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Notiziario Marketpress di
Giovedì 16 Aprile 2009 |
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APORIE NAZIONALI E DEMOCRAZIA EUROPEA
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Roma, 16 aprile 2009 - Uno dopo l´altro, i partiti italiani si avviano a definire i criteri per la composizione delle loro liste alle elezioni europee del 6-7 giugno. In alcuni casi, è già noto che i leader dei partiti concorreranno alle elezioni europee non solo per sostenere in prima persona le idee della propria formazione politica, ma anche per raccogliere le preferenze delle loro elettrici e dei loro elettori sfruttando una pessima legge che è rimasta sostanziamente immodificata - salvo per l´introduzione recente della soglia del 4% - dal 1979 ad oggi. A sinistra Vendola e Di Pietro ed a destra Berlusconi hanno detto, o hanno fatto intendere, che intendono capeggiare le liste dei loro partiti in una o più circoscrizioni elettorali e ad essi si uniranno forse altri leader prima della scadenza fissata dalla legge a fine aprile per la presentazione delle liste. Poiché la legge prevede l´incompatibilità fra il mandato di deputato europeo ed una serie di mandati nazionali, le elettrici e gli elettori sapranno in quali casi il loro voto servirà per inviare a Strasburgo e Bruxelles il loro candidato o in quali casi andrà al Parlamento europeo il primo dei non-eletti rendendo sostanzialmente inutile la loro preferenza. A sinistra ha rinunciato a candidarsi Grazia Francescato che guida da meno di un anno i verdi italiani, per rafforzare le possibilità di Monica Frassoni di tornare al Parlamento europeo dopo una legislatura da eletta belga ed una legislatura da eletta italiana, e nel centro-sinistra ha già annunciato che non intende candidarsi Dario Franceschini nelle liste del Pd. Certamente non si candiderà Gianfranco Fini per rispetto della sua carica istituzionale e vedremo se lo seguiranno nella sua scelta i ministri della sua stessa area politica così come vedremo quale sarà ad esempio la scelta di Casini e Cesa che, nella polemica Franceschini-berlusconi, sono stati in disparte o la scelta di Bossi che nella legislatura attuale è entrato ed uscito dal Parlamento europeo ben tre volte. Nelle elezioni europee del giugno 2004, furono numerosi i leader di partito - di centro-sinistra e di centro-destra - che si candidarono o per dimettersi al momento della proclamazione dei risultati o per esercitare un mandato "a tempo", sapendo che meno di due anni dopo sarebbero tornati in Italia per consacrarsi a tempo pieno al mestiere di leader nazionale o - se le elezioni legislative fossero andate bene per il loro partito - per concorrere ad un incarico di ministro. È il caso ad esempio di D´alema, Enrico Letta, Bersani, Bertinotti, Emma Bonino, Cesa, Di Pietro e Cirino Pomicino mentre Pecoraro Scanio si candidò per dimettersi dopo le elezioni europee così come fecero Berlusconi e Fini. Meno consistente ma significativa la pattuglia di chi ha concepito il Parlamento europeo come una sala di attesa in vista delle elezioni regionali del 2005 o delle successive scadenze elettorali amministrative. Ricordiamo di questa pattuglia Del Turco, Mercedes Bresso, Adriana Poli Bortone e Marta Vincenzi. Capita talvolta che, in questo o quel paese europeo, un leader nazionale decida di impegnarsi direttamente nella campagna elettorale europea ma, sapendo che il suo posto sarà in patria e non a Strasburgo e a Bruxelles e non volendo ingannare le sue elettrici ed i suoi elettori, si fa collocare in fondo alla lista dicendo: votate il mio partito ma non votate me! Non è mai capitato tuttavia che un capo di governo abbia deciso di concorrere alle elezioni europee e le notizie che riceviamo dalle ventisei capitali europee ci indicano che così sarà anche per le elezioni di giugno. Capita talvolta che, per gli accidenti favorevoli della vita politica nazionale, un deputato europeo venga chiamato ad occupare un incarico nel governo del proprio paese e questo avvicendamento inatteso è accolto con gioia dai suoi colleghi deputati europei perché essi sanno che egli porterà al governo la cultura europea acquisita in anni di frequentazione delle aule di Straburgo e Bruxelles. Lo stesso sentimento del resto pervade i membri della Commissione quando un loro collega entra in un governo nazionale o sale al vertice del proprio paese, come avvenne molti anni fa con l´irlandese Hillary o come potrebbe avvenire in maggio con la commissaria Grybauskaité. L´impegno diretto nella campagna elettorale europea non può essere considerato di per sé un fatto negativo se i leader nazionali lo utilizzassero per chiarire o confermare la politica europea del proprio partito e le priorità che essi intendono sostenere all´interno della propria famiglia politica europea. Lo è invece se tale impegno venisse usato o per chiedere alle elettrici ed agli elettori di legittimare di nuovo con il proprio voto la politica del governo nazionale o, al contrario, per delegittimarlo attraverso le elezioni europee dopo aver perso le elezioni nazionali. Noi vorremmo sentirci dire dai leader nazionali, eventuali candidati all´ultimo posto in lista, quali sono le loro idee su quel che deve fare l´Unione in tema di immigrazione e sicurezza interna, di cambiamento climatico, di politica energetica, di innovazione e di competitività, di politica di coesione, di infrastrutture dei trasporti, di difesa dei consumatori, di protezionismo e di mercato interno, di mobilità e formazione dei giovani, di sostegno all´agricoltura di qualità. Vorremmo sapere quali sono le loro idee sulla strategia dell´Unione in materia di politica estera e se i suoi deputati sosterranno la futura adesione dei Balcani (Croazia, Macedonia, Bosnia, Montenegro, Serbia, Kosovo e Albania) e la continuazione dei negoziati con la Turchia. Vorremmo sapere da loro se essi ritengono che il Trattato di Lisbona rappresenti la soluzione politica ed istituzionale più adeguata ai problemi dell´Unione o se occorrerà definire nel corso della prossima legislatura i tempi ed i modi di un percorso costituente che ci porti al di là di Lisbona eventualmente consentendo ad un gruppo di paesi di andare avanti superando le ostilità di una minoranza. Vorremmo infine sapere se essi considerano adeguato un bilancio che dedica alle sue politiche meno dell´1% del Pil globale dell´Unione europea rinunciando a garantire in Europa beni comuni che non possono più essere garantiti a livello nazionale. Capita invece che, nelle polemiche quotidiane verso l´Europa sopratutto quando le istituzioni internazionali fanno o dicono cose che mettono in luce le aporie nazionali, si confonda l´Ocse con la Commissione europea o il Consiglio d´Europa con il Consiglio europeo o la natura ed i poteri del G20 con la natura ed i poteri del G8. "Siamo uomini o caporali ?", diceva il povero Totò Esposito al suo medico in manicomio spiegando con la saggezza dei matti che nel mondo esiste una maggioranza di uomini ed una minoranza di caporali che "di qualunque nazione essi siano hanno tutti la stessa faccia, la stessa espressione e gli stessi modi pensando tutti alla stessa maniera". Noi speriamo che non si candidino e che non vengano eletti caporali e sopratutto che, nel prossimo Parlamento europeo, sieda una grande maggioranza di uomini e di donne (se possibile in un crescente equilibrio di genere) provenienti dalla destra o dalla sinistra, ma tutti egualmente innovatori, che aiutino a superare le aporie nazionali ed a costruire la democrazia europea. Come dice la campagna del Parlamento europeo: "usa il tuo voto". Pier Virgilio Dastoli Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea . |
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