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Notiziario Marketpress di
Lunedì 17 Novembre 2008 |
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I "FATTORI DI CRESCITA" DELLE AZIENDE FAMILIARI PER IL RILANCIO ECONOMICO DEL PAESE SE NE È PARLATO AL 5° CONVEGNO SULLE GARANZIE E TUTELE SOCIALI DEI COMMERCIALISTI DI MILANO
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Milano, 17 novembre 2008 – Si è tenuto il 14 novembre nell´aula magna dell´Università Bocconi il 5° Convegno nazionale sulle Garanzie e Tutele Sociali dell´Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano: Le aziende familiari: cultura del mercato e modernizzazione per lo sviluppo del Paese. Nel contesto economico attuale, caratterizzato da sfiducia e incertezza, si guarda con speranza e apprensione all´economia reale e a come potrebbe essere impattata dalla crisi. Mai come in questo momento dunque le aziende familiari, che costituiscono l´83% del tessuto delle piccole e medie imprese italiane e il 30% delle imprese con fatturato superiore a 50 Mio €, necessitano di un´analisi del loro stato di salute e di misure e proposte per sostenerne le potenzialità di crescita. Aprendo i lavori del convegno Luigi Martino, presidente dell´Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano ha affermato che "secondo dati recentissimi in Italia nei primi 9 mesi di quest’anno hanno chiuso 336. 846 aziende. Il saldo, dato dalla differenza tra iscritte e cessate, è stato pari a –13. 184. Nei primi 9 mesi del 2007, quest’ultimo indicatore, era abbondantemente positivo e pari a + 10. 007. Le questioni legate al consolidamento e alla crescita dell´azienda familiare sono quindi assolutamente centrali per l´economia del Paese che si trova in una fase di crisi dinanzi alla quale i cittadini sono spaesati, chiedono certezze e riferimenti sicuri. Questa crisi che viene da lontano, è nata in un contesto di iperliberalizzazione dei sistemi e dei mercati finanziari, dove ci si è spinti consapevolmente oltre il confine del rischio. A questa crisi le imprese familiari, se sostenute nella loro crescita, sono in grado di fare argine. Oltre alla necessità di rivedere innanzitutto l´insieme delle norme sulla successione, le imprese familiari - ha aggiunto Martino - hanno però anche bisogno di flusso di liquidità: le banche devono comprendere che questa è la loro grande occasione per recuperare la fiducia non solo dell´impresa ma di tutta la società. In un contesto molto indebitato - il 36. 5% delle pmi italiane ha un debito superiore al valore del patrimonio netto - gli istituti finanziari, dovrebbero essere interessati a spingere e consigliare gli imprenditori verso un buon passaggio generazionale". L´indagine promossa dall´Ordine di Milano in collaborazione con l´Università Bocconi - cattedra Aidaf Alberto Falk - ha messo in luce spunti e proposte di cui il legislatore dovrà tenere conto. Sarà ad esempio auspicabile una profonda revisione della normativa sulle successioni che tenga conto della nuova struttura di famiglia rispetto a quella tradizionale. Sono emerse indicazioni sull´importante ruolo dei professionisti, sui sistemi contabili, sui parametri patrimoniali e sulla struttura concorrenziale internazionale. Si è rivelato inoltre critico il rapporto con gli istituti bancari, che saranno chiamati a ripensare le loro strategie di finanziamento per evitare che la paventata stretta creditizia amplifichi le ripercussioni negative della crisi sull´economia reale; le banche spesso ignorano un segmento di clientela che potrebbe essere altamente profittevole. Le modifiche normative per sostenere la crescita delle aziende familiari - Le aziende familiari sono una componente essenziale del sistema economico italiano. In questi ultimi anni, anche a seguito del lavoro di sensibilizzazione e di ricerca svolto dalla Associazione Italiana delle Aziende Familiari (Aidaf), il quadro legislativo e tributario in tema di processi di ricambio generazionale si è in parte modificato. In primo luogo, le imposte di successione sono state prima riviste con una significativa riduzione da un Governo di centrosinistra, poi sono state abolite del tutto da un Governo di centrodestra e poi sono state reintrodotte ma in misura contenuta e con agevolazioni nel caso di giovani imprenditori che continuino l’impresa dei genitori. In secondo luogo, con la legge n. 55 del 14 febbraio 2006 il legislatore ha preso atto che in molti paesi europei sono ammessi i patti successori e ha introdotto nel nostro Paese l’istituto del “Patto di Famiglia per l’impresa”. Dopo questi primi risultati, si tratta ora di valutare il lavoro svolto e di ipotizzare altre possibili misure che possano agevolare la continuità e la crecita delle aziende familiari. A questo scopo, invece di procedere con uno “studio a tavolino” si è ritenuto opportuno avviare una indagine sul campo intervistando un campione selezionato di professionisti scelti tra Dottori Commercialisti, Avvocati e Notai sulla base di un questionario semistrutturato. La ricerca, promossa dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano in collaborazione con la cattedra Aidaf - Alberto Falck dell’Università Bocconi, ha lo scopo di aprire un dibattito tra i professionisti e gli imprenditori che porti poi alla formulazione di alcune richieste condivise ai policy makers. L’interesse pubblico nel confronti delle aziende familiari - I professionisti intervistati hanno ribadito, in primo luogo, l’importanza delle aziende familiari nel sistema economico italiano e la conseguente necessità di supportarne l’operato in particolare nel momento del passaggio generazionale che costituisce tipicamente uno dei momenti più difficili per la vita dell’azienda. A tale riguardo è stato sottolineato che secondo una concezione moderna dell’impresa, essa non è più solo dell’imprenditore o della sua famiglia, ma costituisce un centro di interessi per molti stakeholders. Esiste pertanto un interesse pubblico alla sua integrità, così come avviene, per esempio, per le collezioni d’arte e per le biblioteche ai sensi dell’art 727 del codice civile in materia di frazionamento delle stesse. Di conseguenza, la preservazione della continuità delle aziende familiari nel corso dei vari passaggi generazionali e della conseguente “deriva generazionale” è una sorta di bene pubblico che merita adeguate tutele. La definizione giuridica di azienda familiare - Sulla base di tale presupposto è stato affrontato il problema della definizione giuridica di azienda familiare, preso atto che l’art 768 c. C. In materia di “Patto di Famiglia per l’impresa” ne ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento un richiamo esplicito. Gli intervistati hanno espresso in linea teorica una opinione positiva sul punto evidenziando che una precisa definizione di azienda a controllo familiare costituirebbe la base di partenza per prevedere una serie di interventi legislativi in materia. Tutti concordano però sulla difficoltà di pervenire ad una corretta definizione ed evidenziano il rischio che si pervenga così ad una sorta di ghettizzazione dell’azienda familiare. L’impatto delle nuove dinamiche familiari Una parte del questionario era poi dedicata all’impatto che le dinamiche che stanno avvenendo nella famiglia (aumento della vita media, aumento delle convivenze senza matrimonio, dei divorzi, dei figli da diversi matrimoni, …) possono avere sulla continuità delle imprese familiari. E’ quasi superfluo ricordare che il nostro Codice Civile è ispirato da una struttura molto più tradizionale di famiglia. In tema, un esempio classico citato riguarda la presenza tra i soci di figli del primo matrimonio, già operativi in azienda, e di figli del secondo matrimonio ancora giovani, ma che, grazie alla legittima esistente in capo alla madre, potranno avere partecipazioni societarie più elevate. Secondo i professionisti intervistati, la obiettiva maggior complessità dovuta a questi fenomeni deve condurre ad una ancora più attenta, tempestiva e lungimirante pianficazione del passaggio generazionale. Ne sono seguiti una serie di suggerimenti per preparare e condurre in porto positivamente il passaggio generazionale: una corretta predisposizione degli statuti sociali. In un buon numero di casi gli statuti non vengono progettati con cura e si procede con soluzioni standard. Gli statuti sono invece uno dei temi più delicati per la continuità delle aziende ed essi vanno progettati come un vestito su misura delle caratteristiche delle aziende e delle famiglie imprenditoriali coinvolte. Le clausole di prelazione, i criteri per la nomina dei consiglieri, le maggioranze per le varie decisioni sono alcuni tra i temi sui quali spesso nella pratica non si riscontrano soluzioni debitamente progettate; una adeguata politica dei dividendi che tenga conto delle specifiche esigenze dell’azienda e dei vari familiari; una adeguata progettazione societaria che valuti l’utilizzo di una holding. Le holding, infatti, sono uno strumento utile per creare una distinzione più chiara tra proprietari e gestori dell’azienda. Grazie alla holding si crea una forza che spinge i proprietari a cercare un punto di mediazione per trasmettere volontà unitarie alle società controllate. Sembra che molte famiglie (e molti loro professionisti) stiano procedendo in questa direzione; una attenta redazione dei testamenti al fine di utilizzare la quota disponibile e la possibilità di attribuire specifici beni per garantire il governo unitario delle aziende e ridurre il rischio di contenziosi; una preventiva e condivisa preparazione della famiglia (individuazione del leader familiare, redazione di patti di famiglia, …) e dell’azienda (rafforzamento dell’autonomia del management familiare o non familiare che sia, rafforzamento del ruolo di indirizzo e controllo del consiglio di amministrazione, apertura del capitale a terzi, …) . La riduzione della quota di legittima - Allo scopo di favorire una maggiore flessibilità dei processi di ricambio generazionale imposti anche dalle dinamiche familiari citate, tutti gli intervistati hanno condiviso l’opportunità di avanzare al Legislatore la richiesta di intervenire al fine di ridurre la quota di legittima. Come noto, la quota di legittima costituisce la quota parte minima da attribuire all’erede anche contro la volontà del de cuius, mentre la quota disponibile può essere atribuita come meglio preferito, anche in aggiunta alla quota minima di legittima. Oggi la quota disponibile varia da un terzo (nel caso di un coniuge e un figlio) ad un quarto (nel caso di un coniuge e due o più figli). Questa normativa risponde certamente a bisogni di ordinato svolgimento della società nelle relazioni tra genitori e figli, ma è bene non nascondersi il fatto che essa può creare situazioni di profonda iniquità quando induce a trattare sostanzialmente nello stesso modo due o più persone con comportamenti del tutto differenti tra loro e legittimando così anche i comportamenti meno responsabili. E, nel caso che una parte del patrimonio sia rappresentato da un’azienda, l’esigenza di rispettare le quote di legittima può creare vincoli allo sviluppo delle aziende o, peggio, danni derivanti da comportamenti antiaziendali praticati da uno o più degli eredi legittimi. Gli intervistati unanimemente hanno ritenuto che una previsione così stringente e poco flessibile non sia più adeguata al contesto sociale attuale, chiedendo pertanto una riduzione se non l’eliminazione della legittima. La legittima infatti costituisce un ostacolo alla governance aziendale e spesso rappresenta un impedimento al mantenimento del controllo in capo ai soggetti meritevoli. Non va poi dimenticato che l’assegnazione di un bene in donazione è sempre soggetta ad azioni di riduzione rendendo così non definitiva ogni eventuale sistemazione fatta in vita. L’opinione condivisa è però che tale auspicato intervento legislativo sia esteso erga omnes e non alle sole aziende familiari. L’attenuazione del divieto di patti successori - Come noto l’art 458 c. C. Dispone la nullità dei patti successori “rinunciativi, istitutivi e dispositivi”. In forza di tale previsione non solo ogni imprenditore non ha mai la certezza della definitività delle attribuzioni fatte in vita, ma è impossibile regolamentare in vita contrattualmente, pur con l’accordo di tutti i soggetti coinvolti, il passaggio generazionale. Tale divieto è ormai anacronistico e la stessa Commissione Europea nel 1998 ne ha raccomandato la modifica, così come anche auspicato dall’Aidaf in un convegno del 2000. E’ opportuno pertanto, pur con le opportune cautele, ridurre la portata di tale divieto, non solo in presenza di aziende familiari ma erga omnes. A tale riguardo, il Patto di Famiglia per l’impresa, introdotto dal Legislatore anche su spinta della Associazione Italiana delle Aziende Familiari (Aidaf), è stato visto positivamente come primo passo di una più importante riforma. Questa legge ha rappresentato certamente un punto di novità in una legislazione che non prevede la possibilità di stipulare patti successori. Nella pratica, in questi due anni la legge non ha ancora avuto una diffusa applicazione a seguito anche di alcune importanti incertezze applicative. In particolare, tra i principali difetti è stata evidenziata l’incongruenza tra la normativa civilistica e quella fiscale. Nonostante questi limiti la legge rispondeva ad un bisogno reale che è quello di poter decidere in vita come allocare il proprio patrimonio in modo da rendere possibile un incontro felice tra aspettative dei figli e delle figlie, loro capacità e bisogni delle aziende. E’ ragionevole attendersi che il tema torni d’attualità nella corso della legislatura. L’introduzione dei patti prematrimoniali - Ai sensi della vigente normativa i patti prematrimoniali sono vietati e quindi nulli. Le dinamiche familiari sopra evidenziate, ad evidenza, creano situazioni complicate che meriterebbero la tutela costituita dalla possibilità di stendere patti prematrimoniali che disciplinino adeguatamente le attese dei partner coinvolti. Gli intervistati hanno sottolineato che un eventuale intervento su questo tema deve essere progettato con cura nell’ambito di una ridefinizione complessiva della normativa, evitando interventi approssimativi e parziali che rischiano poi di rendere inapplicabile lo strumento individuato. La normativa sui trust - Gli intervistati hanno espresso perplessità anche in ordine alle nuove disposizioni normative sugli atti di destinazione e i trust, individuando alcune linee di intervento operative per rendere i meccanismi più coerenti alla nostra realtà economica e sociale. Per il trust la principale difficoltà evidenziata risiede nella necessità di un rinvio alla normativa estera in assenza di specifiche disposizioni interne, il che ne rende ostico il recepimento in Italia. A ciò si aggiunge il fatto che il conferimento di beni al trust è assimilato alla donazione con la conseguente applicazione della legittima. Non ultimo poi il problema che la normativa fiscale non differenzia in capo ai beneficiari le assegnazioni di capitale conferito o dei frutti. Il contenzioso - E’ stato poi sottolineato che proprio questa situazione di non adeguatezza della normativa alle mutate esigenze delle famiglie e delle imprese finisce per rendere il rischio del contenzioso in capo ai soci delle aziende familiari sempre più presente. Gli intervistati hanno così indicato la necessità di una giustizia molto veloce per le fasi patologiche, individuando, altresì, alcune modalità tecniche per prevenire, per quanto possibile, il contenzioso stesso: corrette politiche di dividendo, studio di statuti sociali adeguati, politiche di acquisto di azioni proprie, … Perplessità sono poi state evidenziate per quanto concerne possibili riti alternativi quali l’arbitrato (la possibilità di appello lo riconduce nell’alveo della giustizia ordinaria) e la conciliazione (che deve essere voluta dalle parti e non può essere imposta). In ogni caso è condivisa l’opinione che un contenzioso che vede coinvolta una azienda familiare possa avere effetti devastanti. Peraltro, spesso le origini di un contenzioso vanno ricercate in fatti o comportamenti risalenti nel tempo e il professionista della famiglia può avere un ruolo fondamentale per prevenire e sciogliere i nodi. Le imposte - In linea di massima, l’attuale normativa in ipotesi di successione di aziende familiari, anche alla luce della riduzione dell’imposta di successione e all’abolizione dell’imposta di bollo sui trasferimenti azionari, pare adeguata. Si ricorda infatti che l’aliquota massima è ora del 4% per coniugi e discendenti in linea retta con una franchigia di euro 1. 000. 000 per beneficiario. Per quanto riguarda poi le società di capitali è prevista l’esenzione nel caso gli eredi conservino il controllo per 5 anni. Al riguardo è stato rilevato che, data la frammentazione del capitale spesso presente nelle aziende familiari, il requisito del controllo appare di difficile applicazione ed in parte discorsivo. Per quanto riguarda, invece, le imposte dirette, più che interventi fiscali specifici, appare urgente elaborare proposte di semplificazione della normativa e di incentivazione per la ricapitalizzazione delle aziende. Il ruolo dei professionisti - L’indagine si è poi concentrata sul ruolo dei professionisti in relazione alle aziende familiari, con tutta una serie di indicazioni relative all’importanza di assistere l’imprenditore nel processo di crescita e di cambiamento. Molta rilevanza è stata data all’aspetto psicologico nel rapporto tra professionista e famiglia dell’imprenditore. La capacità di ascolto e di interpretazione delle reali volontà dell’imprenditore è ritenuta fondamentale. Nella maggior parte dei casi i professionisti di fiducia si sono rivelati un prezioso sostegno; solo in pochi casi è stato rilevato il rischio che il professionista possa costituire un freno al cambiamento; è quindi fondamentale un continuo aggiornamento e una predisposizione ai temi strategici e finanziari. In tal senso l’apertura dei consigli di amministrazione agli esterni non familiari è ritenuto un passaggio utile per la crescita delle aziende familiari e delle famiglie. Non sono, poi, mancate indicazioni sull’opportunità che il professionista si riorganizzi in forma associata o addirittura come family officer per meglio adeguarsi alle nuove realtà normative ed economiche. Il rapporto banche-aziende familiari - Data la situazione congiunturale, particolare attenzione è stata posta all’impatto di Basilea e delle concentrazioni bancarie sulle aziende familiari. A tale fine, gli intervistati, da un lato, hanno sottolineato le incongruenze che possono derivare dall’utilizzo di due sistemi contabili differenti (Ias e non Ias) e, dall’altro, hanno indicato l’urgenza di un provvedimento di rivalutazione per consentire l’adeguamento dei parametri patrimoniali delle aziende non solo ai criteri di Basilea ma anche alla struttura concorrenziale internazionale, secondo quelle che tra l’altro sono le recentissime indicazioni di Confindustria. Interessante è stato poi uno spunto suggerito da alcuni professionisti: dato che le banche sono un soggetto tra i più interessati ad un corretto ricambio generazionale ed alla corretta gestione delle aziende familiari, esse dovrebbero utilizzare tutti gli strumenti di cui dispongono per spingere l’imprenditore e la famiglia a dare continuità all’azienda utilizzando gli strumenti più moderni. Da ultimo, a coronamento di tutta l’indagine, è stata evidenziata l’importanza che la vita dell’impresa familiare, il suo rapporto con la società, l’intervento dei professionisti e i rapporti tra i soci siano inseriti in una cornice di rinnovata sensibilità etica. . |
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