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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 09 Luglio 2008 |
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PARLAMENTEO EUROPEO: DIBATTITO SULLE MISURE ITALIANE NEI CONFRONTI DEI NOMADI
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Strasburgo, 9 luglio 2008 - In un acceso dibattito in Aula - con molti di interventi da parte di deputati italiani - si sono confrontate valutazioni opposte sulle misure italiane nei confronti dei nomadi. Alcuni si sono fortemente opposti denunciando il carattere discriminatorio, se non razzista, delle misure e la loro incompatibilità con il quadro europeo. Altri, spiegando il contenuto dei provvedimenti, ne hanno invece difeso la legittimità e hanno stigmatizzato la natura strumentale degli attacchi al governo italiano. Intervento dell´autrice di una delle interrogazioni Monica Frassoni (Verdi/ale, It), indossando una maglietta con l´immagine di un´impronta digitale e la scritta "Against ethnic profiling", si è detta in disaccordo con il Ministro Maroni che aveva definito il dibattito «grottesco». Ha poi osservato che oggi, lo stesso Ministro, «ha smesso le sue arie da cowboy e cerca di convincere i colleghi europei che è tutta colpa della stampa della Sinistra e che il suo unico obiettivo è quello di fare il bene dei poveri zingari rinchiusi nei campi invivibili» mentre «con la schedatura etnica sarà possibile obbligare tutti i bambini rom ad andare a scuola e che quindi non è necessario e né vuole criminalizzare tutti i nomadi». A suo parere, invece, il dibattito ha attirato l´attenzione su un tema che non è solamente italiano. Ed è ancora più importante che sia discusso «qui in Europa» perché si tratta «di diritti e di cittadini» e rappresenta quindi un piccolo contributo a quella che oggi è percepita come «una crisi di senso da parte dell´Europa». L´europa, ha proseguito, «serve ad arginare atteggiamenti da cowboy e politiche crudeli e soprattutto inefficaci». Serve inoltre «a battersi contro il razzismo e le discriminazioni usando le leggi e gli accordi esistenti che sono figlie di una storia sanguinosa», e il dibattito serve a ribadire che in Europa «non c´è spazio per le schedature etniche». A suo parere, il dibattito serve anche «a mettere pubblicamente e legittimamente in dubbio che sia necessario - in un paese avanzato di 58 milioni di abitanti dove la mafia controlla 120 miliardi di euro e un giro d´affari enorme e intere fette del territorio dove la spazzatura uccide una delle province più ricche di storia d´Europa - che si dichiari uno Stato di emergenza tipo tsunami o terremoto per dodici mesi e tutto questo per la presenza di 160. 000 cosiddetti nomadi di cui la metà sono cittadini italiani». E´ inoltre importante «perché con la schedatura etnica minacciata e con la costante criminalizzazione dei rom e dei sinti noi non saremo più sicuri». Ha poi aggiunto che «il lavoro di coloro che operano con le comunità Rom e Sinti per farli uscire da una situazione di marginalità, di povertà e di violenza sulle donne e sui bambini - che sono obiettive, che esistono, e che nessuno di noi vuole negare - sono un nodo inestricabile che non si può assolutamente separare se la situazione rimane così com´è oggi». La leader dei Verdi ha quindi auspicato che «la pressione positiva, amichevole e costruttiva» possa convincere quegli italiani e gli altri cittadini europei che non è la strada giusta «pensare di buttare fuori tutti e di risolvere con la violenza e anche con la semplificazione e il razzismo, questo che è un reale problema di esclusione, che è un reale problema di economia ed è anche un problema di cultura nel nostro paese e nel nostro continente». Ha poi concluso invitando il commissario, a valorizzare al massimo il lavoro delle istituzioni europee e anche il denaro stanziato per politiche positive «che oggi sono poco conosciute». Dichiarazione della Commissione Vladimír ŠPidla, osservando che questa è la quarta volta che l´Aula esamina la situazione dei rom in Italia, ha affermato che tutti devono essere d´accordo che su questo tema è necessaria «una politica responsabile». La Commissione, ha aggiunto, ha appreso con «un certo scontento» l´approvazione delle misure che si intendono prendere in Italia emerse da una situazione di urgenza che prevede anche la raccolta delle impronte digitali. In proposito, ha commentato che vi sono alcune incertezze quanto al carattere e alle ripercussioni di queste misure e ha sottolineato che la raccolta delle impronte può avvenire solo nel rispetto della legislazione vigente. Per tale motivo, ha spiegato, la Commissione ha chiesto - con un lettera - alla autorità italiane di chiarire gli obiettivi e il merito delle misure, al fine di valutarne la proporzionalità e verificarne la compatibilità con i principi europei. Dicendosi conscio delle tensioni sociali in Italia, il commissario ha sottolineato che i problemi reali e concreti dell´esclusione non possono essere ignorati ed è in particolare necessario esaminare la questione della criminalità e della povertà dei bambini che «sono le prime vittime dell´esclusione». Rilevando la necessità di una collaborazione tra le istituzioni europee e gli Stati membri, ha sottolineato che la Commissione e il commissario Barrot sono in continuo contatto con le autorità italiane, le quali si sono impegnate a presentare una relazione entro la fine del mese. La Commissione, ha poi concluso, valuterà se gli Stati rispettano le direttive europee. Interventi in nome dei gruppi politici Per Edit Bauer (Ppe/de, Sk) la situazione non può essere risolta con le sole politiche dell´immigrazione, poiché è necessario prevedere anche una politica sociale per risolvere una inaccettabile discriminazione dei rom. Le valutazioni delle misure italiane, ha poi aggiunto, non possono basarsi su voci e congetture. A suo parere, comunque, in Italia la questione ha portato a una politica «di tipo isterico», già iniziata con i provvedimenti del Ministro del precedente governo, Amato, per affrontare quella che era definita "l´emergenza rom", nei confronti dei quali liberali e socialisti «non si sono espressi contro». Gianni Pittella (Pse, It) ha subito sottolineato che «un ministro degli interni di un paese europeo non può definire grottesco un dibattito che si svolge nel Parlamento europeo», poiché si tratta di un´affermazione «lesiva della dignità del Parlamento europeo». Ha poi proseguito sostenendo che «non fa piacere che un provvedimento del governo italiano debba essere valutato in questa sede». Anche perché «l´Europa non è il capro espiatorio di tutti i guai nazionali né il gendarme cui affidare la guardia del Presidente del Consiglio dell´Italia». Inoltre, «anche quando siamo all´opposizione nel nostro paese, è giusto valorizzare e difendere nei consessi internazionali le scelte giuste che fa l´Italia». Tuttavia, ha rilevato che il governo italiano e il Ministro degli interni «avrebbero dovuto ricercare altre strade in piena sintonia con le norme europee e informare preventivamente, non in maniera tardiva, la Commissione europea». Ha poi osservato che da anni si tenta di affrontare il problema dei rom: «sfruttamento dei minori, avviamento alla mendicità, al racket, al furto e altri fenomeni patologici». Ma la soluzione, ha detto, «non è la schedatura su base etnica, bensì una politica concreta che tenga insieme i tre pilastri: cittadinanza, civiltà e sicurezza». L´identificazione dei bimbi rom e non solo di loro, ha aggiunto, «è una garanzia per gli interessati ed essenziale per la lotta al racket e al traffico dei minori, ma non può essere fatta su base etnica e con metodi invasivi come quello delle impronte». Ha poi ringraziato il commissario Špidla per l´impegno assunto «di dare una risposta europea ad una grande questione europea», chiedendogli di «di fare la massima chiarezza sulle misure adottata dal governo italiano e di riferire al Parlamento europeo». Ha quindi concluso dicendosi sorpreso che il terzo millennio che avrebbe dovuto albeggiare all´insegna di un nuovo alfabeto dei diritti di cittadinanza conosca invece l´abisso dell´involuzione culturale» ed ha auspicato che proprio dall´istituzione europea «venga un sussulto contro il conformismo dilagante per la difesa dei valori di civiltà di cui l´Europa è portatrice nel mondo». Marco Cappato (Alde/adle, It), ricordando che il governo italiano manderà entro la fine del mese tutte le informazioni sul provvedimento, ha chiesto di valutare sin da ora la dichiarazione dello "stato di emergenza" in Italia, del quale «bisognerebbe avvisare preventivamente il Consiglio d´Europa». Uno "stato di emergenza", ha spiegato, si giustifica «per disastri naturali o catastrofi» e, pertanto, si è chiesto se è possibile definire tale la situazione dei rom in Italia. Ha quindi denunciato «il non governo della questione rom», che «non vi è esclusiva del governo Berlusconi» bensì «l´eredità di lustri di non governo del problema. E proprio per questo «non è immaginabile e tollerabile richiamarsi oggi ad uno stato d´emergenza che non è tale». A suo parere, lo stato di emergenza che c´è oggi, semmai, «è quello dell´assenza di legalità e di democrazia in un paese come l´Italia che è il paese più condannato davanti alla Corte europea per i diritti umani». La questione dei rom, ha concluso, «si governa attraverso l´integrazione, investendo le risorse per questo, invece di sprecarle come si fa non utilizzando i fondi europei e invece di affidarsi all´illusione tecnologica della biometria per nascondere l´incapacità di governare un problema come questo». Elly de Groen-kouwenhoven (Verdi/ale, Nl) ha denunciato il metodo «razzista» di differenziare i bambini rom dagli altri «per facilitare l´emarginazione e la cacciata». Ha poi osservato che i rom si muovono da sempre in tutta Europa e che, con la fine del comunismo, «è crollato il loro tenore di vita». A suo parere, sono necessarie politiche per evitare l´esclusione dei rom e occorre promuovere l´inclusione, mentre la Commissione dovrebbe studiare il piano dell´Ocse e dire al governo italiano che le sue misure sono contrarie al diritto comunitario. Ha quindi concluso sostenendo che «l´Italia una volta esportava la moda, ora esporta il razzismo». Per Roberta Angelilli (Uen, It) il dibattito fornisce l’occasione per rivolgere delle domande alla Sinistra, «che con tanta solerzia ha pensato di utilizzare il Parlamento europeo per l´ennesima volta per giudicare in maniera del tutto impropria, pretestuosa e preventiva l’applicazione di un´ordinanza italiana che è ancora in fase organizzativa». Innanzitutto ha chiesto «dov’era la sinistra, che in Italia ha governato per decenni, quando questi campi abusivi si costituivano e proliferavano in condizioni di mancanza totale delle più elementari norme igieniche e di sicurezza?». Ha poi proseguito chiedendo se alla sinistra non pesasse come un macigno «quel silenzio di anni ed anni fatto di indifferenza e di ipocrisia, di voltarsi dall´altra parte, quando evidentemente non si avevano gli occhi per vedere - né tanto meno l’interesse politico - che decine di bambini ogni anno morivano di freddo o bruciati a causa dell’assenza di sicurezza in queste baraccopoli». Ma anche se non interessa loro neanche sapere che a Roma, dove vivono circa 7. 000 minori, sono stati stanziati milioni di euro per «una scolarizzazione fallita, visto che lo scorso anno solo il 25% di questi bambini è andato regolarmente a scuola». Ricordando poi che la scolarizzazione era affidata ad alcune associazioni, in regime di quasi monopolio, ha affermato che «più che l´interesse superiore del minore avevano a cuore il denaro pubblico». Ha quindi difeso «il diritto delle comunità rom ad essere censite così come avviene regolarmente per tutti i cittadini italiani, perchè il censimento garantisce il diritto alla salute, all’inclusione sociale e all’inserimento scolastico». Così come il diritto delle comunità rom all’accertamento dell’identità, «ovviamente senza nessun intervento generalizzato, poiché chi è in regola non è soggetto ad accertamenti». Tuttavia, «un bambino che non è registrato alla nascita o che non ha un identità riconoscibile, diventa un bambino invisibile, facile preda di ogni forma di sfruttamento: traffico di organi, adozione illegale, sfruttamento sessuale e lavoro nero minorile». Questo, ha sottolineato, «vale per tutti i minori che vivono in Italia, comunitari e extracomunitari». Infine, riferendosi alle interrogazioni orali, ha rilevato che «non solo nell’ordinanza non vi è riferimento alcuno a gruppi etnici, ma non è prevista alcuna banca dati specifica, né tanto meno una banca dati sulle impronte digitali dei rom». Rallegrandosi per eventuali proposte migliori, si è detta aperta «a proposte costruttive», ma ha concluso ribadendo che «non si accettano lezioni da chi, per anni e anni, non ha mosso un dito per risolvere una situazione di grave emergenza sociale». Ricordando che esattamente settant´anni fa´, il 14 luglio 1938, il regime fascista emanava in Italia il decreto sulla razza, adeguandosi alle leggi razziali tedesche, Vittorio Agnoletto (Gue/ngl, It) - che indossava anch´egli la maglietta "Against ethnic profiling - ha sottolineato che «la storia la conosciamo: oltre 500. 000 rom furono uccisi nei campi di sterminio. Tutto, anche allora, cominciò con un censimento». In Italia, ha proseguito, «è in atto una vera e propria schedatura di tutti i rom, compresi i bambini ai quali vengono raccolte le impronte digitali, compresi i cittadini comunitari e gli stessi cittadini italiani, nonostante i loro dati, siano già presenti nell´anagrafe». Ha poi rilevato che il questionario utilizzato a Napoli «contiene delle domande sulla religione e sull´etnia ed è molto simile a quello usato nella Repubblica di Vichy sotto l´occupazione nazista». Sottolineando inoltre che a Milano «è stato schedato un anziano rom, cittadino italiano, sopravissuto alla deportazione nei campi di sterminio nazista», si è chiesto che uso verrà fatto di questi dati. Il deputato ha poi aggiunto che a presiedere, «nella più totale indifferenza e silenzio», la commissione per l´infanzia nel parlamento italiano vi è Alessandra Mussolini, «la nipote del Duce: una coincidenza che rafforza il legame simbolico tra il presente e un passato che pensavamo di aver definitivamente sepolto in Italia e in Europa che invece oggi si ripresenta in tutta la sua gravità». Dicendosi certo che la storia non si ripete, ha tuttavia affermato che non vi sono dubbi sul fatto «che il governo italiano ha avviato procedure razziste in palese contrasto con la direttiva 43 del 2000 e la 38 del 2004». Ha quindi concluso chiedendo che la risoluzione del Parlamento condanni il governo italiano e che la Commissione avvii d´urgenza una procedura d´infrazione contro l´Italia. Interventi dei deputati italiani Per Stefano Zappalà (Ppe/de, It) «non ci sono dubbi che l´estrema sinistra italiana ormai di fatto governa questo Parlamento europeo e, secondo una cattiva prassi ormai consolidata, i parlamentari della Sinistra estrema e dei Verdi continuano ad attaccare il governo italiano utilizzando l´Aula di Strasburgo». «Cancellati lo scorso mese di aprile dallo scenario politico nazionale per volontà popolare, trovano sfondo nel Partito socialista e nel Partito liberale per amplificare le loro bugie nazionali», ha aggiunto, e tutti insieme «attaccano un governo legittimo di un grande Stato membro fortemente europeista, voluto e sostenuto dal 60% degli italiani». «E poi ci stupiamo dei risultati dell´Irlanda!», ha esclamato Tutta questa materia, ha osservato, «riguarda fatti ricadenti nell´autonomia nazionale e non di competenza dell´Unione», anche se il governo italiano «ha fornito alla Commissione ogni chiarimento». Ha quindi pregato il commissario «di leggere un po´ meno i giornali e un po´ più gli atti trasmessi dal governo italiano ufficialmente». Le ordinanze, ha spiegato, «non riguardano i rom, non riguardano acquisizioni di impronte digitali, riguardano cittadini extracomunitari e nomadi, parte dei quali riempiono ormai da tempo la cronaca giudiziaria italiana». «Bisogna avere la certezza dell´identità delle persone in maniera da poter consentire l´accesso alle scuole, l´assistenza sociale, l´assistenza sanitaria e alla residenza», ha detto. E nelle ordinanze «non c´è alcun riferimento di etnia, non sono ordinanze continue nel tempo, non riguardano l´intero territorio nazionale ma riguardano solo tre casi specifici». Il grave problema dell´assenza dei documenti di identità, ha poi aggiunto, è stato segnalato anche dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d´Europa lo scorso 19-20 giugno. L´obiettivo «è pervenire a rilievi segnaletici autorizzati e richiesti in molti Stati e nell´intera Europa in materia di documenti di viaggio e permessi di soggiorno e comprende sistemi descrittivi, fotografici, dattiloscopici e antropometrici». Ha poi affermato che vi è il sostegno della magistratura italiana, «soprattutto quella che riguarda il mondo minorile», e vi concorre la Croce rossa italiana. Ha quindi concluso sostenendo che «da 3000 anni a questa parte, l´Italia esporta e continua ad esportare cultura e che quando in Italia c´era profondo stato sociale come vi è oggi, in tanti altri Stati si viveva ancora sugli alberi». Per Mario Borghezio (Uen, It) «è grave che chi ragiona di politica interna tutta italiana ci impedisca un esame sereno dei provvedimenti necessari». È stato detto che non è stata dichiarata l´emergenza, ha aggiunto, ma «a me risulta invece che il governo Prodi, attraverso misure predisposte dal Ministro Amato, abbia scritto e abbia messo per iscritto, l´emergenza e la necessità di provvedimenti nei confronti dei rom». Così non ha fatto, invece, l´attuale governo italiano «che sta attuando solo un censimento». Questo, ha affermato, «dicono le carte che sono state presentate e esaminate dalla Commissione europea che non poteva fare altro che riconoscere la verità perché la speculazione politica ha un certo colore, la verità ne ha un altro, è un´altra durezza». «Sono provvedimenti erga omnes che riguardano tutti», ha aggiunto, e forse «qualcuno finge di non sapere, magari sapendo la verità che nei campi nomadi vi sono minori che sono fantasmi, non hanno un´identità - e non è un diritto umano avere un´identità? - Non hanno le vaccinazioni, non hanno la possibilità di andare a scuola e anche se volessero andarci ne vengono impediti e sono invece oggetto di traffici che ben conosciamo». «Non è stato realizzato un database», ha proseguito, e vi è «un impegno molto preciso e specifico» a rispettare la normativa sulla privacy, «non è una schedatura attraverso la quale chiunque possa accedere, bensì dati che vengono presi solo in caso di necessità. Ha quindi concluso sostenendo che, «saggiamente», il governo ha deciso di affidare l´applicazione di queste ordinanze alla Croce Rossa italiana: «non sono le Ss che vanno nei campi, è la Croce Rossa italiana, nota in tutto il mondo per la sua competenza la sua sensibilità nell´aiuto agli emarginati e perseguitati». Per Umberto Guidoni (Gue/ngl, It) la proposta di rilevare le impronte digitali dei rom, anche dei minori, per creare un´apposita banca dati è, in sintesi, «la schedatura di un popolo in base alla sua etnia». Questa iniziativa del governo italiano, ha proseguito, «evoca tempi bui, ricorda politiche tragiche che l’Europa ha conosciuto in passato e che avremmo voluto relegare, per sempre, ai libri di storia». E’ anche «un atto odioso che costituisce una violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali sancite dalla Convenzione europea dei diritti dell´uomo». Ha poi affermato che il Ministro dell´Interno italiano «dimostra di non conoscere nemmeno le direttive europee, quando dichiara che "l´ordinanza è in linea con il regolamento 380 del 2008 approvato dai ministri dell´Interno e della Giustizia europei, che prevede l´obbligo di prendere le impronte digitali a tutti gli extracomunitari". I rom che sono in Italia, i minori in particolare, ha infatti osservato, «sono quasi tutti cittadini comunitari». Ha poi chiesto al Ministro di spiegare come la rilevazione delle impronte digitali possa ovviare il problema delle condizioni disumane dei campi, «visto che anche il Prefetto di Roma ha detto che non è necessario». Se davvero ha a cuore le condizioni dei minori, ha aggiunto, «il governo italiano realizzi interventi per garantire condizioni sanitarie adeguate nei campi, per favorire l´inserimento e l´integrazione sociale, per promuovere la scolarizzazione e l´avviamento professionale». «La schedatura razziale di una minoranza etnica», ha sottolineato, «rischia invece di compromettere il futuro dei minori e qualsiasi prospettiva di integrazione», con il rischio «di criminalizzare le vittime. Ha concluso citando Famiglia Cristiana, «un settimanale italiano di ispirazione cattolica»: "Oggi con le impronte digitali, uno Stato di polizia mostra il volto più feroce ai piccoli rom, che pur sono cittadini italiani. Perché non c´è la stessa ostinazione nel combattere la criminalità vera in vaste aree del Paese? Rende meno, forse, politicamente?". Gianluca Susta (Alde/adle, It) ha sostenuto che avrebbe preferito «non dover vivere il dibattito di queste» ed ha affermato che «le tardive retromarce del Ministro Maroni, il quale accende il fuoco del razzismo in Italia e cerca di spegnerlo in Europa come un pompiere dilettante davanti a un irritato Commissario Barrot, è l´unica vera situazione grottesca che registriamo oggi in Europa». In Italia, ha aggiunto, «l´emergenza rom è soprattutto contro i rom, a Roma, a Napoli e anche a Milano». Si è poi detto certo di una diffusa domanda di sicurezza «perché lo Stato di fronte ad una delinquenza comune, pari a quella di altri paesi europei, non risponde con adeguati mezzi, uomini e politiche di repressione e di prevenzione dei mali sociali da cui tante mafie e la microdelinquenza traggono la loro linfa vitale». Ha poi aggiunto di non poter «tollerare che l´esigenza post-elettorale di rassicurare le frange scontente della maggioranza comprometta 60 anni di libertà costituzionali». L´europa, inoltre, «non può e non deve tollerare che le persone siano discriminate per la loro appartenenza etnica». Ecco perché, ha spiegato, questa Europa deve vigilare affinché «l´uguaglianza tra i cittadini sia garantita, magari anche con lo strumento uguale per tutti del censimento già previsto per l´anno prossimo, e siano soprattutto garantiti ai minori, poveri e a qualunque etnia appartengano, il diritto all´educazione, alla salute, alla dignità che spetta loro prima ancora che come cittadini, come persone». Secondo Vito Bonsignore (Ppe/de, It) «il Parlamento europeo viene utilizzato come se fosse la terza Camera del Parlamento nazionale italiano in una discussione basata su imprecise notizie riportate dai giornali». In proposito, ha osservato che anche la Commissione «sta ancora indagando e solo entro fine mese presenterà una relazione sull´iniziativa del governo». Ha poi spiegato che il governo italiano «non ha leso nessun diritto, specialmente quello delle minoranze e dei bambini». Inoltre, il Ministro Maroni «ha già affermato e garantito più volte che non vi è la creazione di nessun database ma che, anzi, tutti i dati saranno trattati nel pieno rispetto delle norme sulla tutela dei dati personali». Ha quindi spiegato che il provvedimento «avrà un carattere temporale e sarà, cioè, utilizzato solamente per un periodo di tempo molto limitato». Il Ministro Maroni, inoltre, ha ribadito «che il censimento dei nomadi e dei minori presenti nei capi nomadi avviene nel pieno rispetto dei principi della Convenzione dell´Onu sui diritti dell´infanzia ed è finalizzato a realizzare programmi di scolarizzazione e integrazione per i bambini e gli adolescenti, già previsti nelle ordinanze di protezione civile». Il deputato si è quindi dispiaciuto che, «anche questa volta, le forze varie delle Sinistre portino al Parlamento una polemica totalmente riferibile al panorama italiano». Dicendosi convinto che «molte cose andavano fatte già prima», ha sottolineato che «l´emergenza esiste ed è stata riconosciuta da molti colleghi che sono intervenuti ma non è stata riconosciuta dai governi precedenti a quello Berlusconi e neanche da molti grandi comuni». Ha quindi osservato che a fine mese «sentiremo la relazione della Commissione e allora avremo la prova delle strumentalità della posizione della Sinistra». E ha concluso rivolgendosi agli «amici della Sinistra»: «siete partiti troppo presto e disponendo di poche informazioni non state facendo un buon lavoro». Fabio Ciani (Alde/adle, It) ha letto una scheda: "Commissario delegato per l´emergenza e insediamenti comunità nomadi nella regione Campania: censimento, insediamento centrale del latte, famiglia, cognome, nome, data di nascita, religione, etnia". «Religione ed etnia», ha esclamato, «significa razzismo» ed «è contro ogni indicazione» della normativa comunitaria. Ha poi sottolineato che il regolamento 380/2008, addotto a giustificazione dell´identificazione attraverso le impronte, «riguarda solo cittadini di paesi terzi» e che nei campi rom italiani, «i tre quarti dei rom sono rumeni e gli altri sono rom e sinti cittadini italiani». Ha quindi concluso sostenendo che occorre «tutelare la vita e il futuro dei rom e dei loro minori soprattutto quelli a rischio di devianza e di abbandono senza però gettare discredito e sospetto su un´intera comunità e senza alimentare l´antigitanismo» e, in propositi, «in Italia il rischio è altissimo». Per Carlo Casini (Ppe/de, It) «la moderna cultura dei diritti umani considera più importante la qualità dell´uomo che quella del cittadino». Si tratta, ha precisato, di un principio «che esige che gli stranieri, gli apolidi e i nomadi siano trattati come persone uguali ai cittadini quanto al nucleo fondamentale della loro dignità umana, che richiede una particolare solidarietà verso i più deboli quali sono in particolare i bambini». Questa «giusta sensibilità», ha tuttavia osservato, «non permette di trasformare il Parlamento europeo in un palcoscenico per denigrare con la più grave ed assurda delle accuse, quella di razzismo, un governo nazionale il quale dichiara, almeno questo è il contenuto dei documenti di cui parliamo, di farsi carico dell´ordine pubblico ma contemporaneamente anche della difesa dei bambini con riferimento ad alcune comunità nomadi in situazioni di emergenza particolare». La risposta alle interrogazioni presentate, ha aggiunto, «è data dalla semplice lettura delle ordinanze adottate dal governo italiano, limitatamente a 3 regioni su 20». Potrà stupire, ha incalzato, «ma la parola rom e la parola impronte digitali non esiste in questi documenti». Non è vero, quindi, «che è espressamente prevista la Costituzione di una schedatura generalizzata di una particolare razza» e «non è vero che sia stato introdotto un regime militare di censimento». I poteri discrezionali affidati ai commissari delegati, ha spiegato, «devono tener conto dei profili umanitari e assistenziali ed essere finalizzati alla promozione umana, all´integrazione specie dei minore con particolare riguardo alla scolarizzazione». Naturalmente, ha osservato, «può essere anche ragionevole temere un´attuazione dei provvedimenti in questione con modalità militari e repressive» ed è quindi giusto auspicare - «ma con un stile di forte collaborazione» - che sia dato rilievo prioritario «alle azioni positive e di sostegno, di accoglienza, di integrazione soprattutto nei confronti dei minori, fermo restando il dovere di ogni istituzione pubblica di fare rispettare le leggi. Fare di più, ha concluso, «è ignobile». Roberto Fiore (Ni, It) ha ricordato che l´opinione pubblica in Italia «sa perfettamente che cosa accade nei campi rom: i campi rom e le comunità rom vivono nell´illegalità e nell´immoralità». Ha poi aggiunto che, «mentre nei popoli europei civili e cristiani le donne e i bambini sono considerati soggetti da proteggere e da tutelare, spesso e volentieri nelle comunità rom sono soggetti da sfruttare, da indurre al crimine e alla prostituzione». Lo Stato italiano, ha concluso, «ha il dovere, anche in attesa che queste individui vengano espulsi, di intervenire per garantire la giustizia, la protezione delle donne e i bambini attraverso il censimento, per impedire che vi sia una criminalità diffusa ed estesa a tutte le comunità che porti soprattutto i bambini ad essere oggetto di persecuzione o oggetto di pedofilia o oggetto di induzione al crimine». Dopo questo intervento, Renate Weber (Alde/adle, Ro) ha preso la parola per affermare che «è inaccettabile tollerare discorsi nazisti in quest´Aula». Altri interventi Adrian Severin (Pse, Ro) ha sottolineato che le misure prese in Italia sono «la faccia brutta della rinazionalizzione dell´Europa», sostenendo che «la politica razzista del governo italiano è spaventosa: oggi le impronte digitali, domani i campi di concentramento». Ha quindi chiesto di verificare la conformità della normativa italiana con le disposizioni comunitarie. Martin Schulz (Pse, De) è intervenuto per comunicare ai colleghi di aver ricevuto una telefonata dal Ministro degli Esteri italiano, Frattini, che lo informava di una conversazione tra il Ministro degli Internii e il commissario Barrot, in cui Maroni ha rassicurato sulla volontà italiana di non prendere misure contrarie alla legislazione europea. Rallegrandosi di ciò, il deputato, ha sottolineato che il governo italiano ha capito che le misure ipotizzate non erano compatibili con il quadro europeo. Replica della Commissione Vladimír ŠPidla ha chiuso il dibattito sostenendo che la rilevazione delle impronte digitali viola la legislazione europea che prevede regole molte restrittive al riguardo. Sottolineando la complessità del dibattito, ha affermato che informerà il Parlamento degli ultimi sviluppi in materia dopo aver parlato con il collega Barrot. . . |
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