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Notiziario Marketpress di
Lunedì 08 Luglio 2013 |
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MERCATO IMMOBILIARE E IMPRESE ITALIANE, INDAGINE TECNOBORSA 2013
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Roma, 8 luglio 2013 - Sono 383.883 le imprese nate nel
2012 (il valore più basso degli ultimi otto anni e 7.427 in meno rispetto al
2011), a fronte delle quali 364.972 - mille ogni giorno - sono quelle che hanno
chiuso i battenti, 24mila unità in più rispetto all’anno precedente. Come
conseguenza, il saldo tra nuove imprese e cessate si è attestato sul valore di
18.911 imprese, il secondo peggior risultato del periodo considerato - dopo due
anni consecutivi di recupero - e vicino a quello del 2009, l’anno peggiore
dall’inizio della crisi.
In questa situazione, non sorprende che anche il
mercato degli immobili nel nostro Paese stia registrando un andamento estremamente
negativo; ciò è vero per gli immobili residenziali ma anche per quelli non
residenziali, e la crisi riguarda sia le locazioni che le compravendite.
In un contesto così incerto Tecnoborsa, attraverso il
proprio Osservatorio di Economia Immobiliare, ha voluto approfondire la
conoscenza del fenomeno, esplorando il rapporto tra imprese e mercato
immobiliare: per il secondo anno consecutivo viene, dunque, realizzata
un’Indagine sulle aziende italiane che operano nei settori del commercio, del
turismo, dei servizi e dell’artigianato, il cui scopo è quello di costituire
una base di dati e informazioni utili alla comprensione di come sta cambiando
il mercato immobiliare a supporto dell’attività dell’impresa.
In questo senso si sono approfonditi:
a. I cambiamenti in atto nel mercato immobiliare
business: immobili per uffici, vendita al pubblico, produzione (sono esclusi
gli impianti industriali);
b. Le tendenze e le aspettative per il prossimo
futuro.
L’indagine consente di comprendere meglio il mercato
immobiliare non residenziale fornendo alcune chiavi interpretative per la
lettura dei fenomeni.
Inoltre, nella presente Indagine per la prima volta si
è voluta anche analizzare l’attenzione che le aziende dedicano al risparmio
energetico e all’impatto ambientale, per verificare se e come le imprese
italiane sono pronte a contribuire alla sfida lanciata dall’Unione Europea di
incrementare l’efficienza energetica senza diminuire, bensì migliorando, gli
standard di produzione e di vita del Paese.
Dall’indagine Tecnoborsa sulle imprese operanti nelle
12 aree metropolitane analizzate è
emerso che il 16% di queste sono state fondate negli ultimi dodici anni, mentre
la quasi totalità ha una sede unica, confermando che il tessuto imprenditoriale
del nostro Paese è fortemente caratterizzato dalla presenza di micro e medie
imprese.
Andando a esaminare le funzioni d’uso cui sono adibite
le sedi aziendali si rileva che il 28,5% di esse sono utilizzate a ufficio, il
21,5% a vendita al pubblico, il 15,1% a produzione, l’11,8% sia a ufficio che a
produzione, un ulteriore 17,9% a ufficio e vendita al pubblico, il 3,8% a
vendita al pubblico e produzione; infine, l’1,5% delle sedi vengono utilizzate
per tutte e tre le funzioni considerate; dunque, per il 65,1% delle imprese i
locali sono utilizzati per un’unica funzione d’uso, mentre per il rimanente
34,9% la sede è plurifunzionale.
L’utilizzo della sede di riferimento come ufficio
prevale ovviamente per aziende operanti nel ramo dei servizi (87,2%), mentre
l’attività di produzione è logicamente diffusa per le attività manifatturiere
di tipo artigianale (92,5%) .
Per quanto concerne il titolo di utilizzo dei locali,
si rileva che ben il 54,7% delle aziende opera in sedi prese in affitto,
fenomeno ormai consolidato nel tempo; il 16,8% è localizzato in strutture di
proprietà e il 28,6% utilizza in leasing la sede analizzata. Rispetto
all’Indagine precedente è in calo la quota di imprese che sono in affitto (-2,1
punti percentuali); viceversa, è in crescita la percentuale di quelle che
lavorano in immobili di proprietà (+2,6 punti percentuali); infine, cresce
l’impiego del leasing immobiliare. L’affitto prevale tra le imprese commerciali
e turistiche e, più in generale, nei servizi (dove, peraltro, la variabilità
dei fatturati sconsiglia spesso l’acquisizione), mentre il leasing e la
proprietà crescono nei settori artigiani. Dall’analisi territoriale emerge che
le aziende in affitto prevalgono a Parma, Pisa e Napoli; quelle in leasing a
Roma, Bari, Brescia, Perugia e Ancona; quelle di proprietà a Pisa, Ascoli
Piceno e Cagliari. Invece, dalla relazione tra funzione d’uso e titolo di
utilizzo dell’immobile si evince, in particolare, come il leasing risulti
superiore nel caso di utilizzazione dell’immobile come ufficio.
Tra le imprese che hanno dichiarato di operare in un
immobile di proprietà, è interessante
notare come nel 41% dei casi l’acquisto sia avvenuto attraverso il ricorso a un
mutuo, nel 14,3% con mezzi propri e nel 4,3% si è utilizzata la formula del
leasing con riscatto, mentre nel 40,4% si riscontra che il locale era nelle disponibilità aziendali. Si può evidenziare,
inoltre, come il settore di appartenenza influisca nella scelta del ricorso al
mutuo; infatti, le aziende che hanno fatto ricorso a un mutuo prevalgono
nettamente nel commercio e nei servizi, mentre le imprese artigiane operano in
locali che erano nelle loro disponibilità. Il ricorso a un mutuo per finanziare
l’acquisto dell’immobile risulta particolarmente significativo nelle aree
metropolitane di Milano, Brescia, Parma, Perugia, Pisa e Cagliari. Più in
generale, il finanziamento prevale ampiamente nelle regioni settentrionali del
Paese, certamente per una migliore performance economica ma anche per le note
difficoltà di accesso al credito che si riscontrano nelle regioni del Sud.
Circa il 16,9% delle imprese dichiara di aver cambiato
la sede negli ultimi 10 anni: il 10% lo ha fatto tra il 2002 e il 2007; il 5,2%
tra il 2008 e il 2010 e l’1,8% nel biennio tra il 2011 e il 2012. Da un focus
sugli ultimi due bienni, 2009-2010 e 2011-2012, si registra comunque un
decremento di quasi il 50% tra chi ha dichiarato di aver cambiato la sede e,
infatti, si passa dal 3,4% all’1,7%. Andando a vedere l’aggregato delle aziende
che negli ultimi dieci anni hanno cambiato almeno una volta la propria sede, il
fenomeno ha riguardato il 21,8% di chi oggi è in affitto, il 12,9% di chi è
ricorso a un leasing e solo l’8,1% di chi è in locali di proprietà.
Rispetto all’uso cui sono adibiti attualmente i
locali, la mobilità è stata piuttosto elevata per gli uffici (il 21,8% ha
cambiato sede almeno una volta nell’ultimo decennio), e per le unità
immobiliari destinate alla produzione (19,6%); viceversa, è bassa per quelli
destinati alla vendita, fenomeno questo strettamente correlato al fatto che un
cambiamento di sede può comportare una perdita o comunque un disorientamento
della clientela, particolarmente difficile da recuperare nel commercio. Con
riferimento alle aree metropolitane osservate, quelle nelle quali il fenomeno è
stato rilevato più frequentemente sono state Milano, Parma, Perugia, Vicenza e
Pisa.
Le ragioni che hanno spinto negli ultimi dieci anni le
aziende a cambiare sede sono sostanzialmente tre: l’esigenza di locali più
ampi, ragion per cui il 46% delle aziende ha cambiato sede; il 24,1% lo ha
fatto per andare in locali più piccoli; il 23,9% per l’esigenza di ridurre i
costi; infine, con un notevolissimo divario, seguono tutte le altre
motivazioni. Le prime due motivazioni indicate sono le stesse riscontrate nella
precedente Indagine anche se, per quanto riguarda la necessità di spazi più
grandi, si riscontra un calo di 8 punti percentuali.
Nell’ultimo decennio l’esigenza di locali più ampi è
stata una delle ragioni determinanti del cambiamento di sede delle aziende di
Brescia, Parma, Perugia, Ancona, Pisa e Ascoli Piceno. Inoltre, è risultata
particolarmente sentita dalle aziende di piccole dimensioni (1-49 addetti),
dalle aziende artigiane, nonché dalle aziende del commercio. Viceversa, la
necessità di andare in locali più piccoli è stata una delle motivazioni
principali per le imprese che operano sul territorio di Roma e Milano, non a
caso le città in cui i costi legati agli immobili sono tra i più alti in
Italia.
A coloro che non hanno mai cambiato sede negli ultimi
dieci anni è stato chiesto se hanno mai preso in considerazione l’idea: il 4,6%
ha risposto positivamente ma afferma altresì di aver scartato l’idea in un
secondo momento; ben il 92,8% ha detto di non aver mai considerato questa possibilità e solo il
2,6% ha preso in considerazione tale eventualità. Rispetto all’Indagine 2012,
dunque, non si sono rilevate variazioni significative, confermandosi il dato di
una mobilità estremamente intenzionale e consapevole da parte delle aziende.
Alla base dell’abbandono del progetto di trasferimento ci sono prevalentemente
le difficoltà organizzative e i costi che il cambiamento comporta. Va
sottolineato che la quota di imprese che ha dovuto abbandonare il progetto di
un trasferimento a causa delle difficoltà di trovare le risorse finanziarie
necessarie è aumentata di ben 18,7 punti percentuali rispetto a quanto rilevato
nel 2012 e sicuramente ciò è dovuto tanto alla crisi economica generale quanto
all’ulteriore stretta nella concessione dei mutui e dei finanziamenti attuata dagli istituti di credito. Tra le
aziende che hanno scartato l’idea di cambiare location prevalgono quelle che
operano nei settori dei servizi e dell’artigianato, situate, in particolare,
nei Comuni di Roma, Brescia e Vicenza.
La quasi totalità delle imprese che non hanno mai
valutato un trasferimento di sede
afferma che l’attuale location è sostanzialmente adatta alle proprie
esigenze (94,7%), mentre il 4,6% sta valutando l’idea di cessare l’attività e
il restante 0,7% ritiene di chiudere la sede oggetto di analisi della presente
Indagine. Va sottolineato il fatto decisamente rilevante che, rispetto al 2012,
sono quasi raddoppiate le aziende che stanno valutando di chiudere l’attività.
Tra queste prevalgono le imprese del settore del commercio localizzate a
Milano, Bari, Parma, Ascoli Piceno e Cagliari.
Infine, tra le (peraltro pochissime) aziende che hanno
affermato di stare considerando l’idea di cambiare la propria sede, il 7,6% ha
dichiarato che certamente cambierà sede nei prossimi 12 mesi, il 90,5%
probabilmente cambierà sede nei prossimi 12 mesi, mentre il restante 1,9% ha
deciso di cambiare sede, ma più avanti nel tempo. Pensano di cambiar sede nel
prossimo futuro prevalentemente le aziende del commercio e del turismo che
operano a Napoli, Brescia, Vicenza e Cagliari. Le ragioni principali che
spingono le imprese al trasferimento della propria sede entro i prossimi 12
mesi e oltre sono risultate: l’esigenza di locali più ampi (44,4%); l’esigenza
di ridurre i costi (30,4%) e la necessità di andare in zone con maggiore
accessibilità (23,4%). Sempre considerando le sole aziende che hanno
manifestato l’intenzione di voler cambiar sede, si riscontra che il 59,2% andrà
in affitto, il 24,6% prevede l’acquisto, il 14,7% si sposterà in un immobile
che è già nelle disponibilità della società e il restante 1,4% in uno che si
sta acquistando.
Infine, l’86,2% del campione delle aziende ha
dichiarato di essere molto o abbastanza soddisfatto della sede utilizzata
attualmente, il 9,1% ha affermato di essere mediamente soddisfatto e il 4,7% di
essere poco o per nulla soddisfatto. L’attenzione dell’impresa italiana ai temi
energetici - esplorati per le prima volta in questa nuova Indagine - si
conferma molto contenuta, nonostante il costo crescente della bolletta: circa
l’80% delle imprese intervistate ha, infatti, dichiarato che nella scelta del
locale ha influito poco o per niente il costo della gestione energetica
dell’immobile. In particolare, è stata data pochissima importanza alle spese
energetiche nella valutazione delle dotazioni delle location nelle città di
Brescia e Cagliari; viceversa, ha pesato abbastanza/molto a Milano, Ancona e
Ascoli Piceno.
Non si riscontrano valori molto differenti a quelli
medi studiando il fenomeno rispetto alla dimensione dell’impresa e al settore
di attività - il che appare per certi versi paradossale, in quanto l’incidenza
della bolletta energetica è molto diversa proprio a seconda della tipologia di
attività.
Anche per quanto concerne i costi per la riduzione
dell’impatto ambientale nel rispetto delle norme del costruire verde, più
dell’80% delle aziende ha affermato che ha influito per niente/poco nella
scelta dell’immobile. Rispetto alle variabili descrittive (area, settore,
dimensione), la situazione riscontrata è analoga a quella emersa riguardo
l’attenzione al costo energetico.
Nel 68,9% degli immobili non sono stati fatti
interventi per migliorare le prestazioni energetiche della sede in cui risiede
l’azienda; tuttavia, il 4,1% di queste stesse manifesta l’intenzione di farli
entro il prossimo biennio.
Ben l’80,3% delle imprese non ha eseguito interventi
per ridurre l’impatto sull’ambiente della sede in cui si trova l’azienda
oggetto di campionamento. Le aree in cui è stata mostrata una maggiore
sensibilità verso l’ambiente sono state Roma, Bari e Vicenza, mentre il settore
più attivo è stato quello del turismo.
Da questi risultati emerge, quindi, che circa il 20%
delle imprese che operano sul territorio italiano (una quota invero abbastanza
contenuta), mostra una certa attenzione sia al risparmio economico che alla
riduzione dell’impatto sull’ambiente della propria attività. Si può inoltre
notare come, nel 35,9% dei casi, il fattore mobilità/condizione dei trasporti
ha influito nella scelta dell’immobile e le percentuali più alte sono state
rilevate nelle aziende situate a Napoli, Vicenza e Cagliari.
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