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Notiziario Marketpress di Martedì 05 Settembre 2006
 
   
  RITRATTO DI GIULIO BETTI L’UOMO CON LA VISTA A RAGGI X: “DIPINGERE BELLE DONNE È LA COSA CHE MI PIACE DI PIÙ!” LE DETTAGLIATISSIME IMMAGINI DI AUTO DI BETTI HANNO UNA GRANDE REPUTAZIONE IN TUTTO IL MONDO.

 
   
  Milano, 5 settembre 2006 - Giulio Betti è uno dei più noti artisti nel mondo dell’auto. Con precisione tecnica e sensibilità artistica porta alla luce tutti i dettagli nascosti sotto le lamiere di auto e altri prodotti. Con il sudore sulla fronte ma con un sorriso malizioso sulle labbra, Giulio Betti, 73 anni, entra in casa dalla terrazza. Si riferisce al suo lavoro di giardinaggio dicendo: “Ero un artista che amava la vita in campagna. Ora sono un contadino che ogni tanto fa qualche disegno!”. Le dettagliatissime immagini di auto di Betti hanno una grande reputazione in tutto il mondo. Diversi decenni fa, iniziò a creare il proprio stile: le sue opere esponevano i particolari tecnici sotto la pelle dell’auto come fotografie a raggi X, ma senza sminuire l’impatto visuale dell’auto nel suo insieme. Perfino dettagli apparentemente minori, come l’albero scanalato della Chevrolet Captiva, il soggetto dell’ultimo disegno di Betti, sono riprodotti con estrema accuratezza tecnica e l’abilità di un perfetto artigiano. Giulio Betti non ricorda quante illustrazioni di auto abbia prodotto. “Devono essere state più di un migliaio…”. Non ha mai tenuto un archivio e naturalmente gli originali sono in mano ai suoi clienti. Il primo disegno nel suo stile inimitabile è stato quello di una Fiat 124, realizzato a metà degli anni Sessanta per la rivista “Quattroruote”. Un’opera seguita da oltre 700, tra cui pietre miliari della storia dell’automobile come la Ferrari 512, eseguite solo per questo cliente. Nei primi anni Settanta, la rivista tedesca “Autozeitung” cominciò a commissionargli dei lavori, una collaborazione continuata per molti anni. Più avanti, “Start”, rivista della Opel, ha pubblicato di frequente poster in grande formato realizzati da Betti. Non è che i lavori assegnati a Betti da parte di aziende e riviste fossero limitati alle auto. L’artista ha “aperto” soggetti molto diversi, come frigoriferi, lavatrici, aerei da caccia e lo Space Shuttle. In termini di stile, uno dei suoi predecessori è stato l’artista britannico Hallington, che però realizzava solo disegni a penna. Giulio Betti commenta: “Io volevo lavorare a colori per dare alle auto maggiore sostanza” . A Betti servono circa 20 giorni per completare un disegno. Con la Chevrolet Captiva, la sua ultima ‘modella’, spiega il suo modo di procedere: “Le prime cose di cui ho bisogno sono foto prese nella giusta prospettiva, preferibilmente con le porte e i cofani aperti”. Poi l’artista realizza schizzi a matita della carrozzeria sulla carta da disegno, aggiungendo i dettagli del motore, delle sospensioni e degli interni. Quindi Betti trasferisce le immagini su carta da pittura con un metodo ingegnoso: mette il foglio con gli schizzi, girato, sopra il supporto e preme sulle linee con uno stilo di legno. Poi sostituisce a questo attrezzo pennelli e tempera per realizzare a mano libera i dettagli del motore V6 della Captiva e altri particolari simili. Usa il nastro adesivo per mascherare le linee della carrozzeria ed evitare che si sporchino con il colore. Questa è la perfezione del vero artigiano. Ma non sarebbe molto più facile affidarsi a un computer? Un’idea che fa scuotere energicamente la testa a Giulio Betti: “I computer vanno bene per guardare le foto dei nipoti, non per le auto!” (Betti, dal canto suo, ha sette nipoti). E, per sostenere questa tesi, aggiunge: “I programmi Cad possono riprodurre con accuratezza ogni parte dell’auto, ma il risultato sarebbe solo una massa di componenti, uno sopra l’altro. Un disegno può enfatizzare ciò che è più importante, quindi crea meno confusione in chi lo osserva”. Per Betti, I dettagli tecnici di un’auto sono più che semplici dettagli delle sue opere. “Ma, come spesso succede, ho iniziato a specializzarmi nelle auto un po’ per caso. Il lavoro mi dava un piacere sempre più grande man mano che capivo sempre meglio i dettagli tecnici”. Poi, come per dimostrare il suo vero carattere italiano, aggiunge: “Ma, soprattutto, mi piace disegnare belle donne”. Nato nel 1933, Giulio Betti è stato fin da bambino un appassionato di pittura, anche se non ha mai seguito alcuna preparazione accademica in questo settore. “Alla fine della seconda guerra mondiale avevo 12 anni e cominciai a lavorare per uno dei primi studi di fumetti in Italia. Il proprietario dipingeva ad acquerello e imparai molto da lui”. Il passo successivo di Betti fu presso una compagnia di imballaggio, per la quale realizzò lavori di grafica, etichette incluse. Attorno ai 25 anni cominciò a lavorare come freelance e incoraggiò il fratello Bruno, di 10 anni più giovane, a disegnare; quindi entrambi iniziarono a produrre “ritratti” di automobili. Bruno Betti esegue tuttora disegni per “Quattroruote” e chiaramente condivide il talento del fratello. È spesso impossibile capire quale dei fratelli Betti abbia realizzato un determinato disegno, anche perché spesso li firmano con il solo cognome. L’aspetto accogliente ma al tempo stesso caotico dello studio di Giulio Betti ricorda il celebre dipinto di Carl Spitzweg “Il poeta povero”. Ogni angolo del suo laboratorio, che si trova nell’attico di un edificio accanto, trabocca di carta. Basta un’occhiata per confermare il suo multiforme talento: davanti al tavolo da disegno c’è un accurata replica in legno di tiglio della scultura di Michelangelo “Il Cavallo”. Per oltre un anno, tutti i pomeriggi Betti ha dedicato un’ora o due a scolpirlo. Che abbia un occhio attentissimo ai dettagli risulta evidente dalla perfetta e minuziosa riproduzione dei tratti anatomici come i muscoli tesi che si intuiscono sotto la pelle di questo atletico cavallo. Da questa copia dell’opera di Michelangelo, l’occhio si sposta su un dipinto in stile rinascimentale che mostra due dei motivi principali del polittico ‘Averoldi’ di Tiziano: “La Resurrezione di Cristo” e “L’annunciazione”. Con la consueta abilità, Giulio Betti li ha riuniti in un solo dipinto. Lo studio accoglie anche due grandi telescopi. Betti ci racconta che usava guardare le stelle diverse volte al mese, ma che ora raramente ha tempo per farlo. In ogni caso, commenta con la tipica ironia di un anziano, “tanto è uno spettacolo che non cambia mai!”. .  
   
 

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