|
|
|
|
|
|
|
Notiziario Marketpress di
Mercoledì 21 Novembre 2007 |
|
|
|
|
|
IN TRENTINO IL MERITO CONTA PIÙ CHE NEL RESTO D’ITALIA E LA FLUIDITÀ SOCIALE APPARE IN CONTINUA CRESCITA
|
|
|
|
|
|
Trento, 21 novembre 2007 – Il Trentino è una società più meritocratica di quanto non siano l’Italia settentrionale e, ancora di più, l’intero Paese. Non solo: la maggiore fluidità sociale mostrata dal Trentino appare crescente nel tempo. Il Trentino sta quindi aumentando i propri livelli di meritocrazia molto più velocemente di quanto non facciano le altre province e regioni dell’Italia. E’ questo il dato più evidente che emerge dai dati sulla mobilità sociale in Trentino, ovvero sul grado di apertura sociale e meritocratica della collettività trentina rispetto al resto dell’Italia. Dati che fanno parte dell’Indagine sulle condizioni di vita delle famiglie trentine, in corso di realizzazione da parte dell’Opes, l´Osservatorio Permanente per l´economia, il lavoro e per la valutazione della domanda sociale costituito dalla Provincia autonoma di Trento, dall´Università degli Studi di Trento e dalla Camera di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato di Trento. Proprio i dati e le indicazioni sulla mobilità sociale sono stati presentati in anteprima oggi nella sala stampa di piazza Dante, nell’incontro cui ha partecipato il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai. A fornire e commentare i dati, Antonio Schizzerotto, professore ordinario presso la Facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Trento e presidente dell’Opes e Giovanna Fambri, dirigente del Servizio Statistica della Provincia che ha ricordato come questa indagine coinvolge tremila famiglie, 8. 000 persone, 80 rilevatori ed è durata tre mesi. “E’ importante questa fotografia statistica non episodica – ha detto Dellai – perché ci permette di addentrarci nelle pieghe della società trentina, in un momento nel quale è sempre più evidente che non ci si può affidare al solo Pil quale unico indicativo della situazione di una terra. Questi dati dimostrano che siamo più avanti del resto d’Italia nel fornire opportunità di lavoro, carriera e studio anche a chi parte da condizioni sociali umili, ma certamente molto resta da fare per arrivare al livello del Nord Europa. Però non siamo statici, siamo in ebollizione e questo è assai positivo. Perché questo è il vero welfare: dare opportunità di mobilità sociale e lo facciamo con le borse di studio, con i prestiti d’onore, con i progetti mirati al mondo giovanile e alla nuova imprenditoria”. Quindi è toccato al professor Schizzerotto fornire i dati (disponibili nel sito internet dell’ufficio stampa, allegati a questo comunicato) ed una loro prima interpretazione. Uno dei tratti che distingue una comunità dinamica e aperta, nonché coesa – ha detto - è la capacità di unire efficienza ed equità nella collocazione degli individui nelle varie posizioni sociali e occupazionali. In una simile collettività i destini delle persone dipendono principalmente dalle loro capacità e dai loro meriti personali e non dalle loro origini ed appartenenze sociali. Il livello di mobilità sociale rappresenta dunque uno dei modi più rigorosi per misurare fino a che punto una collettività sia socialmente aperta e fluida, sia capace, cioè, di fare emergere i migliori, anche se di umili origini. ” Come si colloca dunque il Trentino quanto a mobilità sociale? “In base all’Indagine – è stato detto – si può dire che il tasso di mobilità sociale intergenerazionale assoluta sia pari al 58,9%. Ciò significa che circa i tre quinti dei trentini e delle trentine hanno raggiunto una collocazione nella stratificazione sociale difforme da quella dei loro genitori. Si tratta di una quota decisamente elevata e non molto dissimile da quella registrata nel resto dell’Italia settentrionale (59,7%) e nel resto del Paese (60,1%). Molti dei movimenti ai quali abbiamo appena fatto riferimento non sono, però, generati dall’applicazione del principio delle pari opportunità di successo, bensì dalle trasformazioni subite della struttura occupazionale. Se oggi molti discendenti di coltivatori diretti non fanno più il mestiere dei loro padri è perché il settore agricolo ha visto diminuire nel tempo i suoi addetti. Analogamente, se molte figlie di operai dell’industria si trovano a svolgere ruoli da colletto bianco è perché gli impiegati sono cresciuti di numero più dei lavoratori manuali. Ed è proprio perché – a causa delle sue contenute dimensioni demografiche – la struttura occupazionale del Trentino è un po’ meno variegata di quella dell’insieme del Paese che il suo tasso di mobilità intergenerazionale assoluta è lievemente inferiore, come si è visto, a quello nazionale”. Per stabilire, dunque, quale sia l’effettivo grado di fluidità sociale del Trentino e del resto del Paese è necessario guardare alla mobilità relativa, ossia all’intensità dell’associazione tra posizioni di provenienza e posizioni di arrivo che rimane dopo avere, per così dire, azzerato gli effetti delle trasformazioni strutturali. Ebbene, dalle analisi condotte appare che il Trentino è una società più meritocratica di quanto non siano l’Italia settentrionale e, a maggior ragione, l’intero Paese. Ma ciò che più conta è che la maggiore fluidità sociale mostrata dal Trentino appare crescente nel tempo. Il Trentino sta aumentando i propri livelli di meritocrazia molto più velocemente di quanto non facciano le altre province e regioni dell’Italia settentrionale e il resto del Paese. Ma perché il Trentino è più europeo del nord Italia o, meglio, perché il Trentino è più fluido e meritocratico non solo del resto del Paese ma anche delle regioni e delle province settentrionali? E come mai il Trentino tende a sviluppare questa caratteristica più velocemente di quanto riescano a fare queste ultime? L’analisi dei dati raccolti induce a ritenere – afferma ancora il professor Schizzerotto - che tre siano i fattori capaci di spiegare le peculiarità trentine. Il primo ha carattere storico e si configura come una sorta di pre-condizione favorevole all’instaurarsi di un regime di elevata fluidità sociale. Si tratta della sostanziale assenza dal Trentino di forme arcaiche, tradizional-nobiliari, di stratificazione sociale e della plurisecolare presenza di forti istanze comunitarie di stampo solidaristico. Su questo terreno, che ha impedito la formazione e la cristallizzazione di stridenti fenomeni di disuguaglianza e di chiusura sociale, ha agito lo sviluppo economico degli anni Sessanta che ha innescato un processo di crescita materiale del territorio locale in tempi molto più stretti di quelli conosciuti dal resto dell’Italia. Non è stata così possibile la sedimentazione, attraverso le generazioni, di gruppi occupazionali chiusi capaci di trasmettere per via ereditaria i loro privilegi ai propri discendenti e di impedire l’accesso al loro interno da parte dei figli di gruppi sociali più svantaggiati. A fluidificare ulteriormente il processo di allocazione degli individui nelle varie posizioni della stratificazione sociale sono, poi, intervenute le norme sull’autonomia regionale e provinciale. Queste ultime hanno prodotto due ordini di conseguenze rilevanti. Innanzitutto, hanno dato vita ad apparati amministrativi relativamente ampi alle cui posizioni si può accedere prevalentemente per concorso e che comunque non sono, per definizione, trasmissibili ereditariamente. In secondo luogo – ha aggiunto Schizzerotto - ha consentito una serie di importanti investimenti in politiche pubbliche, segnatamente quelle sull’istruzione e in materia economica (e il presidente Dellai ha aggiunto anche la capacità dell’autonomia di liberare energie nel rapporto tra centro e periferia), le quali hanno aperto le porte all’ingresso nella competizione per assicurarsi posizioni occupazionali e sociali vantaggiose anche a persone provenienti da strati sociali che, altrimenti, mai sarebbero riuscite acquisire le risorse immateriali e materiali necessarie a ciò. Si è così innescato un processo virtuoso di relativamente equa competizione sociale che, in quest’ultimo decennio, è stato ulteriormente rafforzato dagli interventi provinciali in materia di politiche giovanili, educative, per la ricerca, per le imprese e contro la povertà e la deprivazione sociale. Si spiega così non solo perché il Trentino faccia registrare livelli di meritocrazia superiori a quelli del resto del Paese, ma anche perché questi livelli crescano nel volgere delle generazioni. Naturalmente, hanno ricordato Schizzerotto, anche in Trentino permangono non trascurabili fenomeni di disuguaglianza nelle chance di mobilità sociale. Ma è certo che se proseguirà nel migliorare “le politiche pubbliche (soprattutto nel campo dei provvedimenti di welfare, del lavoro, per l’innovazione, per le imprese e per le pari opportunità di genere), essa potrebbe davvero eguagliare e – perché no? – sopravanzare quelle che attualmente paiono le società più aperte e fluide finora conosciute, ossia le democrazie nordiche”. . |
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|