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Notiziario Marketpress di Lunedì 12 Gennaio 2009
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: REGISTRO CENTRALIZZATO DEGLI STRANIERI ISTITUITO IN GERMANIA

 
   
  Il 16 dicembre 2008 la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-524/06 - Heinz Huber / Germania – afferma che un registro centralizzato degli stranieri può contenere unicamente dati personali strettamente necessari per l’applicazione della normativa sul diritto di soggiorno. Il trattamento e la conservazione di tali dati relativi ai cittadini dell´Unione a fini statistici o di lotta alla criminalità è contrario al diritto comunitario. L’ordinamento tedesco ha istituito un registro centralizzato (Ausländerzentralregister, Azr) che raccoglie taluni dati personali relativi agli stranieri che soggiornano nel territorio tedesco per un periodo superiore a tre mesi. L’ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati (Bundesamt für Migration und Flüchtlinge) è responsabile della gestione di tale registro e coadiuva, segnatamente, le pubbliche amministrazioni competenti per l’attuazione della normativa in materia di stranieri. In particolare, l’Azr è utilizzato a fini statistici e in occasione dell’esercizio, da parte dei servizi di sicurezza e di polizia e delle autorità giudiziarie, di competenze in materia di azioni giudiziarie e di ricerche relative a comportamenti criminali o che mettano a rischio la pubblica sicurezza. Il sig. Huber, cittadino austriaco, si è stabilito in Germania nel 1996 per esercitarvi la professione di agente assicurativo indipendente. Ritenendosi discriminato perché dati personali che lo riguardano figurano nel registro centralizzato, e in particolare perché per i cittadini tedeschi non esiste una banca dati corrispondente, il sig. Huber ha richiesto la cancellazione di tali dati. La Corte d’appello amministrativa del Land Renania del Nord-westfalia (Oberverwaltunsgericht für das Land Nordhein-westfalen), cui è stata sottoposta la controversia, chiede alla Corte di pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario del trattamento di dati personali effettuato nell’ambito di un registro centralizzato. La Corte di giustizia constata, innanzi tutto, che i dati in questione sono dati personali ai sensi della Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/Ce, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. In conformità alla direttiva, il trattamento di questi dati è lecito solo se necessario all’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri. La Corte ricorda che il diritto di soggiorno di un cittadino dell’Unione nel territorio di uno Stato membro di cui egli non ha la nazionalità non è incondizionato e può essere soggetto a limitazioni. Così, il fatto che uno Stato membro disponga di informazioni e di documenti pertinenti relativi agli stranieri ed utilizzi un registro, al fine di coadiuvare le autorità incaricate di applicare la normativa in materia di soggiorno risulta, in linea di principio, legittimo, a condizione che sia rispettato il requisito della necessità a norma della direttiva sulla tutela dei dati personali. La Corte conclude che un sistema di trattamento di dati personali di questo tipo è conforme al diritto comunitario se contiene unicamente i dati necessari per l’applicazione da parte di tali autorità di detta normativa e se il suo carattere centralizzato consente un’applicazione più efficace della normativa in materia di diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione europea non aventi la nazionalità di detto Stato. Per quanto riguarda la conservazione ed il trattamento di tali dati a fini statistici, la Corte osserva che il diritto comunitario non vieta agli Stati membri di adottare provvedimenti atti a consentire alle autorità nazionali di essere esattamente informate circa i movimenti di popolazione sul loro territorio. Tali statistiche presuppongono la raccolta da parte degli Stati di una certa quantità di informazioni. Tuttavia, l’esercizio di tale competenza non rende per questo necessarie la raccolta e la conservazione dei dati nominativi effettuate nell’ambito del registro in questione. Di conseguenza, la Corte dichiara che un siffatto trattamento dei dati personali non rispetta il requisito della necessità ai sensi della direttiva. Infine, quanto all’impiego dei dati contenuti nel registro per finalità di lotta alla criminalità, la Corte rileva, tra l’altro, che tale obiettivo concerne la repressione dei reati commessi, a prescindere dalla nazionalità dei loro autori. Ebbene, il registro non contiene dati personali dei cittadini dello Stato membro interessato, quindi un impiego per finalità di lotta alla criminalità viola il divieto di discriminazione ed è dunque in contrasto con il diritto comunitario.  
   
 

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