifica e per quelle con un discreto
livello di qualificazione legate ai consumi delle famiglie.
Birindelli, inoltre, ha
"pesato" la consistenza del pubblico impiego in Umbria. Gli occupati,
secondo i dati del Conto annuale del Tesoro elaborato dalla Ragioneria generale
dello Stato, risultano nel 2011 circa 49mila. Nel 2001 erano intorno ai 53mila,
con una riduzione in percentuale che è stata quindi, in dieci anni, del 7,5 per
cento. Dal punto di vista dell´incidenza in rapporto alla popolazione e all´occupazione dipendente, nel
2011 come anche nel 2001, il dato umbro è in linea con la media nazionale: è
del 5,4% e coincide con il dato nazionale il rapporto dipendenti/popolazione;
il rapporto con il totale degli occupati dipendenti è del 17,2% (la media
nazionale è del 17,1 per cento). Nel
2011, il primo comparto nel pubblico impiego, con oltre il 31% del personale
totale, è rappresentato in Umbria dalla
Scuola, cui segue il Servizio sanitario nazionale con quasi il 23 per cento; il
complesso degli Enti locali si colloca poco sotto il 20 per cento.
Complessivamente, questi tre macro-comparti assorbono quasi i tre quarti del
pubblico impiego in Umbria.
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