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Notiziario Marketpress di
Lunedì 03 Novembre 2008 |
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IL DOLORE SOMMERSO DELLA DONNA LA MAGGIORANZA DELLE ITALIANE, SECONDO UN’INDAGINE PROMOSSA DA O.N.DA HA IL DOLORE COME SGRADEVOLE COMPAGNIA LUNGO BUONA PARTE DELL’ARCO DELLA VITA.
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Milano, 3 novembre 2008 - Che il sesso, o meglio il genere, siano un fattore importante in medicina è conquista relativamente recente, risale a metà degli anni novanta quando una donna, Bernadine Healy, assunse la guida dei National Institutes of Health statunitensi. Da allora si sono moltiplicate le ricerche che mostrano come la popolazione femminile presenti caratteristiche proprie in termini sia di fattori di rischio, sia di necessità di trattamento sia, ancora, di prevalenza di alcuni disturbi. E in questo solco s’inserisce l’indagine “Le donne e il dolore cronico” condotta da Scicom per conto di O. N. Da (Osservatorio nazionale sulla salute della donna), con il supporto di Mundipharma. I dati restituiti dall’indagine, basata su un campione statisticamente significativo, mostrano che più di una donna su due (il 57%) soffre di manifestazioni dolorose croniche, una percentuale che sale al 70% al di sopra dei 65 anni di età. Inoltre, non si tratta di condizioni algiche acute o autolimitanti: l’88,4% delle donne che accusavano il disturbo al momento dell’intervista dichiarava di soffrirne da almeno un anno. Contrariamente a quanto si può pensare, queste manifestazioni dolorose si presentano più spesso in distretti che non hanno a che vedere con l’apparato riproduttivo – si tratta di schiena, testa e collo – e che compromettono seriamente l’autonomia e l’attività della donna, sulla quale ricadono, in aggiunta al lavoro, compiti di assistenza verso bambini e, sempre più spesso, anziani e disabili. E, infatti, oltre un quarto del campione dichiara che il dolore interferisce pesantemente con le attività domestiche, la deambulazione e la concentrazione, mentre supera abbondantemente il 30% la parte che dichiara che il dolore interferisce “abbastanza” con queste attività. Non va poi trascurato il dato relativo all’influenza del dolore sul sonno (oltre il 47% delle donne dichiara che il riposo viene disturbato “abbastanza” o “molto”), perché questo può indurre a curare il sintomo insonnia con ipnotici quando basterebbe trattare meglio la sintomatologia dolorosa. Quanto al trattamento antidolorifico, viene molto più spesso prescritto dallo specialista, piuttosto che dal medico di medicina generale, e c’è ancora un 10% che ricorre esclusivamente al fai da te e al passaparola. “Nel complesso” commenta Massimiano Bucchi, supervisore della ricerca “il quadro che emerge è quello di una presenza diffusa del dolore fisico nella vita delle donne. Dolore che può ‘spostarsi’ nel corso della vita in zone diverse del corpo ed associarsi a patologie variabili, ma accompagna come una sorta di sgradito ospite, anche per lunghi periodi, la vita delle donne, e ne condiziona l’umore e la capacità di svolgere le proprie attività quotidiane. ” “I risultati sono chiarissimi: il dolore è un fatto che la stragrande maggioranza delle donne si trova ad affrontare per periodi anche molto lunghi, visto che nell’arco della vita si presentano cause diverse di dolore: nelle giovani l’emicrania, col passare degli anni può cedere il posto alle fratture osteoporotiche” commenta Francesca Merzagora, Presidente di O. N. Da. , L’osservatorio Nazionale sulla salute della donna “E mette anche in luce alcuni aspetti specifici: per esempio l’aggravarsi del disturbo in concomitanza con eventi quali il ciclo mestruale o la gravidanza”. Apprezzamento per l’indagine viene anche dal professor Guido Fanelli, Coordinatore della Commissione Ministeriale sulla terapia del dolore e le cure palliative. “Anche nella popolazione femminile si conferma purtroppo che l’evento dolore è un fenomeno presente in quasi il 90% delle persone e di queste il 16% prova addirittura un dolore estremamente severo, con evidenti ripercussioni sulle attività quotidiane e sulla qualità della vita stessa. Il fatto che una donna su tre che accusa dolore, cronico e non, continui ad affidarsi a terapie alternative non farmacologiche o automedicazione, è il segno che occorre un cambiamento culturale in tutto quanto riguarda il trattamento del dolore. E’ questo del resto lo scopo della Commissione Ministeriale, la cui linea d’azione prevede una maggiore sensibilizzazione e formazione del medico di famiglia su questo aspetto e, contemporaneamente, una maggiore diffusione sul territorio delle capacità di trattare adeguatamente il dolore. Infatti non può essere la regola che il dolore venga affrontato in reparti non specialistici e non dedicati. Si pensi che ancora oggi molti dei ricoveri ospedalieri in reparti ad elevata intensità di cure, come ad esempio la medicina interna, sono dovuti a manifestazioni dolorose di diversa natura”. Marco Filippini, Direttore Generale di Mundipharma, ha messo in luce un altro aspetto: “Dall’indagine emerge che la maggioranza, il 61%, ricorre a un trattamento farmacologico. Non è poco, ma senz’altro sarebbe più alto se si utilizzassero farmaci più efficaci e con minori eventi avversi. Basterebbe seguire con attenzione le linee guida internazionali che suggeriscono , per un dolore moderato-severo, il ricorso ad un oppiaceo orale. In questo modo le pazienti avrebbero un maggior beneficio sul sintomo con minori effetti collaterali, soprattutto a carico dell’apparato digerente, che un 15% delle donne intervistate riporta come fonte di disagio. Una situazione che si rispecchia anche nel fatto che, poco meno del 10% che non assumono farmaci, lo fa perché quelli prescritti non sono efficaci”. “Mundipharma è da tempo impegnata nella ricerca sul trattamento del dolore in Italia, e tutte le ricerche del Centro Studi Mundipharma confermano il ritardo italiano in questo settore: basti pensare che, nel trattamento del dolore severo, la spesa pro capite annua (dati giugno 2008 ) per gli oppiacei è pari a 0,63 euro, contro una media europea di 3,73”. Le donne e il dolore cronico Sintesi dei principali risultati - La grande maggioranza delle donne italiane (80%) soffre attualmente (57%) o ha sofferto in passato (23%) di patologie o disturbi che provocano dolore. La diffusione di queste patologie e disturbi aumenta con l’età: nella fascia 60-75 anni l’attuale esperienza di dolore coinvolge il 70% delle donne. Donne single e divorziate segnalano con minor frequenza patologie dolorose rispetto a coniugate e conviventi, mentre le vedove – anche per l’effetto combinato dell’età – sono il gruppo in assoluto più colpito dalle sensazioni dolorose. Le patologie più citate in relazione al dolore sono cefalee ed emicranie (15,4%), artrosi, artriti e osteoporosi (11,5%) e dolori alla schiena (11,1%). Dolori associati a cefalee ed emicranie sono particolarmente diffusi tra le più giovani, mentre quelli collegati ad artrosi e artriti sono più comuni nelle fasce di età più elevate: il mal di testa segna quasi una donna su tre nella fascia 30-39anni, mentre la stessa quota è colpita da dolori artrosici, artritici e legati all’osteoporosi tra le 60-75enni. Si tratta, perlopiù, di dolori che accompagnano lunghi tratti della vita delle donne: l’88% ne ha sofferto, seppure in modo ciclico, per più di un anno, mentre per poco più di una su dieci si tratta di un fatto recente. Spesso i dolori sono percepiti anche in modo piuttosto intenso - soprattutto in relazione a patologie tumorali, problemi dentari denti e dolori mestruali – e in oltre la metà dei casi si presentano in forma non sporadica ma frequente o addirittura costante, soprattutto in associazione con patologie quali ernia del disco, problemi cardiovascolari e ginecologici. Schiena, testa e collo sono le zone del corpo più colpite dalle sensazioni dolorose, che si ripercuotono per due donne su tre in particolare sull’umore (66%) e per una su due sulla capacità di svolgere attività lavorative e di sbrigare le faccende quotidiane con la dovuta concentrazione e tranquillità; incide invece in misura relativamente minore su appetito e qualità del sonno. Una quota consistente delle intervistate (68%) colpite da patologie dolorose ricorre a terapie contro le varie forme di dolore: per dolori come quelli associati a disturbi cardiovascolari ed ernia del disco il ricorso a terapie sfiora l’80%; il trattamento terapeutico è invece minimo nel caso di disturbi ginecologici e dolori a braccia e mani, laddove non seguono alcuna terapia circa sette donne su dieci. Il ricorso è perlopiù a farmaci tradizionali (61%) e fisioterapia (24%), mentre il 3% utilizza prodotti omeopatici. La scelta della terapia contro il dolore avviene soprattutto sulla base del consiglio di medici specialistici e in misura minore del medico di famiglia; una su dieci però si è scelta farmaci o terapie sulle proprie competenze o sul parere di parenti/amici. Quello a farmaci o terapie è un ricorso che spesso si protrae nel lungo periodo (“qualche anno” per il 68%). Tra chi ricorre a terapie, una minoranza (15%) lamenta disturbi collaterali, prevalentemente di tipo gastro-intestinale o cutaneo, ma nel complesso l’80% si dichiara soddisfatta dei risultati ottenuti nel contrastare il dolore. Coniugate e vedove seguono una terapia più spesso di single e divorziate; le donne più istruite si curano meno di quelle meno istruite. Chi non ricorre a farmaci o terapie afferma di ritenere il dolore sopportabile (66%) o si dichiara contrario all’uso di farmaci (15%). Nel complesso il quadro che emerge è quello di una presenza diffusa del dolore fisico nella vita delle donne. Dolore che può ‘spostarsi’ nel corso della vita in zone diverse del corpo ed associarsi a patologie variabili, ma accompagna come una sorta di sgradito ospite, anche per lunghi periodi, la vita delle donne, e ne condiziona l’umore e la capacità di svolgere le proprie attività quotidiane. Il ricorso a terapie antidolore (perlopiù farmaci, ma anche fisioterapia) è diffuso e spesso protratto nel tempo, anche se vi sono tipi di dolore che le donne considerano maggiormente sopportabili. L’indagine è stata condotta da Scicom per O. N. Da su un campione di 514 donne, rappresentativo della popolazione femminile italiana in età compresa tra i 30 e i 75 anni. . |
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