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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 04 Giugno 2008 |
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TIEFFE TEATRO STABILE D’INNOVAZIONE PRESENTA, DAL 5 AL 14 GIUGNO PRESSO LO SPAZIO MIL DI SESTO SAN GIOVANNI “A EST DEL FIUME LAMBRO” DI EMILIO RUSSO
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Milano, 4 giugno 2008 - 1376 morti di lavoro in Italia. 5252 dal 2003 al 2006. Duemila di più dei soldati nella guerra del golfo. 850 morti caduti dai ponteggi ogni anno. Anche io come tutti leggevo questi numeri. Come tutti distrattamente. I numeri non dicono nulla senza lo schianto di un corpo che precipita. Distrattamente, sempre distrattamente. La morte accade. Si muore, morire è naturale. Ed è naturale pure morire lavorando. Una scivolata da mettere in conto, una cancellazione di una vita sempre possibile. La morte sul lavoro è una distrazione. Uno poggia male un piede sopra un asse e cade giù, magari ha un po’ bevuto, forse un malore. O mette la mano dove non dovrebbe, nella bocca di una impastatrice, o si avventura imprudentemente troppo vicino a una gru o a un muletto. È proprio così. La morte conta sulla nostra distrazione. A chi importa come è successo, visto che doveva succedere? Morto per morto, che importa come è morto. Ma a guardare bene la fotografia sul giornale capisci che mai queste morti sono frutto di un caso. Della volontà di un destino. Sono frutto di scelte precise, che hanno nomi e cognomi. Di gente che si nasconde dietro, sullo sfondo di quella fotografia, quasi sempre senza uno straccio di responsabilità diretta. Lavate via dal bianco di una morte chiamata bianca. “Il giorno dopo, di nuovo, un altro è caduto dall’impalcatura. Questa volta non ci siamo stati. Tutti. Il cantiere è stato bloccato. Sono arrivati anche i carabinieri. E noi a casa. Poi ho cercato… ho cercato di capire. Ho cercato di riempire il bianco di quella morte, il bianco di quelle due vite, anche della mia. Ho cercato anche su internet, con google. Nulla. Solo due righe su un sito di una Tv privata. Il resto nulla. Abbiamo provato a telefonare alla caserma dei carabinieri per sapere se ci fossero stati arresti. Se qualcuno stava pagando. Nulla, neppure lì. Provate domani. Siamo tornati al cantiere. Abbiamo visto l’impalcatura caduta. E abbiamo capito. Un tirante non ha retto. Era stato agganciato a una parete vuota. Quando tiri su il ponteggio devi sapere come si fa. Ma chi l’ha fatto non lo sapeva. Non poteva saperlo. Se ne sarebbe accorto. ” Morti bianche, anche, in fabbrica. Dopo I segreti di Milano, una nuova serie teatrale che ci racconterà la Spoon River della tradizione operaia di Sesto San Giovanni.
storie di uomini e di fabbriche per raccontare una comunità cresciuta molto in fretta e che ha guardato innalzare e demolire troppi muri. Una generazione che ha combattuto il fascismo e che ora rischia di soccombere a un dopoguerra subdolo e retorico. I giochi sembrano fatti, ma qualcuno prova a volare. La memoria e la storia di un luogo è strettamente connessa alle vicende e ai destini umani. Ancora di più in un luogo che da fabbrica si fa teatro e non può dimenticarsi di quegli uomini e di quelle storie. Storie che sembrano particolari ed invece sono universali. Storie che costruiscono la Storia di uomini che diventano classe. Storie di resistenza e di delusioni. Storie di conquiste e sconfitte. Storie di una città che cresce. Storie di lingue e abitudini che si intrecciano. Storie di famiglie in fabbrica. Storie di un aereo che vola. Nella Stalingrado d’Italia, a est del fiume Lambro appunto, è appena scoppiato il dopoguerra. La festa c’è stata, ma è durata troppo poco. I vecchi e i nuovi padroni del denaro e della politica stanno riorganizzando il “nuovo mondo”. Fuori dalle fabbriche, nuove parole e nuove musiche vengono da lontano e invadono radio, strade e balere. Dentro le fabbriche, i sogni e il coraggio non muoiono. Www. Tieffeteatro. It . |
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