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Notiziario Marketpress di Martedì 15 Luglio 2008
 
   
  SICUREZZA: IN TRENTINO NON CI SONO EMERGENZE. BISOGNA ANTICIPARE I PROBLEMI E INNOVARE NELLE SOLUZIONI

 
   
  Trento, 15 luglio 2008 – Sul piano della sicurezza e della legalità il Trentino continua ad essere un’ isola felice – anche se questa espressione non deve fare pensare a una terra isolata e avulsa dai fenomeni globali - e puo´ continuare ad esserlo in futuro, se sapremo anticipare i problemi che verranno e percorrere strade innovative per la loro risoluzione. Questo, in sintesi, il messaggio contenuto nel rapporto “Scenari sulla sicurezza in Trentino – tra sicurezza reale e sicurezza percepita”, realizzato dalla Provincia autonoma di Trento in collaborazione con Transcrime-università di Trento e l’Università Cattolica di Milano, presentato il 12 luglio nel palazzo della Provincia alla presenza del presidente Lorenzo Dellai e al direttore di Transcrime Umberto Savona, assieme ad una pubblicazione del Servizio autonomie locali intitolata significativamente “Da isola felice a laboratorio aperto”. Non si tratta necessariamente di investire più risorse in sicurezza, ma di utilizzare al meglio tutti gli strumenti di cui disponiamo: dai dati e dalle conoscenze accumulate (il Trentino è l’unico territorio in Italia ad aver avviato un monitoraggio su ogni comune e ogni comprensorio) fino alla polizia locale, passando per un uso “intelligente” delle nuove tecnologie. Il futuro, insomma, è fatto di interventi diversificati per ogni situazione e ogni realtà a rischio (valli, centri urbani, scuole, contesti familiari, luoghi di lavori e così via), per prevenire i fenomeni criminosi ma prima ancora per intervenire sui fattori sociali ed economici che li generano. Comunque, negli ultimi dieci anni l’andamento della criminalità in Trentino è stabile per praticamente tutti i reati. “Questa è un’occasione per un bilancio e per alcuni ragionamenti di prospettiva – ha detto stamani il presidente Dellai – e il primo è senz’altro positivo, perché in questi 5 anni la Provincia ha lavorato molto sui temi della sicurezza, nella consapevolezza che essi riguardano non solo il Governo centrale ma anche la nostra Autonomia. Abbiamo innanzitutto accumulato conoscenza, monitorando la situazione, relativamente ad alcuni reati, comune per comune, area per area, e incrociando i dati con quelli relativi alla realtà socio-economica, per evitare semplificazioni. Poi abbiamo fatto azioni concrete, dalla legge sulle polizie locali al rapporto annuale sulla sicurezza alle azioni specifiche di prevenzione e recupero per quanto riguarda questioni come l’alcolismo, le violenze domestiche e quant’altro. Il bilancio è effettivamente quello di una terra con tassi di criminalità più bassi che nelle regioni limitrofe, nel resto d’Italia e anche dell’Europa. Ma non siamo un’isola, noi siamo dentro la globalizzazione e dobbiamo tenerne conto. ” Che fare, dunque? La prima e principale parola d’ordine è: prevenzione, partendo da un utilizzo sempre più accorto di due strumenti fondamentali di cui il Trentino già dispone, l’Osservatorio sulla sicurezza e il Sistema integrato per la sicurezza. I documenti elaborati da Transcrime e dalla Provincia individuano poi alcune “piste” di lavoro, che Dellai ha sintetizzato così: “Innanzitutto leggere in anticipo i segni premonitori dell’insorgere di reati o violenze, nei diversi contesti: dal bullismo nelle scuole alle violenze generate da situazioni di marginalità e così via. Per mettere in atto misure preventive e, ad esempio in campo scolastico, educative, anziché puntare sulla repressione o sul controllo generico. Poi bisogna ridurre la percezione di insicurezza della comunità, perché il paradosso è che più si parla di sicurezza più la gente si sente insicura, anziché rassicurata. È necessario quindi lavorare molto sulla qualità dell’informazione ma anche sui cittadini, aiutandoli a capire ad esempio che l’idea un po’ romantica della società ‘di una volta’, dove certi fenomeni criminosi non avvenivano, è infondata, e a volte genera per contrasto un allarme eccessivo riguardo all’oggi. Ed ancora: investire in tecnologia per la sicurezza, ma in maniera accorta, perché questi strumenti vanno utilizzati con intelligenza, non basta disseminare il territorio di telecamere per ottenere una società più sicura, bisogna invece ad esempio formare di più gli operatori, e utilizzare le tecnologie stesse in maniera selettiva. ” La conclusione, ripresa dal professor Savona, è che il Trentino è già oggi un laboratorio per la sicurezza, dove ci si sforza di fare lavorare assieme tutti gli attori della sicurezza e dove si cerca di agire anche a monte, sul versante della prevenzione: una prova di questo sembrerebbe essere data dal fatto che, negli ultimi anni, a fronte di una crescita dell’immigrazione, il dato complessivo sui reati rimane stabile, il che significa che nel complesso il fenomeno in Trentino è ben gestito le politiche di integrazione funzionano. Ma affinché in futuro si confermi questa realtà positiva non basta gestire l’esistente, occorre - come sottolineato anche dai diversi opinion leader contattati per la ricerca di Transcrime, compresi numerosi responsabili delle forze dell’ordine – insistere sulla strada dell’innovazione sia dell’analisi che degli strumenti di intervento. Uno scenario possibile, delineato dal Rapporto, è quello ribattezzato “Trentino Green”, dove l’impegno per la sicurezza si dovrà saldare a quello in favore della qualità della vita e dell’ambiente. “In generale nel campo della sicurezza si sprecano tante risorse – ha detto Savona - . Bisogna spendere di meno e raggiungere risultati maggiori. In Italia abbiamo già molti addetti al contrasto della criminalità, eppure pensiamo ancora che assumere più personale risolva i problemi. Non è necessariamente così. A volte è il contrario: ponendo un’analogia con i problemi ambientali, dove la scarsità di risorse rinnovabili spinge ad aguzzare l’ingegno, anche nel campo della sicurezza si può fare di più con meno. Ecco perché il Trentino ha fatto una scelta pionieristica decidendo di investire in conoscenza, ed ecco perché esso può e deve confermarsi come un laboratorio per il futuro. ” Savona, sollecitato dai giornalisti, ha successivamente illustrato alcuni dei dati relativi al Rapporto sugli scenari della sicurezza (che, è bene precisarlo, è altra cosa rispetto al “tradizionale” Rapporto sulla sicurezza che viene presentato di anno in anno). Dal loro esame si ricava che nel campo della sicurezza è facile interpretare gli elementi di cui si dispone in maniera non corretta. Ad esempio: in Trentino sembrerebbe che le violenze sessuali siano superiori alla media nazionale, perché? “Perché qui vengono denunciate di più”, è la risposta dell’esperto. Lo stesso vale per i furti in auto, di autoradio o altro: “A Milano nessuno va più in questura a sporgere denuncia”. Un altro esempio è quello del dato sulla criminalità nelle zone turistiche: attribuibile alla propensione a delinquere dei residenti o non forse al fatto che il criminale si sposta laddove è più “interessante”, per lui, operare? Come si vede, insomma, su questo terreno la conoscenza e l’approfondimento sono di importanza fondamentale, per non incorrere in generalizzazioni erronee o in banali errori. Fotoservizio a cura dell’ufficio stampa e filmato Busacca Scheda: Rapporto “Scenari sulla sicurezza in Trentino” - La proposta che emerge fra le pieghe della ricerca di Transcrime, curata da Paolo Ruspini e Andrea Di Nicola, è quella di un Trentino-laboratorio, facente perno sulla sua struttura istituzionale e sulla sua capacità di produrre innovazione nelle politiche. Così come nel passato questo laboratorio poggerà in futuro su due pilastri: l’Osservatorio sulla sicurezza, che produrrà analisi e dati monitorando l’andamento della sicurezza in Europa, in Italia e nel Trentino analizzando le similarità e differenze, e il Sistema integrato di sicurezza, che svilupperà i diversi interventi sul territorio. Le linee di azione sono grosso modo le stesse di quelle indicate nel 2003, ma l’indicazione degli esperti è quella di innovare i contenuti delle politiche secondo alcune scelte di fondo che si riassumono di seguito. Conoscere prima per anticipare i rimedi - La conoscenza del rischio criminalità maturata in questi anni nel territorio dovrà essere articolata in futuro su due direzioni: la probabilità di eventi criminali ed il loro impatto nella società, sulle imprese e sui singoli individui. Ridurre la percezione di insicurezza - Il grande problema di oggi è il conflitto tra le condizioni buone della sicurezza oggettiva e la percezione cattiva di quella soggettiva. L’andamento dei due fenomeni è quasi a forbice: più diminuiscono le probabilità di essere vittime di un reato più aumentano le preoccupazioni per la sicurezza. Le cause sono molteplici: l’effetto moltiplicatore dei mass media, le accresciute vulnerabilità individuali e, in modo paradossale, la nostra stessa qualità della vita che temiamo di perdere perché qualcuno possa attaccare i nostri beni e compromettere per questo la nostra stessa esistenza. Le variabili che stanno dietro questa forbice sono complesse e non tutte modificabili. Ciò che è sicuro è che più si parla di sicurezza più cresce l’insicurezza ma questo processo non si può arrestare dall’oggi al domani. E’ possibile però operare due ragionamenti virtuosi. Il primo con i mass media trentini per riflettere su processi che creano insicurezza e sul contributo dei media a questo risultato separando informazione da sensazionalismo. Il secondo con la popolazione trentina riportandola negli anni passati e facendole toccare con mano come il passato fosse molto peggio del presente in termini di sicurezza. Sviluppare i segnali anticipatori delle violenze in famiglia - Il problema è quello di ridurre gli eventi violenti e le vittime che essi producono attraverso una più vasta socializzazione dei fenomeni di violenza in famiglia ed un accesso da parte dei medici di base, assistenti scolastici, assistenti sociali, polizia locale, maestri e professori a cogliere i segnali anticipatori di queste violenze. Già da tempo si stanno sviluppando studi di early warning che permettono alle vittime potenziali e ad operatori sociali e sanitari di anticipare i comportamenti violenti in famiglia. E’ un processo educativo lento che va compiuto facendo leva su tutte e quattro le “S”: politiche sociali, sanitarie, scolastiche e securitarie. Sviluppare i segnali anticipatori delle violenze a scuola - Nella stessa direzione precedente è il problema della riduzione del bullismo nelle scuole. Sono chiari i fattori psicologici che lo determinano e meno chiari i fattori economici e sociali che lo influenzano. C’è una ricerca in atto da parte dell’Osservatorio sulla sicurezza nel Trentino. Ci sono programmi di prevenzione e trattamento che stanno producendo buoni risultati, come il programma dello psicologo norvegese Dan Olweus. E’ possibile affrontare il problema sul concreto raccordandosi con le altre iniziative nel settore. Investire sulle capacità dei giovani - In questo quadro gli studi internazionali sulla formazione delle competenze (skills) nei bambini come antidoto al loro rischio devianza da adolescenti e adulti hanno posto il problema del ritardo strutturale degli interventi sui giovani. Il discorso sta lentamente affacciandosi in Europa con la creazione di appositi network e in Italia sembra un oggetto sconosciuto più nel chiuso di qualche centro di ricerca che tradotto negli interventi. Su questo tema il “laboratorio Trentino” può produrre risultati importanti e sul terreno delle politiche sanitarie, sociali e scolastiche da esportare ad altre realtà italiane più problematiche. Investire in tecnologie sostenibili per la sicurezza - In modo ricorrente ci si è occupati di tecnologie per la sicurezza. I costi rilevanti di queste tecnologie, la loro veloce obsolescenza e i problemi legati alla loro sostenibilità finanziaria e sociale pongono problemi urgenti che vanno risolti. Il primo di questi problemi riguarda quali tecnologie per quale prevenzione. La Provincia può agire come ente intermedio per la scelta delle tecnologie adeguate alla domanda delle diverse realtà locali facendo crescere contemporaneamente la qualità dell’offerta attraverso la formazione della domanda. Questo vale per gli impianti di videosorveglianza, per reti voce e dati dedicate alle forze dell’ordine ed alla polizia locale e per le centrali unificate. Il secondo riguarda la formazione degli operatori di polizia locale o altro che devono utilizzare queste tecnologie. Il terzo riguarda la sostenibilità di queste tecnologie. La Provincia può ragionare con tutti gli Enti coinvolti per razionalizzare nel tempo la spesa tecnologica per la sicurezza assicurandosi la sua sostenibilità. .  
   
 

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