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Notiziario Marketpress di
Martedì 18 Novembre 2008 |
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YASUMASA MORIMURA 22 NOVEMBRE’08 – 21 FEBBRAIO 2009
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Verona, 18 novembre 2008 - Byblos Art Gallery continua il suo percorso espositivo nella scoperta di nuovi contenuti dell’arte contemporanea nazionale ed internazionale puntando i riflettori verso un importante artista nipponico quale Yasumasa Morimura. La Galleria diverrà quasi un teatro in cui il protagonista camaleonticamente si maschera giocando con se stesso e con personaggi rappresentativi dell’immaginario collettivo occidentale. L’artista, nato ad Osaka nel 1951, si distingue infatti per l’atteggiamento eclettico che trasporta nelle sue opere fondendo in modo decisamente originale i soggetti prescelti con le caratteristiche dell’autore stesso, creando un’atmosfera spettacolare. Lo stesso Morimura afferma che L’arte è sostanzialmente spettacolo. Anche Michelangelo e Leonardo erano intrattenitori…. Io non dipingo sulla tela, dipingo sulla mia faccia. L’arte del travestimento, che ha radici di lunga data nella tradizione culturale giapponese è il mezzo utilizzato da Morimura per entrare in modo ironico ed irriverente in un mondo in cui i confini solidi e certi tra maschile e femminile così come quelli tra Oriente ed Occidente vengono messi in discussione per proporre una riflessione critica della realtà in cui viviamo. La mostra, curata da Filippo Maggia, ripercorre e rende omaggio ai momenti principali della carriera artistica di Morimura, affrontando tematiche centrali della storia del Novecento e di grande attualità nel dibattito critico internazionale. Per l’occasione il visitatore avrà la possibilità di ammirare alcuni capolavori tratti dalle sue serie più famose quali Actresses” e “Requiem for the Xx century”. Dopo un inizio incentrato su un dialogo con la storia dell’arte del passato, in particolare di matrice occidentale - base della sua formazione artistica - Morimura rivolge il suo sguardo al Novecento e ai profondi cambiamenti occorsi nel secolo che hanno mutato profondamente una visione del mondo rimasta inalterata per secoli. In particolare Morimura è affascinato dalle trasformazioni sociali, politiche e culturali avvenute nella seconda metà del Novecento ovvero dai mutamenti dovuti alla penetrazione del capitalismo e dei miti del mondo occidentale in Giappone. Come Banana Yoshimoto in campo letterario Morimura diventa, nel campo dell’arte, il raffinato interprete dei cambiamenti della società del suo tempo; egli “ha interpretato via via - come suggerisce Angela Vettese - tutti i miti che l’Occidente ha portato a lui e al suo paese”. Attraverso il mezzo della fotografia, suo strumento espressivo per eccellenza, l’artista affronta principalmente i temi dell’autoritratto e del travestimento. L’opera Marylin Monroe, tratta dalla serie “Actresses”, è un esempio magistrale del procedimento creativo di Morimura: come un vero attore l’artista, mediante un cambio di identità, prova ad uscire da se stesso e a divenire “l’altro”. Le opere sono caratterizzate formalmente da una ricostruzione maniacale, da uno stile estremamente raffinato e da una cura per il dettaglio che le rendono uniche. Attraverso una sorta di sdoppiamento di personalità Morimura si immerge nella vita degli altri, dei “grandi” che hanno segnato la storia provando a guardare l’esistenza con gli occhi di chi rappresenta. Egli indaga così gli effetti che i grandi miti cinematografici occidentali hanno avuto sull’immaginazione collettiva per capire e comprendere i meccanismi del mondo contemporaneo. Anche nella serie “Requiem for the Xx century”, protagonista principale della mostra in corso, nella quale l’artista rappresenta i tragici eventi, i conflitti che hanno caratterizzato il Novecento, la lotta per la dominazione ed i miti delle ideologie occidentali – Hitler e Che Guevara in primo luogo – Morimura crea delle immagini fedeli all’originale ma che nello stesso tempo se ne discostano perché rivissute e ricreate attraverso la sua immaginazione creativa. Autenticità e artificiosità si affiancano e convivono nella sua opera, alla quale non manca mai comunque una latente ironia, il senso del gioco che intesse ogni sua creazione e che rende la sua opera “ambigua” perché tragica e scherzosa al tempo stesso. Sovente è proprio la mancanza di somiglianza plausibile con l’originale che crea quel gap che si trasforma immediatamente in distacco critico e quindi in riflessione. In “Requiem for the Xx century” i temi preponderanti della sua ricerca sono il potere e l’autorità, le grandi dittature che hanno colpito la storia del ‘900 e si conclude con una domanda ancora senza risposta sulla visione del futuro dell’umanità, una domanda senza risposta che, non a caso, induce l’uomo a fermarsi per un momento e a riflettere. . |
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