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Notiziario Marketpress di Lunedì 23 Marzo 2009
 
   
  CORRADO TEDESCHI IN L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA DI LUIGI PIRANDELLO AL TEATRO FRANCO PARENTI

 
   
   Milano, 23 marzo 2009 - Due corde contrastanti, comica e tragica, convivono in un allestimento che viene riproposto dopo sei stagioni di ´esauriti´ con un inedito Corrado Tedeschi. Una lezione-semiseria sull’essere e l´apparire costruita sul capolavoro pirandelliano fa da prologo alla messinscena. L´attore Corrado Tedeschi deve superare un esame: deve dimostrare a due personaggi, pirandellianamente fuggiti dalle rispettive opere per investigare sul suo operato, di poter essere anch´egli ´personaggio´. E con questo pretesto coinvolge il pubblico (a tratti anche direttamente) sui temi dell´essere e dell´apparire, su come le maschere contengano il seme della follia. E gli spettatori si lasciano trasportare, disponendosi così ad assistere con animo assolutamente sgombro al notissimo atto unico. Esterno di caffè (di una stazione) di notte. Un ‘pacifico avventore’ sorseggia una bibita aspettando il primo treno del mattino, dopo aver perso l’ultimo serale. Un altro cliente comincia a parlare con lui, con un’insistenza crescente, ironica e disperata al tempo stesso, dimostrando una straordinaria capacità di cogliere fino in fondo i più piccoli aspetti della vita quotidiana, di “aderire con l’immaginazione alla vita degli altri”, per sentirla “sciocca e vana” per autoconvincersi… fino alla tragica rivelazione del suo male senza scampo: quel “dolcissimo” epitelioma (il fiore in bocca del titolo) che la morte gli ha lasciato in dono. La relazione fra i due uomini altro non è che un doloroso guardarsi allo specchio, già protagonista in una delle primissime opere teatrali di Pirandello e delle più fortunate. La storia di un uomo che fugge dal destino della sua malattia mortale e dalla moglie che vuol esprimergli affetto e che si racconta a uno sconosciuto in una stazione ferroviaria notturna e deserta è tratta da una novella adattata appena a un dialogo sommario intorno al grande monologo del malato. Ma vi è una luce livida, la percezione della società e della vita come luoghi inospitali e pericolosi, vi è l’idea che la sola comunicazione sia uno scambio tra sconosciuti. Con la complicità del regista Marco Rampoldi, l’attore introduce al lavoro con un prologo in forma di dissertazione disinvolta sull’autore. Ci si trova dinanzi ad un Corrado Tedeschi che discetta con la platea con toni a metà fra il salotto e l’aula di scuola, improvvisando e invitando a seguirlo qualche interprete pescato fra il pubblico. Gli spettatori sono così coinvolti direttamente tra l’interloquire con il protagonista e il coinvolgimento diretto. .  
   
 

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