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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 10 Aprile 2013 |
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PERUGIA, LA CRISI SI SENTE SOPRATTUTTO NELL´ARTIGIANATO
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Perugia, 10 aprile 2013 - Giorgio
Mencaroni, presidente della Camera di Commercio di Perugia, lo dice senza
parafrasi: “L’artigianato perugino e Umbro è in profondo rosso e sta
attraversando uno dei peggiori momenti della sua storia secolare. Molte piccole
imprese, e ovviamente non solo artigiane, ma industriali e del terziario sono
stremate, avviate verso un declino, che in alcuni casi difficilmente
riusciranno ad invertire”. I numeri dell’Artigianato sono impietosi. Ancora
Mencaroni: “Ultimo trimestre del 2012, Artigianato della provincia di Perugia:
Produzione – 8,1%, Fatturato – 9,9%, Ordinativi – 8,8%. Flessioni che si
sommano a quelle almeno degli ultimi quattro anni”.
Dal 2008 al 2012 in Umbria è scomparsa una impresa artigiana al giorno.
Nel 2008 le aziende artigiane attive erano 24.662, alla fine dello scorso anno
erano diventate 23.165: 1497 aziende in meno, il 6%, quando invece la flessione
del totale delle imprese umbre si è fermata ad un – 0,8%.
In provincia di Perugia in 3 anni (2010-2011 e 2012) sono 796 le
imprese artigiane che hanno alzato bandiera bianca, in quasi tutti i settori.
“Ma la forza dell’Artigianato è ancora viva e capace di proiettarsi nel
futuro, di avere un domani, oltre la crisi – ha notato il presidente Mencaroni.
In alcuni settori come il tessile e l’agro alimentare, ma anche la meccanica,
siamo nella condizione di poter competere con chiunque, sia in Italia che
all’Estero. Laddove sono necessari eccellenza, intelligenza, creatività,
cultura, alta specializzazione possiamo competere e vincere. Una scelta che
tuttavia non ci deve trovare isolati: fare sistema, operare per reti di impresa
è la condizione necessaria per ripartire e tornare alla crescita
dell’artigianato”.
Un messaggio lanciato ai giovani, rappresentati in sala dagli studenti
dell’Istituto Superiore Patrizi Baldelli Cavallotti di Città di Casello, che
possono trovare nell’artigianato la piena rappresentazione delle proprie
capacità e una occasione di lavoro vero e gratificante.
Sulla necessità di stringere un rapporto diretto tra mondo
dell’artigianato e sistema della formazione ha insistito Carla Casciari, vice
presidente della Giunta Regionale e assessore regionale per le Politiche e i
Programmi Sociali, l’Istruzione e Sistema Formativo Integrato.
“Riflettiamo da sempre sulla necessità di dare un significato forte al
rapporto che deve unire il mondo dela formazione da quello dell’impresa – ha
detto Casciari - ma poi quando sento parlare di difficoltà del mondo del lavoro
nel reperire profili professionali adeguati alle loro esigenze, mi rendo conto
che ancora molta strada deve essere percorsa. Gli ultimi dati sulle iscrizioni
all’anno scolastico 2013/2014, fanno capire che i percorsi lavorativi verso
Impresa e Artigianato non sono tra i preferiti. E difatti, ancora una volta in
Italia i ragazzi hanno scelto i licei per il 49,1%, il 31,4% ha preferito
l’Istruzione Tecnica e il 19,6% gli Istituti Professionali. In Umbria, si è
andati oltre questi risultati: i ragazzi che hanno scelto i licei sono stati il
52,3%, al di sopra della media nazionale, un 29,6% ha scelto l’Istruzione
Tecnica e il 18,1% i Professionali. Una situazione che attende una qualche
modifica, pensando ad esempio che verso i cluster Tecnologici, dell’Aerospazio,
ma anche Agrifood e Chimica Verde esistono spinte forti in termini di capacità
di assunzione”.
Un altro dato significativo riportato dall’Assessore Casciari è quello
relativo alla percentuale di studenti che abbandonano gli studi prima del
conseguimento di un diploma o di una laurea. “L’umbria ha una situazione incoraggiante
– ha detto Casciari: siamo all’11,6% rispetto alla media italiana del 18,2,
peraltro abbastanza lontana dagli obiettivi europei fissati al 10 per cento.
Una differenza positiva, per il fatto che l’Umbria ha una popolazione con
qualifiche molto alte, soprattutto in termini di diplomi universitari e di
lauree universitarie, ma che può trovare una giustificazione nella scarsa
disponibilità di posti di lavoro anche induce a rimanere nell’area di
parcheggio offerta dalla Scuola Superiore e dall’Università”.
Il Prof. Enzo Rullani, docente di Economia della Conoscenza presso la
Venice International University, guarda all’Artigianato come una esperienza
viva, tutt’altro che avviata verso il tramonto.
“Ai tempi del fordismo pensavamo che la capacità manuale e con essa la
piccola impresa e soprattutto l’artigianato sarebbero spariti – ha ricordato il
Prof. Rullani. E’ avvenuto il contrario: l’organizzazione fordista è entrata in
crisi e l’artigianto conserva ancora molta dela sua vitalità. Basta vedere ad
esempio la realtà empirica del Made in Italy, basato in gran parte sui valori
dell’imprenditoria personale, sull’intelligenza di artigiani, stilisti,
designer, uniti in una filiera in cui loro si specializzano nel fare design, ma
poi occorre che qualcuno trasformi il design in mobili, i bozzetti in vestiti
da confezionare e porre in vendita. Il Made in Italy è una sintesi
dell’artigianato reinterpretato perché diventa globale e immateriale, uno
stilista ha uno stile che si vende anche con la comunicazione televisiva, però
ha dentro quell’approccio di conoscenza generativa che sta nella testa della
gente, quindi ha dentro la base dell’artigiano, di colui che usa la testa per
fare un prodotto”.
Eccellenze produttive che riescono ad imporsi come ha ricordato
l’Imprenditore Luca Mirabassi, che ha voluto smarcarsi dalle interpretazioni
eccessivamente negative che troppo spesso raccontano di un artigianato umbro in
stato comatoso. Non è così” ha detto Luca Mirabassi, “Il nostro settore tessile
a Perugia sta funzionando e ha segnato da due, tre anni degli incrementi
notevoli. Le aziende a marchio proprio e non solo le più note come Cucinelli,
Cruciani, Filippi, come la nostra azienda Antoniazzi, da 3 anni hanno
cominciato a crescere e si sono portate dietro un vasto settore della
subfornitura artigiana, che è cresciuto insieme a noi. Ciò è stato possibile
perché cinque anni fa, gli imprenditori a marchio proprio del settore tessile
umbro abbiamo fatto scelte specifiche e mirate, decidendo di non delocalizzare,
di restare uniti a lavorare e produrre in Umbria”.
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