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Notiziario Marketpress di Lunedì 10 Novembre 2008
 
   
  DATI ECONOMIA PRIMO SEMESTRE 2008: LA BASILICATA SUBISCE L’INFLUENZA DELLA CRISI GENERALE E SI AVVIA VERSO UNA MARCATA RECESSIONE.

 
   
  Potenza, 10 novembre 2008 - “L’economia lucana, già in forte rallentamento nella prima metà del 2008, rischia di subire contraccolpi molto pesanti dalla netta inversione del ciclo economico, a livello nazionale e internazionale, che la recente esplosione della crisi finanziaria globale ha contribuito ad innescare. A fronte della molteplicità dei fattori di crisi, sia sul versante delle imprese che delle famiglie, ai decisori politici spetta il difficile compito di individuare le misure di sostegno con il maggior grado di impatto sul contesto generale, evitando la dispersione delle poche risorse disponibili”. E’ questo il commento di Pasquale Lamorte, presidente di Unioncamere Basilicata, rispetto al Rapporto economico relativo al primo semestre 2008 appena pubblicato a cura dell’Osservatorio Economico Regionale. Lo Scenario - Le previsioni di Unioncamere-prometeia, formulate prima dell’estate, già indicavano una “crescita zero” per l’economia lucana nel 2008, nell’ipotesi di un’evoluzione molto rallentata ma ancora positiva dell’economia italiana (+0,5%). Se, come appare ormai probabile, quest’ultima si fermerà del tutto e chiuderà l’anno con il segno “meno”, per la Basilicata si profila una recessione piuttosto marcata. Ad accentuare l’impatto della crisi economica a livello regionale contribuiranno una serie di fattori di natura strutturale, che attengono alle caratteristiche stesse del tessuto produttivo lucano: il basso grado di diversificazione settoriale, la presenza di specializzazioni produttive in settori che la concorrenza internazionale ha già fortemente “compromesso” (è il caso dell’industria del mobile e del tessile/abbigliamento) e in settori, come l’industria dell’auto, più “sensibili” alla contrazione della domanda di consumi che, oggi, colpisce soprattutto i beni durevoli, l’ampia diffusione di imprese di piccola e piccolissima dimensione, da sempre, e per svariate ragioni, più “vulnerabili” ai cicli recessivi; il basso grado di apertura internazionale, che non consente di sfruttare una domanda estera decisamente più “intonata” rispetto a quella interna, pur se anch’essa in rallentamento. Anche la probabile stretta del credito, determinata dalla crisi finanziaria, rischia di avere ripercussioni più pesanti a livello regionale, considerate le già difficili condizioni di accesso ai prestiti bancari per le imprese locali e la mag-giore domanda di finanziamenti legata ai processi di riconversione e ristrutturazione necessari per la sopravvivenza e il rilancio di interi comparti produttivi. I Dati - Nel periodo gennaio-giugno la produzione manifatturiera ha accusato una flessione tendenziale dell’1,1% che, nelle imprese di piccole dimensioni e in quelle artigiane ha superato ampiamente il 5%. Trend negativi hanno caratterizzato pressoché tutti i principali comparti, con cadute molto pesanti nell’industria dei minerali non metalliferi, del “legno e mobile”, della lavorazione dei metalli e dell’alimentare. A certificare lo stato di diffusa crisi dell’industria lucana è la forte impennata degli interventi di sostegno della Cassa Integrazione Guadagni che, nella prima metà dell’anno, hanno superato il milione e 770 mila ore. Si è ulteriormente ridotta, inoltre, sia la quota di imprese manifatturiere che operano sui mercati esteri, sia la quota di fatturato industriale legata all’export, il che sembrerebbe indicare una preoccupante perdita di competitività del sistema produttivo regionale. Segnali poco incoraggianti vengono dal settore dell’edilizia: il mercato immobiliare è in forte rallentamento e sembra aver esaurito, ormai, il suo ciclo di crescita; gli stessi investimenti in costruzioni hanno mostrato una brusca frenata mentre l’occupazione risulta in calo da circa un anno e mezzo e gli interventi di Cig hanno raggiunto un nuovo “massimo”. La “tenuta” dell’economia lucana resta affidata ai servizi che, già nel biennio precedente hanno svolto una funzione “anti-ciclica”, consentendo una discreta crescita del Pil. La generale crisi dei consumi, tuttavia, sta producendo effetti molto negativi su alcuni importanti comparti, a partire dal commercio, dove il calo dei volumi d’affari è particolarmente intenso ed interessa, per la prima volta, anche i formati della grande distribuzione organizzata, mostratasi finora in grado di accrescere/mantenere i propri livelli di fatturato, a scapito del piccolo commercio tradizionale. Le difficoltà dell’attuale quadro economico hanno determinato una forte impennata della disoccupazione (circa 2,2 mila unità in più nel I semestre 2008), quasi interamente ascrivibile a processi di espulsione di manodopera dal sistema produttivo. Positivo, peraltro, è stato il bilancio dell’occupazione, grazie soprattutto alla significativa espansione del lavoro autonomo nelle attività terziarie (circa 2,1 mila unità in più, vale a dire, oltre il 70% dell’incremento complessivo degli occupati registrato nei primi 6 mesi dell’anno). Va rimarcato, inoltre, il sensibile aumento del numero di persone presenti sul mercato del lavoro: un fenomeno che si può spiegare con la fase di diffi-coltà dei redditi familiari e, quindi, con il più elevato costo di rimanere inattivi e fuori dal mercato, al di là delle maggiori o minori difficoltà di trovare un impiego. L’erosione dei redditi familiari rappresenta l’altro punto di sofferenza dell’economia regionale, cui ha contribuito anche la recente forte accelerazione della dinamica inflazionistica, che ha penalizzato soprattutto i capitoli di spesa che più incidono sui bilanci delle famiglie, ovvero alimentari, tariffe energetiche e carburanti. Da questo punto di vista, è certamente emblematica la contrazione dei consumi reali (al netto, cioè, dell’inflazione), così come l’elevato indebitamento bancario delle famiglie, che si accompagna a crescenti difficoltà nella restituzione dei prestiti, anche per effetto del maggior onere per il servizio del debito. .  
   
 

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