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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 14 Marzo 2007 |
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TEHERAN: UN REPORTAGE DI DOMUS DALLA CAPITALE DELL’IRAN PER RACCONTARE IL RAPPORTO TRA TRADIZIONE E MODERNITA’ UNA RIFLESSIONE SUI CLICHÉ DELLA GEOPOLITICA MODERNA
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Milano, 14 marzo 2007 - Il numero di marzo di domus, che contiene un lungo articolo su Teheran, si apre con un editoriale dedicato ai clichè della geopolitica e ai possibili strumenti per contrastarli, tra cui un ruolo particolare è attribuito all’architettura e ai suoi media, creatori di ‘simulacri dell’immaginario globale’, ‘antenne interattive’, che rappresentano potenti armi di intervento critico sulle condizioni del mondo attuale. ‘In questo numero – scrive Stefano Boeri - che ospita un lungo servizio su Teheran (. ) non potevamo non riflettere sulla spaventosa distanza che intercorre tra la vita reale di questa metropoli cosmopolita e multiculturale e l’immagine veicolata dalla geopolitica. ’ Teheran: domus esplora i paradossi di una metropoli contemporanea Il numero in edicola di domus contiene un lungo articolo dedicato a Teheran, capitale dell’Iran, con lo scopo di raccontare il rapporto che esiste oggi nel paese tra modernità e tradizione, anche attraverso gli interventi di Shirin Aliabadi, Darab Dida, Kavous Seyyed Emani, Nasser Fakouhi, Ramak Fazel, Ehsan Jahani, Shahab Katouzian, Kaveh Mehrabani, Kaveh Rashidzadeh e Zahra Tabdili. Nasser Fakouhi propone a domus un postulato iniziale: ‘in Iran bisogna separare la forma dai contenuti; ciò che si vede non è quello che è. Una persona che appare estremamente tradizionalista è in realtà estremamente moderna. E viceversa. ’ Per capire un paese come l’Iran – afferma Fakouhi – ‘occorre dunque innanzitutto evitare l’esotismo. Gli iraniani vedono sempre più se stessi e la propria vita attraverso gli occhi degli europei e degli americani. I problemi dell’Iran potranno avere una soluzione solo se inizieremo a vedere l’Iran come un paese moderno e non tradizionalista. ’ Per Mohammadreza Pourzargar, architetto, bisogna ricordare che Teheran è la terza città del mondo in quanto a sviluppo urbano. ‘Durante il giorno vivono qui tra i 15 e i 17 milioni di persone (di notte 9-10 milioni), ma questa metropoli in realtà è un villaggio. La modernità non è arrivata al nucleo, resta sulla superficie delle cose’. ‘Il problema - continua Pourzargar - è sviluppare una cultura moderna. (. ) Per questo il mio dovere di architetto sia di avvicinarmi il più possibile alla gente, per capirne la mentalità…’ Darab Diba, architetto, sostiene che il problema è ‘l’enorme conflitto tra il modo di vivere tradizionale e la modernizzazione. Questo conflitto ha creato una spaccatura nella psiche profonda degli iraniani. (. ) C’è una religiosità asservita alla politica, ma c’è anche una religiosità tramandata dal padre, dalla madre, dal nonno. Sembriamo essere in qualche modo moderni, ma in fondo abbiamo paura perfino della metafisica. La nostra modernità nasconde un enorme conflitto. ’ Kavous Seyyed Emani parla di Teheran come di una città dove convivono molte differenze. E i suoi cittadini sono ‘tradizionali e contemporaneamente moderni e moderni e contemporaneamente tradizionali. ’ Kaveh Mehrabani racconta a domus come questo rapporto difficile tra tradizione e modernità si riscontri anche nell’ambito dell’architettura e dell’urbanistica: ‘Se non si prendono in considerazione le recenti addizioni (. ) si osserva che la maggior parte delle vie del centro è ancora caratterizzata dalla presenza di edifici dai volumi forti e dai particolari accurati, che risalgono a parecchi decenni or sono’. Nella città, infatti, tra gli anni Cinquanta e il 1979, si manifestò una vasta gamma di interpretazioni dell’architettura moderna. Un totale processo di modernizzazione che si verificò in breve tempo su un territorio prevalentemente libero. Per questo – afferma Mehrabani – ‘Il tradizionalismo degli architetti iraniani in realtà nacque prima della rivoluzione e non dopo. ’ ‘Forse – conclude - possiamo considerare Teheran come l’esempio di una nuova città, in cui la libertà stilistica ha avuto modo di fiorire, e di come tutto quanto possa essere demolito in breve tempo. ’ Ehsal Jahani racconta a domus le sue avventure sui taxi di Teheran. ‘Il taxi – racconta Jahani - è il luogo dove la gente può ascoltare ogni genere musicale proveniente dall’Occidente. (. ) Ho chiesto al conducente come si era procurato quella musica. Mi ha risposto che era stata registrata da Mtv oppure scaricata da Internet. (. ) In ogni caso - afferma Jahani - nella società iraniana il taxi è un luogo sicuro dove passeggeri che condividono le stesse idee possono ascoltare Robbie Williams, mentre si interrogano sulle inclinazioni sessuali degli artisti. Tutto questo succede solo nel “piccolo parlamento ambulante”. Nascono così diversi interrogativi ‘Perché l’unico forum pubblico sicuro in cui è possibile affrontare le argomentazioni politiche e dove avviene un sano scambio di idee deve essere relegato nei confini angusti della cabina di un taxi? Se tutto questo è in contraddizione con la società islamica, allora quali sono le alternative che questa società considera ‘corrette’?’. Tra gli altri argomenti di domus: Villa Nemazee, progettata da Gio Ponti a Teheran: il racconto Lisa Ponti e Shahab Katouzian Teherangeles: domus scopre l’unico agglomerato urbano che nell’America di oggi costituisce un legame diretto con l’Iran . |
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