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Notiziario Marketpress di Lunedì 03 Dicembre 2007
 
   
  NASCONO I “PUNTI DI ASCOLTO PER IL CITTADINO” IL NUOVO WELFARE CHE PROMUOVE LA COESIONE SOCIALE L’INTEGRAZIONE DEI SERVIZI ALLA BASE DEL MODELLO ORGANIZZATIVO DEGLI SPORTELLI UNICI

 
   
  Trento, 3 dicembre 2007 - Si chiameranno “Punti di ascolto per il cittadino”: sono la risposta - prevista dalla legge 13/2007 sulle politiche sociali e che già si sta sperimentando in Primiero - che le future Comunità di Valle sono chiamate a dare alle “emergenze” sociali. Una risposta che vuole interpretare una nuova idea di welfare in una società dove la domanda di servizi è letteralmente “esplosa” e dove la coesione comunitaria rischia di sfaldarsi tra individualismo e globalizzazione. Una società dove la precarietà incide sul numero delle richieste di aiuto, soprattutto per la loro complessità: la crisi della famiglia con le sue difficoltà a conciliare educazione dei figli e lavoro dei genitori; il disagio di molti di fronte ai veloci cambiamenti della società ed ai tempi di lavoro; i processi di marginalizzazione e di conflittualità diffusa tra persone, generazioni ed etnie; il modificarsi dei valori e la difficoltà di riconoscere gli stessi in contesti sociali sempre meno definiti. Una complessità alla quale non è più possibile rispondere con servizi frammentati ma creando sinergie, collaborazioni, integrazione tra il “sociale” pubblico e quello privato, capaci di perseguire lo star bene individuale e collettivo, di produrre sicurezza - prevenendo le situazioni di disagio e offrendo assistenza alle vittime di reati ed alle categorie più deboli – di promuovere salute, educazione, istruzione, diritti, responsabilità e cittadinanza consapevole. Reti territoriali per la coesione sociale: questo sono i Punti di ascolto per il cittadino descritti nel provvedimento, approvato oggi su proposta del presidente Lorenzo Dellai (titolare delle competenze assessorili dell’istruzione e delle autonomie locali) e dell’assessore alle politiche sociali Marta Dalmaso, che ne prevede l’istituzione in via sperimentale sul territorio provinciale, definendone il modello organizzativo e funzionale. Un modello che farà da battistrada e da “buona pratica” per una più ampia sperimentazione nazionale prevista da un’intesa della Conferenza unificata Stato-regioni riguardante la riorganizzazione dei consultori familiari (nati in Trentino trent´anni fa, con la legge provinciale 20/1977) e dei servizi per la famiglia. Sportelli interdisciplinari e multiprofessionali ispirati ad una logica di integratazione a rete dei servizi, strumento di prima rilevazione dei bisogni individuali e delle problematiche sociali, d’informazione e d’erogazione di servizi appartenenti ad ambiti contigui quali la promozione sociale e della sicurezza, le politiche per la salute, educative e dell’istruzione. Si tratta di un passaggio importante, per “dare gambe” alla riforma del welfare avviata con la legge 13/2007 “Politiche sociali della provincia di Trento” approvata nel luglio di quest’anno, e previsto come una delle più significative “azioni” del Piano di interventi in materia di politiche familiari (settembre 2004). Nel documento di indirizzi, elaborato dal Servizio Politiche sociali ed abitative e dal Servizio Autonomie locali in collaborazione con gli Assessorati all’Istruzione e alle politiche giovanili e alle Politiche per la salute, approvato stamane dalla Giunta provinciale, sono delineati obiettivi, ruolo, funzioni, ambiti di attività e il possibile assetto organizzativo che, nel rispetto delle specificità e delle risorse del territorio, i “Punti di ascolto” potranno assumere. Dialogando e rapportandosi con le comunità di riferimento, con le loro risorse relazionali, di vicinato e reti familiari. Perché è solo così che si crea cosione sociale, ma anche per essere più efficienti negli interventi, e per intercettare magari chi, pur vivendo o esprimendo una situazione di disagio, ai servizi sociali non si rivolge. “La finalità dello sportello – si legge nella premessa della delibera – è quella di offrirsi quale centro di lettura delle problematiche e di valorizzazione delle risorse della comunità locale, offrendo contestualmente un servizio di assistenza alle vittime dei reati in termini di informazione sugli strumenti di tutela, di accessibilità ai servizi, di assistenza e aiuto con particolare riguardo alle categorie più deboli e alle vittime delle violenze più gravi”. Nasce da qui, da questa nuova poliedrica conformazione della domanda di servizi sociali e dunque dalla necessità di rispondervi con modalità organizzative nuove, gestite dalle comunità locali, che valorizzino l’integrazione dell’offerta del pubblico con quella del privato e che allo stesso tempo siano capaci di stimolare la crescita consapevole dell’autonomia e della responsabilità di ogni soggetto, l’idea degli “sportelli per il cittadino”. E’ il modello, appunto, delle reti territoriali, un modo di produrre welfare che è già modalità di lavoro condivisa dalla quasi totalità delle agenzie che erogano servizi sociali ma che – nel disegno del governo provinciale e della nuova legge sulle politiche sociali - deve però radicarsi ed estendersi, includendo nuovi attori e nuove agenzie, e che dovrà mostrare la flessibilità e la capacità di adattamento che l’evoluzione della realtà e dei problemi sociali impongono. Ma per che cosa, concretamente, il singolo e le famiglie troveranno “ascolto” negli sportelli? Cinque sono gli ambiti di attività individuati dal progetto sperimentale avviato oggi dalla Giunta: la promozione della famiglia, lo sviluppo di comunità, la promozione dell’associazionismo e delle politiche giovanili, un servizio di supporto alle vittime, le nuove cittadinanze. Promozione della famiglia - In analogia con i Centri per le Famiglie attivati in altre regioni italiane, viene proposta la progettazione di spazi nei quali le famiglie possono trovare risposte concrete in ordine a problemi della vita quotidiana, a difficoltà di conciliazione dei tempi di lavoro e cura, agli impegni educativi, eccetera. Spazi rivolti a sostenere la promozione del benessere delle famiglie in una dimensione solidale e in una logica di valorizzazione delle risorse di tutti attraverso lo scambio e l’aiuto reciproco - Nello sportello le famiglie devono poter trovare informazioni e orientamento a vari livelli: sui servizi, le risorse e le opportunità (sociali, educative, sanitarie, scolastiche, della sicurezza e del tempo libero), istituzionali e informali, che il territorio offre; su servizi ed iniziative a sostegno di tutte le esperienze di genitorialità anche attraverso la costituzione di gruppi (auto-mutuo-aiuto), la realizzazione di corsi, l’offerta di servizi di consulenza e sostegno mirati a problematiche ed esigenze specifiche (difficoltà scolastiche, educative, . ); su iniziative di promozione di volontariato familiare, dell’affido familiare, dell’accoglienza e dell’adozione in collaborazione con le associazioni/organizzazioni sensibili a tali tematiche; su progetti e percorsi che promuovono contatti e rapporti di solidarietà tra le generazioni che presuppongono anche lo sviluppo delle Banche del tempo. Non solo. Devono poter trovare anche supporto alla realizzazione di spazi per genitori, nonni e bambini, finalizzati all’aggregazione e alla socializzazione delle famiglie e all’educazione dei bambini, ma anche informazioni e orientamento sulle forme di aiuto economico alle famiglie (Pacchetto Famiglia, Prestiti sull’Onore per genitori in temporanea difficoltà economica, anticipazione dell’assegno di mantenimento a tutela dei minori, . ); consulenza sui temi dell’indebitamento familiare a favore di famiglie che cercano aiuto e supporto nella gestione della propria situazione finanziaria; percorsi di mediazione familiare a favore di coppie di genitori in fase di separazione o divorzio, per superare conflitti e recuperare un rapporto positivo nell’interesse dei figli; uno spazio neutro volto a favorire l’esercizio del diritto di visita e di relazione del minore con i propri familiari in caso di separazione dei genitori, di affido familiare o di affido al servizio residenziale e che si effettua alla presenza di un operatore con una preparazione specifica. Sviluppo di comunità - Obiettivo è quello di promuovere una comunità informata, consapevole, competente e responsabile, capace di mettere in rete le proprie responsabilità, competenze e risorse per il miglioramento del proprio benessere. Stimolando e garantendo una partecipazione attiva e responsabile dei cittadini nella realizzazione di interventi, servizi, iniziative, azioni, finalizzate a promuovere lo sviluppo della comunità locale. Promozione dell’associazionismo e delle politiche giovanili - Il confronto con la realtà giovanile - un universo di bisogni che variano in ragione dell’età, dell’estrazione sociale, del livello culturale, delle zone di residenza - non è sempre facile. I giovani hanno però in comune alcune cose importanti: l’esigenza di autonomia personale, il bisogno di sostenere il proprio processo di identità e di autorealizzazione, di comunicazione, di socializzazione e di progettualità. Ai giovani va dunque offerta l’opportunità di acquisire la consapevolezza e gli strumenti che possano meglio permettere loro di scegliere tra opzioni diverse, e di sapere affrontare gli aspetti problematici della vita di ogni giorno. Ciò che spetterebbe all’Ente locale sarebbe dunque garantire supporti, informazioni e servizi ai giovani ed ai loro contesti di vita (famiglia, gruppo, comitiva, associazione), offrire strutture e mezzi che consentano un’adeguata valorizzazione e crescita morale e civile. Tutto questo non è realizzabile però senza il contributo dei giovani in primo luogo, senza un rapporto tra questi ed istituzioni attente e sensibili, attivando strumenti e luoghi di partecipazione e di progettazione condivisa. La Provincia ed i suoi enti strumentali, i Comuni, le future Comunità di valle (fino alla loro costituzione i Comprensori), nonché le rispettive forme associative, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali, le associazioni tra giovani, tra genitori e di promozione sociale, le fondazioni, gli oratori attraverso le parrocchie, le altre associazioni private senza scopo di lucro possono, in quanto soggetti diretti delle politiche giovanili, avvalersi oggi di alcuni strumenti. Ci sono i bandi emanati dalle comunità o in via sussidiaria dalla Provincia e dai Comuni per la realizzazione di progetti relativi a determinati assi tematici; i “piani giovani di zona”, i piani d´ambito, progetti strategici che si caratterizzano per innovatività o intersettorialità. Il supporto alle vittime - L’implementazione di una rete di servizi che faciliti i percorsi di presa in carico, rappresenterebbe una prima risposta alla domanda di sicurezza, accoglienza, rassicurazione e ascolto da parte della persona vittima di un abuso, di una violenza, di una lesione, di un furto, di un’estorsione o altro reato. Sotto lo slogan “il diritto accessibile a tutti” nacquero, negli anni settanta, in Francia le Boutiques de droit, un’iniziativa di alcuni avvocati che si proponevano di creare servizi di consulenza giuridica, avvicinando il diritto ai problemi e alle richieste quotidiane dei cittadini. In Italia sono diverse le esperienze pensate a supporto delle vittime e alla riduzione del danno delle categorie a rischio: iniziative volte ad assicurare ai cittadini un aiuto in caso di violenze, scippi, rapine, per la presentazione di denunce, richiesta di duplicati, riparazioni; unità mobili di aiuto ai senza fissa dimora; unità operative per le tossicodipendenze; nuclei di emergenza della protezione civile; linee telefoniche e reti per donne che subiscono violenze; progetti di contrasto al fenomeno della tratta; servizio d’aiuto agli anziani. Ecco che, facendo riferimento alla legge provinciale 8/2005 sul sistema integrato di sicurezza e disciplina della polizia locale, si pensa al potenziamento e allo sviluppo di un servizio giuridico e di accesso ai diritti, a cui rivolgersi per ottenere informazione sui diritti/doveri nei vari ambiti della vita quotidiana (famiglia, casa, lavoro), sui propri diritti di consumatore (per es. Diritto di recesso), su cosa fare in caso di incidenti stradali se si è parte danneggiata, oppure informazioni sugli strumenti di protezione (prostituzione, tratta, immigrazione clandestina, sfruttamento di minori, lavoro nero) nonché sugli atti giuridici (contratti, convenzioni, citazioni…) e sulle procedure (ingiunzioni, chiamate in giudizio …), così come informazioni sugli enti e associazioni presenti sul territorio (associazioni consumatori, degli inquilini, ispettorati del lavoro, difensoria civica, centri informativi per l’immigrazione, centri di prima accoglienza per minori, centro antiviolenza, servizi telefonici, avvocati, notai…), assistenza nella presentazione di denunce, deposito di querele, dichiarazioni di sinistri, esposti, duplicazione di documenti, prima consulenza legale, e un servizio di pronto intervento-riparazione danno. Alle vittime di reato va assicurato però anche sostegno socio-psicologico, per diminuirne il senso di disorientamento e d’insicurezza. Un servizio di aiuto alle vittime potrebbe fornire ascolto e accoglienza, assistenza psicologica, orientando verso i servizi specializzati nei casi di traumi gravi psicologici e/o fisici. Anche un numero verde in grado di fornire un primo servizio informativo e in contatto diretto con le forze dell’ordine, i comandi di polizia municipale e con le strutture del territorio destinate alla pronta accoglienza per i casi più gravi. La sicurezza si confonde con un’area grigia che ha a che fare con il mancato rispetto delle regole. Conflitti familiari, di vicinato, di consumo, intergenerazionali, culturali, scolastici, di lavoro. L’idea di un servizio di mediazione sociale è quella, pur con modalità e approcci differenziati, di offrire uno spazio nel quale, alla presenza di un terzo neutrale, poter esprimere i propri sentimenti su ciò che è accaduto, riaprire una comunicazione interrotta, sperimentare la condivisione di un accordo, promuovendo al contempo l’autonoma risoluzione di un conflitto o una soluzione alternativa alla disputa. Servizi, questi, che vanno accompagnati ad una formazione specifica degli operatori di polizia, sociali, educativi, ed una attività di comunicazione e informazione mirata alla prevenzione. Nuove cittadinanze Promuovere l’interazione con i nuovi gruppi culturali residenti sul territorio attraverso la conoscenza della lingua, delle tradizioni, della religione, dei rispettivi obblighi e garanzie. L’attività di mediazione culturale può favorire l’interazione tra le culture sviluppando relazioni positive tra cittadini autoctoni e immigrati, attraverso una comunicazione a più dimensioni (economica, sociale, culturale e politica) al fine di stimolare una positiva convivenza. È necessaria una politica di informazione e di sensibilizzazione diretta agli immigrati e alla popolazione autoctona che “smonti” pregiudizi e timori spesso causati dalla mancanza di conoscenza e di occasioni d’incontro. Imprescindibile la formazione del personale locale chiamato a svolgere attività di informazione e consulenza in materia di immigrazione. Su quale assetto organizzativo dovranno operare i Punti di ascolto per il cittadino? Innanzitutto una rete informatica costantemente aggiornata che consenta un accesso tempestivo delle informazioni e una fruizione agevole di servizi e delle opportunità presenti sul territorio. Poi forme di partenariato con gli altri servizi attivi sul territorio affinché le richieste e le esigenze dei cittadini e delle famiglie possano essere accolte e orientate in una logica di risposte professionali integrate. Convenzioni, accordi, protocolli con organizzazioni, associazioni, ordini professionali, che permettano ai cittadini e alle famiglie di fruire sia di consulenze su argomenti o problemi specifici sia di servizi innovativi rispondenti a bisogni emergenti. .  
   
 

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