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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 16 Luglio 2008 |
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MEETING DI S. ROSSORE “CONTRO IL RAZZISMO” IL DIALOGO VERO RICHIEDE UNA “CONVERSIONE DELLA MENTE”
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San Rossore (Pi), 16 luglio 2008 - «La conoscenza non porta automaticamente al superamento del pregiudizio»: questa considerazione ispirata a un concreto realismo è stata il filo conduttore della tavola rotonda che si è svolta nel pomeriggio sotto la tenda intitolata a Martin Luther King e dedicata al tema dell’interculturalità. Ad introdurre i lavori l’assessore regionale per il diritto alla salute Enrico Rossi che ha ricordato alcune cifre che testimoniano la realtà multiculturale presente oggi in Italia: 234. 000 cittadini stranieri (il 6,4% della popolazione) prevalentemente provenienti dai paesi dell’est europeo (54%), cittadini che contribuiscono in modo determinante non solo al riequilibrio demografico della nostra regione ma anche, con il loro lavoro e le loro energie, stabilmente alla formazione del prodotto interno lordo. L’ottica dell&rsq! uo;assessore Rossi è stata naturalmente quella della mu! lticultu ralità così come declinata all’interno del Piano sanitario. «Sono le condizioni di lavoro, ambientali, abitative, e la scarsa integrazione – ha detto tra l’altro Rossi – che mettono a repentaglio la salute della popolazione immigrata, dei bambini, ad esempio, che subiscono un’alta percentuale di ricoveri per malattie dell’apparato respiratorio, o delle donne, il cui tasso di abortività è nettamente superiore a quello delle donne italiane. Per non parlare dei lavoratori immigrati il cui rischio infortunistico è almeno doppio rispetto ai lavoratori italiani». Rispetto a questi problemi la Regione Toscana mette in campo progetti specifici e una sanità di iniziativa che vuole intercettare il bisogno di salute che non viene espresso e rendere i servizi facilmente accessibili a tutti. Di “rischio banlieu” per la cosiddetta “seconda generazione” ha parlato Pa! pe Diaw, consigliere comunale a Firenze. «Ma la politica – ha proseguito in un intervento appassionato – spesso è distante dai problemi. Bisogna agire di più sui ceti popolari, lì dove nascono le tensioni, con progetti culturali che facciano effettivamente dialogare le persone che convivono, progetti mirati al territorio, per far rinascere una cultura popolare che sta morendo. Dobbiamo smettere – ha concluso – di far parlare gli immigrati solo di immigrazione e questa sfida culturale è necessaria se vogliamo fermare il razzismo che sta dilagando». «Se non ci fosse stata l’immigrazione non avremmo razzismo in Italia? Non credo proprio» ha affermato Roberto Ruffino, dell’European federation for intercultural learning, una organizzazione di scambi studenteschi. «Purtroppo abbiamo visto molte difficoltà nell’accoglienza dei nostri studenti – ha concluso &n! dash; Il problema è che per incontrarsi bisogna mettere! in atto una vera e propria “conversione della mente”: allora si può riuscire veramente a dialogare». «Sono uno zingaro rumeno e sono qui a testimoniare una colpa e una vergogna collettiva per la mancata reazione ad un’azione di propaganda anti-rom che sta conducendo ad una violenza generalizzata contro questo popolo – ha detto Valeriu Nicolae direttore della European Roma Grassroots Organisation, presentando una serie di testimonianze esemplari di espressioni razziste in tutta Europa e in Italia -. Voglio aspettarmi una reazione che per ora non c’è stata, a parte l’associazione ebraica italiana e l’Unicef, almeno la partenza di una petizione che squarci l’indifferenza dell’opinione pubblica». Per Massimo Vedovelli, rettore dell’Università per stranieri di Siena, il dialogo interculturale è la missione stessa dell’università, in particolare di una unive! rsità per stranieri. «E la dimensione linguistica – ha proseguito - è la base stessa del dialogo. In Italia esiste una insicurezza sulla troppo recentemente unificata lingua nazionale che porta alla paura verso le 130 nuove lingue affacciatesi con l’immigrazione, che non vengono recepite per l’arricchimento che portano, ma come una minaccia. E dalla paura nasce la violenza verso coloro che vengono percepiti come diversi. Ma occorre aggiungere che grande responsabilità pesa sulla politica statale sulla lingua; una politica vecchia, addirittura arcaica, ferma ad una dimensione da torre di Babele, dove la diversità delle lingue è una punizione divina. Dovrebbe invece essere ricordato che sempre nella Bibbia esiste la comunione linguistica della Pentecoste». «La lingua come il colore può creare una barriera di diversità – ha sostenuto Laura Balbo dell’Università di Pado! va -. Occorre imparare a cambiare anche le forme linguistiche,! imporre messaggi di confronto per comprendere la fase di cambiamento profondo che stiamo attraversando. Altrimenti prendono altre idee, come quella della gerarchizzazione in categorie di immigrati, che puntano alla creazione di un gruppo come capro espiatorio, vittima predestinata». Il sindaco di Pisa Marco Filippeschi ha esordito segnalando come se è vero che l’immigrazione è una risorsa è anche vero che, per le nostre città, e per i loro delicati equilibri, il suo sviluppo accelerato ha anche rappresentato un problema per cui si sono rese necessarie risposte strutturasli. In quest’ottica Filippeschi ha evidenziato il ruolo e la potenzialità della scuola non solo per la sua risposta educativa al problema dell’integrazione ma anche per la capacità di mettere in connessione famiglie, di diventare serbatoio prezioso di spazi utilizzabili per favorire scambi interculturali. A conclusione di questa sessione I! nfine il ministro all’educazione dello Stato brasiliano di Parà Iracy Gallo ha segnalato i passi avanti del suo Stato e dell’intero Brasile in ambiti come quelli del diritto allo studio: «in particolare nell’ultimo anno e mezzo - ha detto - sono nate nel nostro Stato nuove scuole capaci di rappresentare i vari gruppi etnici e di favorire circolazione di idee, confronto e coinvolgimento fra tutti». . |
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