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Notiziario Marketpress di
Lunedì 17 Novembre 2008 |
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AL TEATRO ELFO LUNARIA DI VINCENZO CONSOLO
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Milano, 17 novembre 2008 - Allievo di Mimmo Cuticchio, il maestro indiscusso dell’Opera dei Pupi, Vincenzo Pirrotta si è imposto sulle scene italiane quattro anni fa con una versione delle Eumenidi di Eschilo in siciliano, a cui hanno fatto seguito i successi di Ciclope e Sagra del Signore della Nave, sempre in dialetto isolano. Nel suo teatro le tradizioni popolari incontrano i motivi della sperimentazione, «sviluppando una personale ricerca sulla parte vocale, sull’utilizzo del corpo e sulla scrittura, ma lasciando da parte la manipolazione dei pupazzi». Con questo spettacolo, debuttato al Teatro Montevergini di Palermo nel novembre 2007, l’attore si rivolge ancora una volta alla cultura della sua terra, scegliendo un romanzo di Vincenzo Consolo, Lunaria, e approfondisce la ricerca di una lingua per la scena che sia poetica ed espressionistica, densa di una pluralità di voci. Pubblicato nel 1985, Lunaria, commenta Consolo, è un racconto, una favola dialogata che fatalmente prende la forma teatrale: rappresentava, ancora quest´operetta una contestazione del romanzo. La favola, ambientata in un vago Settecento, alla corte di un vicerè di Sicilia, prendeva spunto dal frammento lirico di Leopardi Spavento notturno. L´epoca e il tema favolistico o onirico, mi facevano intensificare ancor più il gioco linguistico». «È un racconto dotato del ritmo e dell’aerea grazia di un “divertimento” mozartiano, aggiunge Pirrotta. In questo testo Vincenzo Consolo narra la storia di un vicerè malinconico, afflitto da una moglie esuberante e da uno stuolo di parenti avidi e cortigiani infidi, “costretto” suo malgrado a vivere in una Palermo settecentesca solare e violenta, di cui lui solo sembra intuire, dietro il fasto della facciata, il degrado profondo. Una notte questo lunatico e misantropo personaggio sogna la caduta della luna. E, tra lo stupore dei villani, in una remota contrada la luna cade davvero, sgomentando la corte e gettando scompiglio nella comunità degli accademici chiamati, con le povere armi della loro scienza, a spiegare il prodigio. Un tema letterario antichissimo diventa così metafora del disfacimento del potere, ma anche della cultura e della poesia come illusione necessaria contro la precarietà della vita, capace di rinascere sempre in luoghi imprevedibili e in forme nuove e pure». «L’attore ha costruito una performance ricchissima, utilizzando un continuo e simultaneo passaggio di ruoli e un continuo mutamento di registri linguistici, per far rivivere la curiosa vicenda del vicerè malinconico (. ). Dà vita febbrile a tutte le voci di un universo simbolico: il vicerè protagonista debole e disilluso, che recita con la maschera sul viso, la grintosa signora Dona Sol che danza ritmi gitani, fino al baldanzoso schiavo nero Porfirio. Con lui in scena c’è il soprano Nancy Lombardo nel ruolo e dell’asmatico cerimoniere e della poetica voce della luna e il musicista Luca Mauceri che esegue dal vivo le musiche e interpreta messer Lunat, prodigioso costruttore di mongolfiere. » Laura Nobile, la Repubblica www. Elfo. Org . |
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