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Notiziario Marketpress di Lunedì 25 Giugno 2007
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: LA CORTE RESPINGE IL RICORSO DELLA COMMISSIONE CONTRO LA CLAUSOLA «PER QUANTO RAGIONEVOLMENTE PRATICABILE» CONTENUTA NELLA LEGISLAZIONE BRITANNICA IN TEMA DI SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI

 
   
  La Corte di giustizia con la sentenza del 14 giugno 2007 pronunciata nella causa C-127/05 (Commissione delle Comunità europee / Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord) ha affermato che la Commissione non ha dimostrato adeguatamente che la detta clausola limita, in violazione delle disposizioni della direttiva sulla sicurezza e la salute dei lavoratori, la responsabilità dei datori di lavoro e l´obbligo a cui sono tenuti di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori. La direttiva comunitaria 12 giugno 1989, 89/391/Cee, concernente l´attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro prevede che il datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro. In deroga a detta disposizione, gli Stati membri possono prevedere l´esclusione o la diminuzione della responsabilità dei datori di lavoro «per fatti dovuti a circostanze a loro estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili, malgrado la diligenza osservata». Nel Regno Unito, la sicurezza e la salute dei lavoratori sono disciplinate dal Health and Safety at Work Act 1974. Secondo tale legislazione, ogni datore di lavoro è obbligato a garantire la salute, la sicurezza ed il benessere di tutto il suo personale «nei limiti di quanto ragionevolmente praticabile». Le violazioni di questi obblighi sono penalmente sanzionate. Ritenendo che tale disposizione non sia conforme alla direttiva, la Commissione europea ha proposto un ricorso per inadempimento contro il Regno Unito. La Commissione sostiene che la legislazione britannica consente a un datore di lavoro di eludere la responsabilità che ad esso incombe, se riesce a dimostrare che l´adozione di misure che garantiscono la sicurezza e la salute dei lavoratori risulterebbe manifestamente sproporzionata in termini di costi, di tempo o di qualsivoglia difficoltà rispetto al rischio effettivo. Orbene, secondo la Commissione, l´unica deroga possibile ad una tale responsabilità sussisterebbe nei casi espressamente previsti dall´art. 5, n. 4, della direttiva, disposizione che, in quanto eccezione al principio generale della responsabilità del datore di lavoro, deve essere interpretata in modo restrittivo. La Corte constata, innanzitutto, che la Commissione contesta la clausola controversa non solo a causa della sua idoneità a limitare la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortuni, ma anche riguardo alla sua capacità di incidere sull´ampiezza dell´obbligo generale di sicurezza incombente al datore di lavoro. Relativamente alla responsabilità del datore di lavoro in caso di infortuni, la Corte rileva che la Commissione si fonda su un´interpretazione della direttiva dalla quale emerge che una responsabilità oggettiva, sia essa civile o penale, grava sul datore di lavoro. La Corte indica, tuttavia, che una tale lettura della direttiva non è fondata né sulla formulazione, né sui lavori preparatori, né sull´economia della direttiva. Inoltre la Commissione non ha dimostrato per quale ragione l´obiettivo della direttiva non possa essere conseguito con mezzi diversi dalla previsione di un regime di responsabilità oggettiva a carico dei datori di lavoro. La Corte ne deduce che la Commissione non ha dimostrato che, non prevedendo una forma di responsabilità oggettiva, la clausola controversa limita la responsabilità dei datori di lavoro in violazione delle disposizioni della direttiva. Per quanto riguarda l´influenza della clausola sull´ampiezza dell´obbligo di sicurezza incombente al datore di lavoro, la Corte rileva che la Commissione non ha sufficientemente precisato come interpreta il contenuto di detto obbligo. Ne deduce che la Commissione non ha dimostrato in che modo la clausola controversa, considerata alla luce della giurisprudenza nazionale, violerebbe le disposizioni della direttiva. Di conseguenza, la Corte conclude che la Commissione non ha dimostrato adeguatamente che, circoscrivendo entro i limiti di quanto ragionevolmente praticabile l´obbligo del datore di lavoro di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro, il Regno Unito sia venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza della direttiva .  
   
 

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