|
|
|
|
|
|
|
Notiziario Marketpress di
Lunedì 03 Novembre 2008 |
|
|
|
|
|
RAPPORTO INTEGRAZIONE SOCIALE IN UMBRIA LA SCHEDA
|
|
|
|
|
|
Perugia, 3 novembre 2008 - Il Rapporto di ricerca “L’integrazione sociale in Umbria” offre alle istituzioni e alla collettività, una lettura “delle tendenze della società umbra, contribuendo così, in questa fase così densa di trasformazioni (economiche e sociali) all’analisi e alla valutazione del modello sociale della regione”. Molti sono i mutamenti recenti; innanzitutto l’invecchiamento della popolazione che si afferma in tutta la nazione ma che nella nostra regione raggiunge livelli molto alti (in Umbria gli ultrasessantacinquenni rappresentano il 23,3 per cento della popolazione, in Italia il 19,8 per cento). La famiglia in Umbria diventa sempre più piccola con una media di 2,6 componenti; ciò sta a dire che è cambiato un intero scenario, sia nelle relazioni intra-familiari, sia all’esterno delle famiglie. In particolare, diminuiscono le coppie con figli ed aumentano quelle senza figli, le famiglie ricostituite e le unioni libere. Cresce anche il numero delle famiglie a maggiore rischio di esclusione sociale: le famiglie monogenitoriali (in cui il genitore è principalmente donna), le famiglie uni personali, quasi tutte composte da anziani. Malgrado questi profondi mutamenti, il tessuto sociale della nostra regione continua a “tenere”, anche se con alcune tensioni critiche e qualche lacerazione. L’integrazione sociale resta abbastanza compatta per ragioni strutturali: la non estesa urbanizzazione, la rete policentrica che determina un maggior senso civico, un più articolato controllo sociale, un’alta identificazione territoriale (ma che, d’altro canto comporta anche qualche rischio di localismo). Una seconda caratteristica riguarda le radici storiche dell’imprenditoria regionale spesso di natura locale, di origine artigiana e contadina. Nel novero dei fattori di integrazione occorre, inoltre, considerare i servizi alla persona e il welfare locale, la cui qualità si colloca su livelli medio-alti e la crescita della società civile organizzata: l’associazionismo, il cosìddetto “terzo settore” e soprattutto il volontariato che impegna circa il 10 per cento degli umbri. Un elemento fondamentale è rappresentato dalla famiglia umbra che seppur in trasformazione rappresenta un’istituzione vitale della nostra realtà sociale. Anche al di fuori delle mura domestiche la nostra realtà è intessuta da reti di solidarietà informale che passano fra famiglie. In Umbria solo il 15 per cento delle famiglie abita in un comune diverso da quello della propria famiglia d’origine. E’ significativo il fatto che il 50 per cento degli Umbri dichiari di scambiare aiuti con i propri parenti; anche in questo caso il dato è più alto della media nazionale. Analogamente, sono più frequenti in Umbria, rispetto a quasi tutte le altre regioni, le reti amicali e di vicinato. Le risorse qui ricordate hanno una natura prevalentemente endogena; ciò comporta un fitto intreccio fra tradizione e innovazione ma anche la tentazione della società umbra di ripiegarsi su stessa e il rischio di irrigidimento culturale, l’”adattarsi” più che il “rinnovarsi”. Strettamente in relazione al grado di integrazione sociale risultano alcuni fenomeni di devianza come i tassi di suicidio, la criminalità, le tossicodipendenze. Il tasso di suicidio di una popolazione costituisce un indicatore classico di “anomia”; in Umbria risulta più alto della media nazionale. La propensione al suicidio alligna soprattutto tra gli anziani (probabilmente perché essi sono i più colpiti dal disorientamento di fronte a quei mutamenti che nella nostra regione sono stati profondi, e soprattutto, assai rapidi), nella provincia di Perugia più che nella provincia di Terni. Il quoziente di suicidi in Umbria ogni 100mila abitanti è del 7,1 (8,1 Perugia, 4,4 Terni) contro un dato nazionale del 5,6. Quello dei tentati suicidi è del 8,4 (8,7 Perugia, 7,5 Terni) a fronte del 6 nazionale. Per quanto riguarda la criminalità, la situazione non è certo drammatica, anche se si stanno accendendo alcune spie d’allarme. Ad esempio l’Umbria è la regione con il più alto quoziente di criminalità per la produzione e lo spaccio di stupefacenti; inoltre, è la regione in cui rispetto al resto d’Italia si registra il più alto numero di decessi direttamente correlati agli stupefacenti . Altre forme di disuguaglianza passano attraverso la questione del lavoro; la disoccupazione può costituire un elemento rilevante dell’insuccesso e dell’isolamento individuale. Se dovessimo tracciare un identikit in base alle caratteristiche prevalenti, si potrebbe asserire che il disoccupato tipico è donna (le donne risultano molto più svantaggiate rispetto agli uomini), giovane, collocandosi fra i 25 ed i 34 anni, con un alto livello di istruzione, e privo di lavoro da almeno 12 mesi. Sempre in riferimento al lavoro, un’altra problematica è data dal lavoro precario; esso in realtà comporta pesanti ripercussioni non solo sul piano sociale (in quanto colpisce il reddito, la sicurezza del lavoro e sul lavoro) ma anche effetti preoccupanti sul piano psichico dei singoli lavoratori precari (perché tali effetti riguardano la dipendenza dalla famiglia di origine, la percezione del sé, la rappresentazione sociale del lavoro, la destrutturazione del tempo individuale, lo stress, l’ansia, la depressione, l’ “ostilità generalizzata”). Dal 1998 ad oggi le tipologie contrattuali delle nuove assunzioni vedono nel tempo determinato la forma contrattuale prevalente, oggi molto più che in passato. La mancanza di lavoro, la precarietà, il basso livello d’istruzione fanno parte dei fattori più importanti che accrescono in misura sensibile i rischi di povertà. Fra tali fattori va aggiunto anche il tipo di famiglia: se numerosa oppure formata da anziani o se monogenitoriale allora diventa più incombente la probabilità di cadere in uno stato di indigenza. Secondo le ultime stime è povero l’8 per cento delle famiglie umbre; a ciò si aggiunge un altro 8 per cento di famiglie quasi-povere cioè a rischio, non solo perché si tratta di famiglie appena al di sopra della “soglia di povertà” ma anche perché le loro caratteristiche risultano molto simili a quelle delle famiglie povere; basta poco per cui i quasi poveri diventino i nuovi poveri. Le indagini multiscopo dell’Istat segnalano da tempo una diffusa difficoltà delle famiglie italiane ad acquistare beni e servizi essenziali come cibo, utenze per l’abitazione o cure mediche. In Umbria, secondo i dati del Banco Alimentare nel 2006 sono stati assistiti 22. 380 persone mediante i 251 Enti non-profit presenti nella regione, tra cui anche le Caritas. Uno dei processi di mutamento più profondi del nostro tessuto sociale è dato dall’immigrazione. I flussi sono triplicati rispetto a 10 anni fa; la condizione di immigrato è tendenzialmente ben più difficile, rispetto alla condizione media degli umbri, per quanto riguarda l’ambito occupazionale e della possibilità di occupare abitazioni dignitose; gli immigrati non si concentrano più nelle città grandi e medie dell’Umbria. La maggiore novità consiste nella crescente stabilizzazione: la nostra società non è più una società di prima accoglienza e di passaggio, il che implica varie ed importanti conseguenze. Aumentano le donne immigrate a seguito delle dinamiche di ricongiungimento familiare (oggi per la prima volta le donne sono diventate più numerose degli uomini). Aumentano le famiglie di immigrati e le famiglie miste. La quantità di minori di origine straniera in 4 anni è raddoppiata: oggi i minori sono oltre 13 mila. Il 15 per cento dei nati in Umbria proviene da famiglie di immigrati (in Italia è il 9 per cento). Quindi sta salendo alla ribalta “la seconda generazione” di immigrati che per alcuni versi potrebbe essere di più difficile integrazione. In conclusione questa è l’epoca che fa dell’Umbria uno scenario molto più ricco di culture: nel mondo del lavoro coesistono a stretto gomito 115 nazionalità diverse; nelle scuole in 10 anni gli studenti immigrati sono passati dal 2 per cento al 9 per cento (Italia:4,4 per cento), sicché oggi nelle aule si confrontano studiano e giocano insieme 109 nazionalità differenti. Alla luce di quanto esposto non può considerarsi un eufemismo l’asserire che oggi nelle scuole dell’Umbria vi sia il “mondo in classe”. Per tale motivo , quindi, la scuola costituisce il terreno principe ed ideale su cui si gioca gran parte della partita sociale dell’integrazione. Un efficace processo di integrazione non può prescindere da un’adeguata politica dell’istruzione, volta all’educazione interculturale che promuova il pluralismo e la diversità. . |
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|