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Notiziario Marketpress di
Martedì 11 Novembre 2008 |
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LA CULTURA DELLA PACE E LA "STORICA INSOSTENIBILITÀ DELLE RAGIONI NAZIFASCISTE"
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Roma, 11 novembre 2008 - "Venne da noi un sottufficiale delle Ss e ci ordinò: uomini a sinistra, donne a destra. Quattro parole, pronunciate con quiete e indifferenza, senza agitazione. Quattro parole semplici e brevi. Per me significarono l´attimo in cui dovetti lasciare mia madre. Non ebbi il tempo di pensarci, quando sentii la mano di mio padre: eravamo soli, divisi. Per una frazione di secondo potei vedere mia madre e le mie sorelle uscire verso destra, Tsipora teneva la mano della mamma. Vidi come si allontanavano. Mia madre accarezzava i capelli biondi di mia sorella, come per proteggerla. Io proseguii con mio padre, insieme agli altri uomini. Non sapevo che in quel posto, in quel momento, avevo lasciato per sempre mia madre e Tsipora". Elie Wiesel, il Premio Nobel per la pace che molti italiani conoscono per il suo "L´ebreo errante", testimonia così la sua esperienza della Reichskristallnacht fra il 9 ed il 10 novembre 1938, quella "notte dei cristalli" che i sopravvissuti ebrei preferiscono ricordare con l´espressione yiddish Novemberpogrom e che costò la vita a centinaia di persone, l´internamento di 30. 000 prigionieri nei campi di concentramento e la distruzione di migliaia di sinagoghe, negozi e abitazioni in tutta la Germania nazista. Elie Wiesel aveva solo dieci anni quando fu diviso dalla madre e dalla sorella che furono massacrate nei Lager nazisti insieme ad altre sei milioni di persone. Il genocidio avviato quella notte su ordine di Hitler e su ispirazione di Goebbels rappresenta la drammatica conferma della "storica insostenibilità delle ragioni, delle motivazioni e degli obiettivi dell´impresa bellica nazifascista" ricordata da Giorgio Napolitano in occasione della recente commemorazione dei caduti di El Alamein. Tutto questo, ci ha ammonito il Presidente della Repubblica, non va dimenticato e non è stato infatti dimenticato dal cancelliere Angela Merkel a Berlino che ha commemorato i massacri di settanta anni fa con la presidente del Comitato centrale degli ebrei tedeschi Charlotte Knobloch, un´altra sopravvissuta all´Olocausto. Né va dimenticato che in quegli stessi mesi di settanta anni fa, il regime fascista in Italia – con la pavida complicità di Vittorio Emanuele Iii – aveva avviato una campagna "a difesa della purezza della razza italiana, di origine e di civiltà ariana" con l´aberrante manifesto in dieci punti pubblicato dal Giornale d´Italia nel luglio 1938, la nascita della rivista "La difesa della razza" di Telesio Interlandi e Giorgio Almirante e le leggi razziali decretate dal Re d´Italia e imperatore d´Etiopia "per grazia di Dio e volontà della Nazione" il cui articolo 1 recita "Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito". Gli "studiosi" fascisti - fra cui si contavano antropologi, pediatri, patologi ma anche zoologi e pensatori come Julius Evola – erano arrivati alla dotta conclusione che le razze esistono, che esse sono grandi e piccole, che il concetto di razza è puramente biologico, che la popolazione italiana è nella maggioranza di origine e di cultura ariana, che l´apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici è una leggenda, che era tempo per gli italiani di proclamarsi razzisti facendo una netta distinzione fra i Mediterranei d´Europa e gli Orientali e Africani dall´altra, che gli ebrei non appartengono alla razza italiana e che infine i caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo. Per Giorgio Napolitano, i veri sconfitti – anche sulle sabbie di El Alamein – "furono i disegni di aggressione e di dominio fondati su aberranti dottrine di superiorità razziale, che avevano trovato nel nazismo hitleriano l´espressione più virulenta e conseguente" ma da quel bagno di sangue è nata l´Europa fondata su una cultura di pace insieme al superamento degli imperi e l´affrancamento del continente africano dal dominio coloniale. Ad El Alamein, il Presidente della Repubblica ha reso omaggio – come aveva del resto fatto a Genova nel celebrare il 25 aprile – "alle virtù morali e alle straordinarie doti di coraggio di cui decine e decine di migliaia di uomini diedero incontestabile prova" ricordandoci che "tutti furono guidati dal sentimento nazionale e dall´amor di patria, per diverse e non comparabili che fossero le ragioni invocate dai governi che si contrapponevano su tutti i fronti del secondo conflitto mondiale". Rileggendo il discorso di Giorgio Napolitano e quel che egli ebbe a dire a Cefalonia il 25 aprile 2007 e nel ricordato discorso di Genova, appare ancor più singolare la virulenza polemica di Heinz-joachim Fischer nell´articolo da lui pubblicato nella Faz del 1° novembre soprattutto laddove afferma che ci saremmo attesi dal Presidente italiano rispetto per i caduti italiani (Man erwartete, dass Napolitano die gefallenen Soldaten seines Landes ehren wuerde, etwa 1800, die im Auftrag des Staates dort ihr junges Leben hatten lassen messe). Ci chiediamo se il signor Fischer ha letto il discorso di El Alamein o se, avendolo letto, lo ha capito o se, avendolo capito, non abbia voluto usarlo strumentalmente per apportare il suo granello di sabbia a chi indulge – in Italia ed in Germania – a false equiparazioni e banali generalizzazioni confondendo le due parti in lotta e appiattendole sotto un comune giudizio di condanna o di assoluzione. Nutriti da forme di populismo che non risparmiano quasi nessun paese europeo, crescono del resto l´intolleranza, il razzismo soprattutto anti-islamico e l´antisemitismo come è stato attestato dalle ricerche dell´Agenzia europea dei diritti fondamentali. Secondo dati forniti dal governo tedesco il 4 novembre scorso, nei primi nove mesi del 2008 ci sono stati in Germania 797 casi di antisemitismo in aumento dell´11,4 % rispetto al 2007 con attacchi antiebraici e 27 feriti così come sono apparsi qua e là fenomeni violenti di intolleranza anche in Italia. L´incapacità dei singoli Stati, ciascuno per sé, di trovare una soluzione a problemi di dimensione transnazionali incrementa la paura e la paura provoca l´intolleranza. La storia e l´esperienza ci mostrano che l´unico antidoto valido è rappresentato da un´Europa ancor più unita e capace di dare risposte valide alle esigenze dei suoi cittadini. Cinquantuno anni dopo il pogrom nazista, l´Europa unita ha del resto contribuito in modo determinante alla caduta del Muro di Berlino ed al crollo dell´impero sovietico. Da questi avvenimenti occorre partire per spiegare ai giovani europei le ragioni e gli obiettivi su cui si fonda il processo di unificazione del continente. Pier Virgilio Dastoli Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea . |
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