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Notiziario Marketpress di
Giovedì 17 Luglio 2008 |
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MEETING DI SAN ROSSORE “CONTRO OGNI RAZZISMO” LA SCUOLA CAMBIA, MA SPESSO LO FA TROPPO LENTAMENTE
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San Rossore (Pi), 17 luglio 2008 - La scuola cambia. E costretta anche dalla forza dei numeri, impara ad affrontare, in Toscana come altrove, il problema dell’integrazione. Sulle pareti della piccola tenda intitolata “Anna Frank”, dove in mezzo ai libri si parla di scuola ed alunni stranieri, una sessantina di foto raccontano le esperienze avanzate dell’istituto Gandhi, andata e ritorno da Firenze in Cina in una scuola del Wenzhou, e dell’istituto Datini di Prato, per il suo gemellaggio con una scuola cinese dello Zhejiang. La scuola italiana cambia poco però, rimarca Sandra Landi dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica. E quel poco, aggiunge, è pochissimo rispetto alla rivoluzione di cui sono stati protagonisti i giovani negli ultimi dieci anni. Una scuola a volte troppo lenta rispetto allo sviluppo della società in cui opera. Una scuola dove anche in Toscana, d! enuncia in modo accalorato il direttore dell’Ufficio sco! lastico regionale Cesare Angotti, ad un ragazzo albanese all’ultimo anno delle superiori, per un accanimento formalista, può essere impedito di ultimare l’ultimo anno e completare la scuola. Una scuola figlia di una società, ripete sempre Landi, dove tutti si dichiarano non razzisti ma a quella negazione aggiungono un “ma”. Fortunatamente non mancano le buone pratiche. Sotto il tendone raccontano le loro esperienze, alcune fra le tante, l’assessore all’istuzione della Provincia di Pistoia Giovanna Roccella e l’assessore all’istruzione del Comune di Pisa Maria Luisa Chiofalo: percorsi individuali di sviluppo, iniziative con le famiglie, protocolli di buona accoglienza. Prato, Firenze e Pistoia sono le prime province toscane per presenza di ragazzi stanieri a scuola, con percentuali che oscillano dal 9,4 all’11 per cento. L’integrazione, ripetono un po’ tutti, si costruisce a scuola ma anche fu! ori dalla scuola. E soprattutto non la si raggiunge solo insegnando ai bambini stranieri l’italiano o con la mediazione culturale, che pure rimane essenziale nel momento dell’emergenza. . |
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