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Notiziario Marketpress di Lunedì 02 Dicembre 2013
 
   
  ANTICRISI: ECCO LE 60 MILA IMPRESE MILANESI CHE PUNTANO SULL’EXPORT

 
   
  Milano, 2 dicembre 2013. Per vincere la crisi le imprese milanesi puntano sull’export. E sono circa 60 mila quelle che già hanno relazioni con l’estero, più di una su cinque (stima Camera di commercio di Milano su dato censimento Istat), Trainano l’Est europeo e i Paesi emergenti dell’Asia orientale, bene anche Stati Uniti e Messico. Meccanica, prodotti chimici e farmaceutici i più esportati ma è il cosiddetto macro-settore del “bello e ben fatto” (abbigliamento, calzature, sistema casa, alimentare), con esportazioni per circa sette miliardi di euro, ad apparire in continua espansione. Export milanese a quota 38 miliardi nel 2012, +3,5% in un anno. Milano saldamente prima nella classifica italiana (precede Torino e Vicenza), rappresenta il 10% del totale nazionale. Emerge dalla ricerca “I confini dell’economia milanese” del Servizio Studi della Camera di commercio di Milano, pubblicata sulla sua nuova rivista quadrimestrale “Imprese & Città”(n. 1 autunno 2013). Identikit dell’impresa milanese che esporta. Medio-piccola, flessibile e pronta a investire sui mercati più lontani ma anche con una struttura organizzativa semplice e abituata a fare da sé: ecco l’identikit dell’impresa milanese che esporta. Nel 78% dei casi ha infatti tra i 10 e i 49 dipendenti. Punta molto sull’export: il 37% esporta per un valore superiore al 50% del proprio fatturato e il 25% nel 2012 ha incrementato questa quota. Opera non su uno ma su molti mercati esteri: il 44% ha relazioni commerciali con più di 10 Paesi di sbocco e il 55%, soprattutto fra le piccole imprese, pensa nel prossimo futuro di allargare il proprio raggio d’azione. Ha una struttura organizzativa semplice e l’85% ha intrapreso da solo questa attività, senza avere alle spalle una multinazionale né partecipare a un consorzio o a una rete di imprese. Ma è flessibile: il 52% ha modificato la propria produzione adeguando la propria offerta alle esigenze e ai gusti del target e il 26% ha aperto anche una filiale nel Paese in cui esporta. Le difficoltà maggiori che incontra? L’accesso al credito bancario, i costi iniziali elevati, la scarsa conoscenza dei mercati e la ridotta dimensione aziendale E il 29 novembre, in Camera di commercio, si è parlato di internazionalizzazione e Pmi, nell’ambito del Premio “Il Logistico dell’Anno”. In questa Ix Edizione del Premio, principale riconoscimento nazionale della logistica in c/terzi in Italia, ideato e organizzato da Assologistica, sono state consegnate 24 targhe alle imprese e 9 ai manager che si sono distinti sul mercato per innovazione e investimenti logistici nei processi delle supply chains e della distribuzione. La premiazione è avvenuta al termine del convegno-dibattito “Internazionalizzazione e Pmi, il ruolo della logistica nell’esportazione del Made in Italy”. La manifestazione di quest’anno, organizzata da Assologistica, insieme a Euromerci ed Assologistica Cultura e Formazione, è stata elaborata in collaborazione con la Camera di commercio di Milano e con la sua azienda speciale Promos per l’Internazionalizzazione. “In un momento di difficoltà economica mondiale, i prodotti del made in Italy hanno ancora un forte appeal sui mercati internazionali – ha dichiarato Giorgio Balzaretti, consigliere della Camera di commercio di Milano e dell’Associazione Lombarda Spedizionieri e Autotrasportatori (Alsea) -, per cui è importante sostenere le nostre imprese nel loro sforzo di internazionalizzazione. La Camera di commercio di Milano lo fa, attraverso la sua azienda speciale Promos per le attività internazionali, con servizi di consulenza mirati, missioni imprenditoriali, analisi dei mercati, formazione. E oggi partecipa a questa iniziativa proprio per favorire una partnership sempre più stretta tra imprese esportatrici e operatori nazionali del settore logistico, in quanto una buona gestione di questi aspetti dell’export può portare vantaggi in termini di costi ma anche di competitività”. La ricerca in sintesi Identikit dell’impresa esportatrice milanese. Si tratta di un’impresa per lo più di dimensione medio-piccola (il 78% delle imprese ha un numero addetti ricompreso tra 10 e 49; il 52% ha un fatturato tra 1 e 5 milioni di euro) e attiva in maniera prevalente nei settori della meccanica, dei prodotti in metallo, dell’elettronica e della chimica. Per quanto riguarda l’intensità dell’internazionalizzazione, una quota significativa di imprese (il 37%) è fortemente dipendente dalla domanda estera esportando per un valore superiore al 50% del fatturato. Inoltre il 25% delle imprese ha visto crescere nel corso del 2012 (anno nel quale la domanda interna è risultata del tutto bloccata) la quota dell’export sul fatturato e una percentuale speculare ha incrementato il numero dei Paesi di sbocco. Ben il 44% delle imprese ha relazioni commerciali con più di dieci Paesi esteri mentre solo il 14% commercia con uno o due Paesi. Il 55% delle imprese dichiara la volontà di allargare ulteriormente il proprio raggio di azione internazionale. Mercati di riferimento. La destinazione prevalente dell’attività commerciale risulta essere l’Unione europea, seguita dagli Stati Uniti. Quando si chiede, però, alle imprese di indicare l’area alla quale intendono rivolgere lo sguardo nei prossimi anni, emerge un forte orientamento verso i mercati extra-Ue a più alto tasso di crescita. E sono le imprese di piccola dimensione a trainare questo flusso – in particolare, verso Russia e Cina – in virtù di una grande flessibilità che permette loro di adattarsi con rapidità ai mutamenti in corso. Modalità organizzative all’estero. Le imprese milanesi si caratterizzano per una struttura molto semplice. Solo l’8% utilizza piattaforme digitali appositamente studiate e solo il 24% ha un ufficio dedicato ai rapporti con l’estero, mentre il 55% utilizza il normale ufficio vendite indifferentemente per il mercato interno ed estero. Operare e vendere nei mercati esteri richiede però di adattarsi con la flessibilità dovuta alle esigenze e ai gusti del target che si intende raggiungere. In tale ottica, il 52% delle imprese ha dovuto modificare la propria produzione (di prodotti o servizi) adeguando l’offerta e costruendo nuovi prodotti ad hoc; il 26% (percentuale significativa che testimonia una crescente presa di coscienza sull’importanza di attivare presidi diretti nei Paesi di sbocco) vanta una presenza nei mercati esteri attraverso una filiale (nel 38% dei casi di presenza diretta), un ufficio di rappresentanza (35%), un punto vendita (27%). L’85% di chi opera all’estero ha intrapreso da solo tale attività (l’immagine dell’imprenditore che si mette in viaggio munito di valigetta e inventiva individuale è dunque ancora attuale); il 12% ha seguito come subfornitore un’impresa multinazionale, il 7% ha seguito un’impresa nazionale. Meno frequenti le altre modalità quali la partecipazione a consorzi o a reti di imprese. A proposito di reti, una percentuale ancora piuttosto bassa di imprese (il 15%) valuta l’ipotesi di aggregarsi con altre aziende allo scopo di raggiungere con più probabilità di successo i mercati esteri. Principali difficoltà. Alla semplicità della struttura organizzativa e alla scarsa attitudine a operare in rete sono riconducibili molte delle principali difficoltà che le imprese dichiarano di incontrare nell’attività internazionale. Accanto al nodo del credito bancario difficoltoso (assillo pressante che riguarda tutte le imprese trasversalmente ai settori e alle dimensioni aziendali), emergono difficoltà connesse ai costi di accesso ai mercati esteri, alla ridotta dimensione di azienda, alla scarsa conoscenza dei mercati. L’andamento dell’export milanese. Milano rappresenta quasi il 10% delle esportazioni nazionali e il 35% di quelle regionali; il 16% delle importazioni nazionali e il 53% di quelle lombarde. La quota dell’export sul valore aggiunto è pari al 40%, percentuale che avvicina l’area milanese agli standard tedeschi. Nella classifica delle province Milano è nettamente al primo posto. La seconda provincia risulta poi essere Torino, seguita da Vicenza. E Brescia, con un ammontare inferiore alla metà di quello milanese. E se l’Europa costituisce ad oggi ancora il principale mercato di sbocco delle esportazioni milanesi (la sola Unione europea assorbe il 40% dei flussi totali), in generale, l’area milanese, rispetto al resto dell’Italia, si caratterizza per una maggiore apertura verso mercati più lontani. La quota milanese delle esportazioni verso sbocchi extra-europei è pari al 43% contro un dato nazionale del 37%. Per esempio, i flussi verso il mercato statunitense hanno conosciuto già in questi ultimi anni una forte accelerazione. In forte crescita anche quelli verso l’America meridionale e verso l’Asia grazie soprattutto al contributo dell’Asia orientale. La crescita dell’export più robusta dal 2000 a oggi è stata messa a segno dalla Cina (5° Paese nella classifica dei destinatari delle esportazioni milanesi), dalla Russia e dall’India che, in termini assoluti, continua però a essere un mercato secondario per le imprese milanesi. Forti anche gli incrementi fatti registrare da Corea del Sud, Brasile e Turchia, dove sono attive molte imprese milanesi nel campo della chimica, e verso gli Emirati Arabi in relazione soprattutto alla meccanica e al tessile. Ma nuovi mercati emergenti si stanno gradualmente affermando come mercati di sbocco redditizi. Tra questi, alcuni Paesi dell’Asia orientale come Thailandia, Indonesia e Vietnam; dell’America Latina quali Messico (per la meccanica in quanto i macchinari prodotti dal comparto milanese rispondono per qualità alle specifiche esigenze di quel mercato) e Cile; dell’Asia centrale (Kazakistan); dell’Africa (Sud Africa). I settori dell’export milanese. Per quanto riguarda le dinamiche settoriali, è la manifattura a fare la parte del leone, costituendo il 95% dei flussi. Una maggiore capacità di penetrazione internazionale è esercitata dai produttori di beni di fascia medio-alta. Il cosiddetto macro-settore del “bello e ben fatto” (abbigliamento, calzature, sistema casa, alimentare) realizza un export pari a circa sette miliardi di euro, dato che appare in continua espansione. E la vocazione estera delle imprese milanesi si sta estendendo sempre più anche alle lavorazioni a monte delle filiere: con l’incremento del commercio di beni intermedi (e il rallentamento di quello di prodotti finiti) in ragione di importanti mutamenti strutturali, quali l’accelerato sviluppo delle vie di trasporto, la diffusione di internet, una lenta ma progressiva riduzione delle distanze culturali, la frammentazione su scala globale dei processi produttivi. Il settore trainante, sul piano quantitativo, dell’export milanese è la meccanica, con un’incidenza sul totale dei beni esportati del 22%, dato in leggero calo dal 2008 a oggi, ma che tiene grazie al buon posizionamento sui mercati a crescita più elevata, in modo particolare in America Latina. Buone performance esportative sono state messe a segno negli ultimi anni anche dai settori della chimica e della farmaceutica.  
   
 

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