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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 19 Giugno 2013 |
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LA CRISI COLPISCE I GIOVANI. ECCO I DATI TOSCANI FORNITI DALL’IRPET
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Firenze, 19
giugno 2013 – La crisi ha una evidente connotazione generazionale.
Questi i
dati toscani presentati e analizzati ieri da Nicola Sciclone dell’Irpet nell’ambito del
convegno “Come dare un futuro ai giovani” che si è svolto nella sede della
presidenza regionale. Fra il 2008 ed il 2012 in Toscana si sono registrati 18
mila lavoratori in meno, che sono però il saldo fra due opposti andamenti: 43
mila occupati in meno fra i 15-29enni e 25 mila occupati in più fra gli over
30. In aumento i tassi di disoccupazione giovanile, che tornano ai livelli del
1992-93, dopo una lunga stagione in cui tali tassi si erano notevolmente
ridotti, anche grazie alle riforme che, a cavallo del nuovo millennio, avevano
introdotto una maggiore flessibilità del mercato del lavoro. La
deregolamentazione del mercato del lavoro aveva quindi sostenuto un modello di
crescita estensivo, capace di creare occasioni di lavoro che però conoscono un
rapido ridimensionamento appena arriva la recessione.
Noi e gli
altri. La crisi ha colpito quasi tutti i paesi. Tuttavia la minore intensità
della caduta del Pil, da un lato, e la minore dualità del mercato del lavoro ha
fatto sì che altrove i giovani pagassero un prezzo minore. In ogni caso se, ad
esempio, guardiamo al rapporto fra il tasso di occupazione giovanile rispetto
al tasso di occupazione della popolazione adulta (oggi al 30 per cento), è
facile osservare la distanza che l’Italia – e inevitabilmente anche la Toscana-
scontano rispetto ai paesi- eccetto quelli dell’area mediterranea- che, più di
noi, hanno una tradizione di incisive politiche attive del lavoro e un
efficiente ed efficace sistema della formazione.
Ripartire
dalla scuola. La qualità dell’istruzione e il modo in cui l’istruzione
interagisce con il mondo del lavoro sono parte integrante delle politiche del
lavoro. E’ questo un punto spesso sottovalutato, ma invece molto rilevante.
Tutte le statistiche sui livelli e la qualità dell’istruzione collocano il
nostro paese, e quindi anche la Toscana (ogni 100 giovani in età 18-24 anni
poco più di 18 non conseguono il diploma di scuola secondaria), nelle posizioni
meno elevate. Abbiamo uno skill gap rispetto ai paesi più evoluti, ma anche
rispetto a quelli emergenti che pongono l’istruzione al primo posto nelle loro
strategie di crescita economica e sociale.
A questo
deficit di formazione si aggiunge la sfasatura fra il mondo della istruzione e
quello del lavoro: troppi lavoratori fra i giovani sono sotto inquadrati (anche
in Toscana poco meno di 1 su 2 fra i laureati e poco più di 1 su 2 fra i
diplomati), a testimonianza da un lato della incapacità del sistema produttivo
di assorbire una domanda di lavoro qualificata e, dall’altro, delle scelte
spesso poco lungimiranti delle famiglie nella scelta dei percorsi di studio dei
propri figli.
La gravità
della disoccupazione e la sfasatura fra domanda ed offerta richiedono
interventi per favorire l’alternanza scuola lavoro: queste esperienze servono
all’orientamento e rendono più facile il passaggio ad un lavoro definitivo. Il
modello tedesco, a questo proposito, offre alcuni spunti interessanti di
riflessione, basandosi su un sistema in cui non esiste la contrapposizione fra
saperi accademici e generalisti, da un lato, e tecnici professionali,
dall’altro, e in cui l’integrazione fra scuola e lavoro è promossa a tutti i
livelli. In Toscana non partiamo da zero: i percorsi di istruzione e formazione
Iefp, Its, Ifts sono tutte esperienze che si richiamano a quel modello, ma
vanno messe in filiera, potenziate, valorizzate, orientate alla cultura del
risultato, sapendo naturalmente che nessun modello è esportabile tout court, ma
al tempo stesso che sul rilancio della formazione tecnico e professionale si
gioca una importante partita a favore dei giovani.
Un nuovo
patto intergenerazionale. L’investimento sulla scuola è il classico esempio di
intervento a resa differita nel tempo. E nel frattempo, come trovare le risorse
per i giovani? In un mondo che non cresce, non resta che la redistribuzione.
Tuttavia se la torta non aumenta, le fette diventano più piccole. Questa è la
trappola che oggi scontiamo nel rapporto fra giovani ed adulti (o anziani). Sia
che si prenda come esempio la riforma degli ammortizzatori sociali della
Fornero, sia le più recenti proposte di una staffetta intergenerazionale, o
molti altri esempi ancora, non esiste una soluzione di “ottimo paretiano”: cioè
una soluzione in cui qualcuno (in questo caso i giovani) guadagna, senza che
nessun altro perda (gli adulti/anziani).
In ogni
caso, anche volendo uscire dallo stereotipo per cui chi difende i giovani è un
innovatore, magari attento al merito, e chi difende i meno giovani invece un
conservatore, i diritti e le tutele non sono distribuiti in modo equo (dalle
pensioni alle condizioni di accesso al mercato del lavoro) da un punto di vista
generazionale. Occorre quindi un nuovo patto fra generazioni, tanto più
difficile a realizzarsi se non riparte la crescita, tanto meno difficile se
riprenderemo a crescere.
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